venerdì 20 ottobre 2017

Lavoro, precarietà, disoccupazione. Serve una “operazione verità”.


Il clima positivo che il mellifluo governo Gentiloni distribuisce a piene mani in previsione delle elezioni – ed al quale si presta un sistema massmediatico servile e manipolante – viene continuamente smentito dai fatti.
Il combinato disposto tra operazioni di dettaglio e produzione di “società astratta” (come ha scritto anni fa un sociologo serio come Filippo Viola), sta cercando di avviluppare in una nebbia la situazione reale, diffondendone una visione che intende depotenziare ogni ambizione al cambiamento. Lì dove il velo viene squarciato – e la realtà si manifesta attraverso il conflitto sociale – interviene preventivamente e punitivamente l’apparato repressivo ben organizzato dal ministro “di tutti” (a destra e a sinistra) Marco Minniti.

Un esempio di questa manipolazione della realtà, tesa a fornirne una visione rassicurante, sono ad esempio i dati sul lavoro e la disoccupazione.
Nel settore privato, nei primi otto mesi del 2017, i mass media e il governo affermano che si è registrata una crescita delle assunzioni. Ma la realtà ci dice che il maggior contributo è venuto solo dai contratti a tempo determinato (+26,3%) e dall’apprendistato (+25,9%) mentre sono diminuite le assunzioni a tempo indeterminato (-3,5%). Questi dati non sono propaganda ostile ma certificati dalll’Inps, il quale spiega che questo calo rispetto al 2016 è interamente imputabile alle assunzioni a part time. Tuttavia, l’Istituto sottolinea che “queste tendenze attestano la persistenza di una fase di ripresa occupazionale”.
Ma andiamo a vedere quali sono le tipologie contrattuali di questa ripresa occupazionale : +17.000 i contratti a tempo indeterminato (cioè in qualche modo stabili, anche se con il jobs act anche questa categoria diventa assai relativa ndr); + 53.000 sono i contratti di apprendistato (+53.000), +45.000 sono i contratti stagionali e, soprattutto, +494.000 sono i contratti a tempo determinato, cioè quelli precari, mentre si assiste al boom della peggiore forma contrattuale (quella che crea ostacoli anche nell’accesso alle prestazioni sociali dell’Inps) ossia i contratti a chiamata che stanno sostituendo i voucher: nei primi otto mesi del 2017 sono cresciuti del 129,5% rispetto allo stesso periodo del 2016 (fonte Sole 24 Ore).
Non solo. Nelle politiche attive sul lavoro, gli incentivi alle imprese sono passati dal 45 al 57%, assorbendo cioè più della metà dei fondi messi a disposizione. E la nuova Legge di Stabilità conferma e incentiva questo trend che vede il trasferimento di risorse dal lavoro al capitale (cioè meno soldi ai lavoratori e più alle imprese).
Insomma se volete capire come stanno effettivamente le cose, magari leggete di più i saggi di Marta Fana e spengete i telegiornali. Se volete cambiare le cose sintonizzatevi con le giornate di mobilitazione del 10 e 11 novembre, chiamate dal sindacalismo conflittuale e dalla Piattaforma Eurostop, questo sì che potrebbe essere un nuovo inizio, a cominciare dal raccontare la verità al paese.

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