contropiano
Giovedì
19 ottobre il tribunale di Milano ha dichiarato illegittima la cessione
del ramo di azienda con cui IBM Italia S.p.A. nel Natale 2015 cedeva
circa 300 lavoratori alla Modis azienda del Gruppo Adecco. Si tratta
della prima sentenza delle centinaia di cause intentate dai lavoratori,
ma è un verdetto significativo questo che condanna IBM al reintegro
immediato del lavoratore alle medesime condizioni contrattuali,
normative e retributive. Inoltre il dispositivo impone sia a IBM che a
Modis il pagamento delle spese legali e accessorie.
La
sentenza ha riconosciuto le ragioni dei lavoratori, ricostruite e
sostenute dal collegio legale costituito dagli avvocati Faranda, Angiari
e Valesini, che per l’USB ha patrocinato la causa e che
nell’istruttoria hanno ben ricostruito come i lavoratori ceduti e le
attività a loro afferenti non rappresentavano un entità coesa e definita
e con competenze e obiettivi specifici; al contrario la missione
industriale era costituita da una serie di attività non collegate tra
loro ma tutte riconducibili a quella svolta tuttora da IBM, e i
lavoratori, lungi dall’essere i soli a svolgerle, avevano e hanno
profili professionali ancora largamente presenti in IBM e sopravvissuti
alle due procedure di licenziamento collettivo del marzo e dicembre
2016.
Favorita
dall’attuale legislazione sulle procedure di mobilità e licenziamento
collettivo nel corso di due anni l’IBM ha espulso oltre 1000 dipendenti.
Un processo di licenziamento costante e progressivo in cui IBM ha posto
sempre i licenziamenti come un elemento necessario, rifiutando
pregiudizialmente gli ammortizzatori sociali e non attuando i percorsi
di formazione e aggiornamento professionale per le aree “critiche” per
altro formalmente sottoscritti anche nell’ultima procedura di
licenziamento collettivo respinta dall’USB.
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