A Valona l’autunno inizia a farsi sentire, nonostante i tavolini dei caffè all’aperto ancora popolati. È rampante, Vlore, che ogni anno diventa un’altra città: lavori per chilometri sul lungomare, piazze e viali dalle insegne luccicanti, ora anche l’autostrada fino alle porte del centro abitato. È il nuovo che avanza. “Questi, poi, sono gli investimenti dei privati. Un sacco di soldi. Molti li hanno tirati su grazie all’erba. Li vedi? Qua sotto hanno anche i depositi dello stoccaggio, dove portano la droga prima di imbarcarla”. Mentre guida, Miri indica dei palazzoni nuovi di zecca: 10, 15 piani, spuntano come funghi al posto dei vecchi quartieri dalle case basse e le pergole con tralci di vite. Ma non è solo questione di grandi affari: “C’è un amico che paga l’università della figlia a Tirana, c’è quello che manda qualcosa ai nipoti rimasti in Italia. Ci va bene, perché poi vengono a spendere quello che resta da noi”, continua, sorridendo, anche lui commerciante al dettaglio.
In Albania, buona parte dello stato sociale, garantito dalle rimesse dall’estero fino a qualche anno fa, ora si regge sulla marijuana. Lo ammette anche il ministro degli Interni albanese, Saimir Tahiri, a ilfattoquotidiano.it: “La guerra alla droga non può essere solo impegno della polizia, ma deve andare alle cause del fenomeno. Povertà e mancanza di lavoro spingono i contadini, specie nelle zone più remote, a coltivare cannabis, perché si fanno soldi più facili”. Gli agricoltori, però, sono solo l’ultimo e più debole anello di una catena che ha negli intermediatori lo snodo fondamentale. Lo stanno raccontando anche le inchieste delle procure italiane: il cervello del narcotraffico è in Albania ed è in grado di gestire i corridoi della droga fino a destinazione finale, senza farsi più usare ma trattando alla pari con le mafie nostrane. Grane per tutti. Sull’altra sponda, qualcuna in più: le accuse di corruzione degli agenti e di connivenza del governo di Edi Rama rinfocolano il dibattito parlamentare e quello di strada. “Questo ci chiama la Colombia d’Europa. E lui che ha fatto quando stava al potere?” dice seccato Petraq, commentando la Gazeta al bar. “Questo” è Sali Berisha, ex premier fino a tre anni fa, ma i valonesi, si sa, non lo hanno mai molto amato.
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