domenica 8 ottobre 2017

Il peso delle parole dei magistrati quando manca l'autocritica.

Caro dott. Eugenio Albamonte,
come sicuramente lei saprà bene, io sono una normale cittadina che, suo malgrado, ha dovuto ob torto collo fare i conti con la Giustizia Italiana negli ultimi otto anni della propria vita, e non perché abbia violato la legge penale, ma per il semplice fatto che il proprio fratello è stato ucciso quando era nelle mani proprio della Giustizia. Il signor Stefano Cucchi.

Le aule dei Tribunali Italiani sono diventati ormai la mia seconda casa. Nutro enorme rispetto nei confronti della magistratura alla quale ho affidato la vita mia e della mia famiglia. E ciò nonostante sia stata proprio la magistratura a tradire per prima Stefano, quando si è presentato all'udienza di convalida del suo arresto, il 16 ottobre del 2009, a Roma, per essere giudicato dopo essere stato vittima di un brutale pestaggio a seguito del suo arresto. Il corpo di Stefano, la sua voce e le sue parole hanno denunciato le condizioni fisiche in cui si trovava. Se ne sono accorti tutti, cancelliera, avvocati, medici agenti ecc ecc, tranne due suoi colleghi che lo hanno avuto davanti per quasi un'ora.

Lei è presidente dell'Anm, un'associazione che vedo molto potente ed altamente rappresentativa della categoria professionale cui Lei appartiene.
Ritengo che il magistrato abbia il sacrosanto diritto di esprimere le proprie opinioni e per questo non debba essere assolutamente sanzionato. Ma, c'è un ma: quando si critica in modo così veemente tutta la politica italiana, nei talk show e nei pubblici dibattiti, quei facili e plebiscitari consensi che si ottengono dall'opinione pubblica, dettati più che altro da un profondo senso di frustrazione per la crisi economica e sociale che morde forte questo paese, non solo ci si dimentica di esserne spesso corresponsabili mancando totalmente di senso di autocritica, ma si perde anche la capacità di essere visti come giudici super partes ed estranei all'agone politico.
Ci si dimentica della condizione delle carceri del nostro Paese, di come funzioni la Giustizia per i cittadini normali o, soprattutto, per gli ultimi, per gli invisibili i cui diritti vengono spesso schiacciati proprio tra l'esercizio del vostro potere e quello politico.
Potrei parlarle "delle lezioni di vita carceraria" impartite al sig. Rachid Assarag a Parma, o del "legittimo e normale uso della violenza " inflittogli nel carcere di Piacenza come drammaticamente documentato dai video di sorveglianza acquisiti dalla Procura, ma non voglio entrare nel particolare: mi limito solo a richiamare alla Sua attenzione le oramai quotidiane sentenze pronunciate contro il nostro Paese dalla CEDU.
Parliamo sì del rispetto del diritto di libertà di opinione che deve essere garantito a tutti, anche a voi. Ma parliamo anche del diritto al rispetto dei diritti umani che deve essere garantito anche agli ultimi ed ai cosiddetti invisibili, rispetto al quale, mi permetta,non trovo nemmeno in voi tanta sensibilità.

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