global project Gaia Alberti
4 / 10 / 2016
#BlackMonday Non stiamo parlando dell’espressione comunemente utilizzata per indicare i crolli finanziari, ma della parola d’ordine che nella giornata di ieri è rimbalzata nella rete in tutto il mondo e nelle strade di numerose città della Polonia. Un lunedì di sciopero generale delle donne, invitate a non presentarsi nei luoghi di lavoro o studio e a vestirsi con indumenti black, per protestare contro una proposta di legge che - di fatto - andrà a vietare la possibilità di abortire.
La situazione attuale e la proposta di legge contro l’aborto
Attualmente in Polonia vige una legge già altamente restrittiva nei confronti dell’interruzione di gravidanza, prevista entro la 25ma settimana in pochissimi casi:
- pericolo di vita per la madre
- malformazioni gravi del feto
- gravidanza come frutto di stupro e incesto
Prevede fino a 2 anni di carcere per le donne e i medici che subiscono e praticano l’IVG (utilizziamo la nomenclatura italiana ndA) fuori dai termini consentiti. Malgrado il pericolo di finire in galera, le associazioni femministe e che si occupano di diritti per le donne indicano come gli aborti illegali in Polonia arrivino a cifre intorno ai 150.000, a fronte di quelli legali che si attestano intorno ai 2.000.
Ovviamente solo le donne che possono permetterselo sono in grado di oltrepassare il confine per poter accedere all’IVG nei paesi limitrofi (Slovacchia, Repubblica Ceca, Germania o Ucraina) mentre le altre continuano a subire interventi pericolosi e clandestini.
Nell’ultimo anno una “coalizione” di associazioni e gruppi cattolici - sotto il nome di Stop Abortion - ha promosso una petizione per chiedere “la tutela della vita a partire dal concepimento” - in altre parole di vietare la possibilità di interrompere una gravidanza in nome della tutela dell’embrione. La possibilità di abortire sarebbe garantita solo in caso di pericolo di vita della madre. Inoltre, chiede l’inasprimento della pena per chi praticasse l’IVG al di fuori della legge, portandola da 2 a 5 anni.
Gli antiabortisti hanno raccolto oltre 450mila firme determinando la possibilità che la loro proposta fosse valutata dal Governo - che dall’Ottobre 2015 è guidato dalla Prima Ministra Beata Szydlo del partito di destra Diritto e Giustizia (PiS). La Szydlo, così come il Presidente del PiS Kaczyński, all’epoca aveva espresso appoggio individuale - non formale da parte del Partito - alla proposta di legge popolare, in quanto rientrava nei piani di un “ritorno alla tradizione” promosso ed espresso durante la campagna elettorale. Le elezioni dello scorso anno sono state le prime - dal’89 - in cui nessuna forza politica di sinistra è riuscita ad ottenere abbastanza voti per entrare in Parlamento, determinando un Governo conservatore euro-scettico e xenofobo.
Il 23 settembre scorso la Camera Bassa (Sejm) ha votato a favore della proposta di legge antiabortista, con 267 voti a favore su 460 (il PiS ha la maggioranza con 242 deputati).
Nella regione sud-orientale della Podkarpackie - dove PIS e la Chiesa godono di un forte supporto - ospedali e medici hanno firmato una "dichiarazione di coscienza" e si rifiutano di effettuare aborti - anche se all’interno dei termini di legge.
Se la legge dovesse superare i prossimi passaggi parlamentari la Polonia si troverebbe, con Malta e lo Stato Vaticano, ad avere una delle leggi sull’aborto più restrittive d’Europa.
Le proteste
Le donne - e gli uomini - contrarie alla proposta di legge si sono mobilitate fin dall’Aprile 2015 quando, a Varsavia, migliaia di persone si sono ritrovate a protestare di fronte al Parlamento. Le mobilitazioni sono continuate durante il mese di Settembre, in previsione e durante il voto nel Sejm, per sfociare nell’indizione di uno sciopero generale delle donne per il 3 Ottobre. #BlackProtest #CzarnyProtest #BlackMonday hanno riempito i social network, allo stesso tempo molte città in tutto il mondo hanno accolto la richiesta di solidarietà che veniva dalle donne polacche organizzando presidi e indossando abiti neri.
La protesta si è ispirata allo sciopero del 24 Ottobre 1975 avvenuto in Islanda (Women’s Day Off), quando il 90% delle donne del paese ha smesso di lavorare per rendere evidente l’apporto delle stesse al funzionamento della società e - quindi - ottenere pari diritti.
Nella giornata di ieri oltre 30mila persone, donne e uomini, hanno riempito le strade di Varsavia, 20mila a Wroclaw (Breslavia) e diverse decine di migliaia sono scese in piazza a a Danzica, Cracovia, Poznan, e Stettino, sfidando la pioggia e gli attacchi governativi e dei movimenti pro-life.
Un fiume nero ha riempito strade e piazze, rivendicando il diritto alla decisione sul proprio corpo da parte della donna e denunciando la pericolosità e i rischi legati a un divieto totale, sia per la salute delle donne sia per i medici. "Un paese che tratta la metà della società come oggetti passivi […] è un paese in cui e per cui non vale la pena vivere. E noi vogliamo vivere qui e vogliamo questo paese libero, autonomo e responsabile” questo l'appello del Kongres Kobiet (Congresso delle Donne) al Presidente Polacco.
La protesta di lunedì è stata accompagnata da numerose iniziative pubbliche e diverse attività commerciali hanno sposato la causa e tenuto chiuso, determinando la possibilità delle dipendenti di prendere parte liberamente allo sciopero. Molte di coloro che non hanno potuto assentarsi da lavoro si sono presentate - e presentati - vestite di nero per sostenere la protesta. A Poznan la polizia ha fermato 3 persone per il lancio di fumogeni e torce contro la sede del PiS.
L’emittente privata TVN24 ha mostrato le immagini di stabilimenti che hanno aderito allo sciopero e alcuni presentatori televisivi hanno supportato la protesta indossando il nero.
Il Guardian ha riportato che a Czestochowa, forse la città più cattolica nel Paese, il municipio ha riferito che il 60% dei lavoratori di sesso femminile non si è presentato a lavoro.
Da dati di un recente sondaggio Ipsos solo l'11% degli intervistati ha riposto a favore della proposta di legge, quasi la metà ha detto che la legislazione esistente dovrebbe rimanere invariata, mentre più di un terzo ha detto che l'aborto dovrebbe essere più ampiamente disponibile e garantito. (Newsweek Polonia)
Non è chiaro se il Governo, di fronte alle proteste, tenterà di smorzare le tensioni rimaneggiando la proposta di legge - magari riammettendo lo stupro e l’incesto come motivi plausibili alla possibilità di interrompere la gravidanza. Certo è che i gruppi oltranzisti cattolici continueranno a premere perché l’embrione sia considerato per legge alla pari della donna stessa.
Come scrive Chiara Lalli oggi su Internazionale, “l’attribuzione di diritti fondamentali all’embrione è, oltre che non facile da sostenere teoricamente, pericolosissima sul piano giuridico e fattuale. L’attribuzione di diritti fondamentali all’embrione trasforma ogni azione o scelta in un potenziale reato”
Le manifestazioni di ieri sono riuscite a riportare nel discorso pubblico di tutta Europa il tema del diritto di aborto e del diritto di scelta sul proprio corpo da parte delle donne. Sta a noi, oltre a continuare a portare la nostra solidarietà alle donne polacche in questa loro battaglia, capire che è anche la nostra. Una battaglia perché i diritti conquistati nei decenni passati dalle lotte delle nostre compagne non si frantumino contro il 70% di medici obiettori nella sanità pubblica, contro i tagli ai centri anti violenza, contro la precarietà e la diseguaglianza di compenso, contro una cultura dello stupro e della colpevolizzazione della donna così pressanti nella nostra società.
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