L'accordone perfetto che soddisfa tutti, dal Quirinale alla Lega. Un modo con cui il Sistema perpetua se stesso.
L'accordone, anzi la forzatura del Sistema, viene
sancita quando, prima del consiglio dei ministri, i capigruppo di Forza
Italia chiamano Paolo Gentiloni: "Puoi mettere la fiducia – questo il
senso del messaggio - noi non ci opponiamo e accompagneremo il percorso
della legge fino alla fine". È una svolta che matura nelle ultime 48
ore, fortemente voluta da Renzi. Il quale, solo qualche giorno fa,
confidava ai suoi:
"C'è un unico modo per far passare la legge, con
tutti questi voti segreti: la fiducia. Ma Brunetta non è d'accordo...". A
convincere Silvio Berlusconi, mai entusiasta di questa legge, c'è
innanzitutto un ragionamento, spietato e lineare, che ha a che fare le
liste, le teste da tagliare e le facce da cambiare: "Renzi – dice una
fonte di casa ad Arcore – ci ha recapitato questo messaggio:
il
Rosatellum, conviene sia a voi che a noi, perché ci consente di far
fuori quelli che vogliamo fare fuori", che nella fattispecie sarebbero
per uno la sinistra degli odiati D'Alema e Bersani, per l'altro quella
nomenklatura che resisterebbe con le preferenze, per plasmare liste di
obbedienti ai voleri del Capo. In Senato fonti solitamente attendibili
parlano anche di contatti diretti tra Renzi e Berlusconi che però le
fonti ufficiali negano.
Ma non c'è solo questo, c'è qualcosa di più e più grande. C'è un
Sistema che si tutela e autoriproduce, escludendo dalla prospettiva del
governo quelle che una volta si sarebbero chiamate "ali" e oggi si
potrebbero chiamare "turbolenze", mutuando un termine del mercato. I
Cinque Stelle, la sinistra fuori dal Pd: turbolenze per la stabilità
immaginata. Il dato politico è che, su quest'ultima forzatura della
legislatura,
si realizza l'accordo perfetto, politico e istituzionale,
come neanche ai tempi del Nazareno, che si ruppe sull'elezione di Sergio
Mattarella. Proprio dal Quirinale arriva il via libera sostanziale al
patto che, al tempo stesso,
configura un unicum assoluto nella storia
repubblicana: due fiducie, sempre sulla legge elettorale, nello stesso
settennato, prima sull'Italicum ora sul Rosatellum (leggi qui il via libera di Mattarella).
Con la stessa tensione fuori e dentro il Parlamento, con opposizioni
che chiamano i militanti a manifestare fuori, con una nuova, drammatica
spaccatura a sinistra. Certo con Mdp, ma anche nel corpaccione del Pd:
"Sono scosso", diceva Cuperlo in Transatlantico.
Detta in modo un po' tranchant. Il cuore dell'accordo è certo il
prima
(liste di nominati e ognuno che torna padrone a casa sua) ma è
soprattutto il dopo, ovvero
il minuto dopo quelle elezioni su cui
circolano già delle date, a sentire i renziani che hanno accesso nelle
stanze dei bottoni: "Scioglimento il 23 dicembre, voto il 4 marzo".
La
legge agevola e fotografa una doppia opzione che, presumibilmente, il
capo dello Stato si troverà di fronte: se il centrodestra raggiunge il
40, un governo di centrodestra, altrimenti le larghe intese. Due opzioni
che il Sistema ha già sperimentato, sia pur con diversi rapporti di
forza quando la Lega era più debole.
E torna Renzi. Perché la dinamica maggioritaria, anche se la legge
sul punto è pasticciata, a livello politico e mediatico risuscita la
figura del candidato premier, con una coalizione. Col Consultellum
votavi Pd non sapendo chi sarebbe andato a palazzo Chigi, con questa
voti Renzi per mandarlo a palazzo Chigi. Cambia la dinamica.
Torna la
centralità dei leader e del voto utile. Ecco perché il segretario del Pd
ha imposto la forzatura che, per esempio, non volle ai tempi della
legge tedesca, di impianto proporzionale, affossata dal Parlamento. Le
perplessità di Gentiloni (
leggi qui)
rivelano il senso di una operazione win win per Renzi, tutta giocata
sulla pelle del governo: se il tentativo va a buon fine, ha vinto e
incassa un'arma; se va male sono tutti povero Gentiloni, costretto a
fare una legge di stabilità in un quadro terremotato e col governo che
ha perso forza e faccia.
Quella vecchia volpe di Casini diceva a qualche collega a Palazzo
Madama:
"Vedrete che, al dunque, Silvio non avrà problemi a fare
l'accordo con Renzi, con lui a palazzo Chigi. Non si impiccherà per
Gentiloni o altri. Tanto sarà un governo di coalizione. Avrà i numeri
per tiralo giù se l'altro non sta ai patti". Saranno anche ricette per
l'osteria dell'avvenire, ma gli ingredienti si vedono tutti. Come anche
l'oggettivo vantaggio di Salvini su una legge che gli consente di stare
nel gioco e di lanciare, al tempo stesso, un'Opa su Forza Italia al Nord
destinata a farlo crescere in modo rilevante in termini di consenso e
forza parlamentare. È il timore di Gianni Letta, la "salvinizzazione del
centrodestra", messo agli atti in tempi non sospetti. Un parlamentare
azzurro, critico, spiega:
"Certo che conviene a Salvini. Al Nord fa il
pieno e condiziona anche noi. Facciamo un esempio, tanto per capirci:
nei collegi c'è da scegliere i candidati comuni. Berlusconi dice Tajani.
Quello dice: i miei Tajani non lo reggono, voglio Toti. Così ci
costruiamo la quinta colonna in casa". Insomma, l'accordo è perfetto,
nella misura in cui ognuno incassa qualcosa. E tutti disegnano un nuovo
perimetro politico di Sistema nel quale giocare la partita del governo.
Manca solo un voto segreto, dopo la fiducia. Uno solo, invece dei
novanta previsti se si fosse data al Parlamento la possibilità di
esprimersi.
Nessun commento:
Posta un commento