Fonte:
il manifestoAutore:
Andrea Colombo
ROMA. È peggio che un semplice disastro. La legge sulla legittima difesa
affonda sommersa non solo dalle critiche ma anche dal ridicolo. La
campagna securitaria decisa da Renzi con l’obiettivo di rubare voti alla
destra si è risolta in una sgangherata rotta.
I magistrati aprono il fuoco. «Intervento che non serviva e anche un
po’ confuso», attacca il presidente dell’Anm Eugenio Albamonte. Non si
ferma qui e affonda la lama nella carne viva: non bisognerebbe
«assecondare gli umori» popolari, «meglio desistere dal mettere mano a
questa normativa». Nella pattumiera.
Grasso, presidente di quel Senato che Renzi voleva abolire e al quale
ora si raccomanda per modificare la legge, si gode la rivincita: «Meno
male che c’è il Senato». Le opposizioni si divertono, non lesinano in
sarcasmo. «Se questa legge passa raccoglieremo le firme per abrogarla
col referendum», si allarga Salvini.
La legge, oltretutto, ha ottime probabilità di non uscire viva
dall’aula del Senato. Renzi si è impegnato a modificarla, cioè a
peggiorarla, nella speranza di raccattare i voti di Fi ma Berlusconi non
ha intenzione di fargli il favore sacrificando la ritrovata intesa col
Carroccio. Neppure gli scissionisti dell’Mdp cambiano idea e in queste
condizioni una maggioranza al Senato non c’è.
Non sarà neppure facile cavarsi d’impiccio ricorrendo all’eterna arma
del cassetto. La legge arriverà in commissione tra due settimane e per
il Pd la cosa migliore sarebbe seppellirla lì. Più facile a dirsi che a
farsi. All’origine si tratta infatti di una delle proposte di legge in
quota opposizione. E’ una legge della Lega e se il Carroccio insiste per
portarla in aula non c’è alternativa.
Ma il peggio è la rete. La vecchia sigla del programma cult di Renzo
Arbore, Ma la notte no, impazza, vive una seconda giovinezza. Le
battutacce si contano a centinaia. Inutilmente il relatore Ermini,
fedelissimo del capo e reduce da una lavata di testa che lèvati, prova a
correggere: «Toglieremo la parola Notte». Non ce ne sarebbe bisogno per
la verità, «ma se serve a correggere un’opinione completamente
stravolta…». Inutile. La slavina è irrefrenabile, il coro sull’assurda
legge che permette di sparare ai malfattori ma solo di notte prosegue.
Il povero Ermini in realtà ha ragione. La legge è pessima ma la
distinzione tra notte e giorno è frutto solo di un pasticcio mediatico
di un testo confuso, che però il gran capo conosceva bene.
Renzi aveva fiutato l’aria malsana già giovedì sera, navigando in
rete e traendo le conclusioni dal diluvio di critiche e ironie pesanti
che già s’abbatteva sulla legge. In questi casi il suo schema è fisso:
addossare la colpa agli altri. Si attacca al telefono, strapazza Ermini:
«E’ scritta così male che si comunica male da sé. Bisogna rimediare,
cambiarla, sparigliare». Poi ordina al suo portavoce, l’onorevole
Anzaldi, di chiamare quattro giornalisti fidati per spiegare che il capo
è fuori di di sé: «Così non si può andare avanti. Manca una regia. Su
questa strada andiamo a sbattere». Trattandosi di una proposta di legge
nata in Parlamento e fatta propria dal partito di cui Renzi è
segretario, con un suo uomo come relatore, non si capisce bene chi, se
non Renzi stesso, avrebbe dovuto occuparsi della regia. Particolari.
L’importante è scaricare ogni responsabilità su qualcun altro, meglio se
sul governo. Al resto penseranno i media.
Quando per la legge arriverà il momento della verità, Renzi è già
pronto a sfruttare come d’abitudine la situazione a proprio vantaggio,
insistendo sull’impossibilità di andare avanti a fronte di un Senato
dove le divisioni interne alla maggioranza non permettono più di
procedere. Tanto più che, subito dopo la legittima difesa, arriveranno a
palazzo Madama altri due provvedimenti modello Mission Impossible, la
legge sul testamento biologico e quella sulla cittadinanza e lo ius
soli.
Lo sgambetto del capo è stato preso malissimo dal governo, anche se
tutti cercano di non rendere palese l’irritazione. La ministra per i
rapporti col parlamento, Finocchiaro, incaricata di cercare una
difficilissima mediazione sia con Fi che con i centristi della
maggioranza, decisi a rendere il testo più severo di quanto non
intendesse Ermini, si è ritrovata sul banco degli imputati e mastica
amaro. Il ministro Orlando, che al provvedimento leghista era contrario
dall’inizio, vede ancora più rosso, tanto che i suoi sbottano: «Siamo
alla presa in giro. L’intervento di Renzi è insopportabile». Ma anche
tra i capibastone della maggioranza Pd, Franceschini e Martina, l’umore è
cupo. Si erano illusi che dopo la batosta del 4 dicembre Renzi fosse
cambiato. In meno di una settimana si sono resi conto che non è così.
Matteo Renzi è sempre lo stesso.
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sabato 6 maggio 2017
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