Ce lo aspettavamo un po’
più in là, ma evidentemente la paura di restare senza poltrona è troppo
forte. Mdp, ossia gli “scissionisti di sinistra” del Pd, torna
all’ovile.
Dopo averci tormentato per mesi con lunghe e fuffose dissertazioni sul “programma”, sul “leader” (Pisapia o qualcun altro?), sul “progetto alternativo a Renzi”, stamattina l’organo ufficiale del Pd – Repubblica – ha potuto annunciare trionfante che ora “la sfida” si tramuta in una “richiesta di incontro”. E non certo di pugilato…
Basta leggere le affermazioni principali, che immaginiamo pronunciate con voce rotta dalla paura della disoccupazione: “Sono pronto a incontrare Renzi”, anzi “Possiamo vederci già domani, tu sei disponibile?”. Appena scende dal treno gli risponde, oppure gli dà un appuntamento per un caffè in stazione. Roba per palati fini, per cronisti d’assalto col microfono teso e zero domande per non disturbare il manovratore…
Non che manchino, come si usa dire, i “paletti” che dovrebbero guidare l’eventuale incontro: legge elettorale e legge di bilancio. Ma c’è assai poco di ultimativo nella richiesta di “Abbandonare la strada della fiducia al Rosatellum e modifichiamo la legge con le preferenze, oppure aumentando i collegi uninominali. E prevediamo il voto disgiunto”.
Ancor più vaga la base di discussione sulla politica economica (cambiare radicalmente “le politiche sbagliate” degli ultimi anni, come quelle sul Jobs act e sulla scuola). Bisogna ricordare che si tratta di “riforme” tutte votate da Speranza, Bersani e soci, stando sia dentro che fuori il Pd, senza soluzione di continuità.
Anche la motivazione ufficiale della “svolta” dei bersaniani era ampiamente scontata: il pericolo della destra. Funziona così da quando Berlusconi “è sceso in campo”, e continua imperterrita anche quando – come oggi – è assolutamente certo che dalle urne uscirà un governo Renzi-Berlusconi-Alfano, con dentro forse anche Salvini e Meloni (a meno che non ci sia spazio per una “opposizione di comodo”). Come strategia per “battere le destre” sembra davvero geniale…
Ma Speranza non ha altre carte da giocare. “La destra, ovunque, è fortissima. E nessuno di noi può fare finta di niente. Io di certo non voglio”.
Naturalmente si pronunciano frasi fatte che dovrebbero suonare come un’autocritica (“La rottura nel Pd è arrivata dopo una frattura nella società italiana. Se si ha il coraggio di ricomporre questa frattura, e di ragionare di una politica di radicale discontinuità, allora anche noi dobbiamo avere il coraggio di confrontarci”), ma nessuna analisi sul perché siano state adottate quelle “politiche sbagliate” che hanno portato la “società di sinistra” ad abbandonare il Pd e i suoi tardivi critici.
L’operazione è insomma chiara e spudorata: una lista Mdp-Sinistra Italiana (Fratoianni la dà per già fatta), in coalizione con il Pd (come prevede il rosatellum), per spuntare più seggi possibile per i transfughi che tornano all’ovile.
In un certo senso è una scelta di chiarezza, che dovrebbe costringere ciò che resta di “formazioni comuniste” (Rifondazione, in primo luogo) ad abbandonare la via suicida fin qui perseguita: un “listone” di centrosinistra.
In fondo non dovrebbe essere difficile comprendere che il “centrosinistra” non ha alcuna possibilità di risorgere. Le dinamiche politiche residue, per i prossimi anni, hanno infatti uno spazio di manovra estremamente ristretto: c’è da applicare il Fiscal Compact (che il Parlamento dovrà ratificare entro dicembre), smantellare quel che resta di “sistema sociale europeo” (sanità, pensioni, istruzione pubblici), ridurre a zero la partecipazione popolare alla politica.
Per far questo occorre mettere insieme la feccia, i servi dei servi dei servi, i bruti con otto palmi di pelo sullo stomaco, intorno a una ristretta pattuglia di tecnocrati capaci di tradurre le “indicazioni europee” in programma di governo. Clientele, interessi mafiosi e pattuglie di razzi-scilipotiani sono ben accolti. Del resto, sinceramente, il potere multinazionale non ha più alcun bisogno.
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