Come si legge nel provvedimento, che sarà pienamente operativo tra 4-5 mesi, coloro che sono impossibilitati a pagare la bolletta perché “versano in condizioni di documentato stato di disagio economico-sociale” non si vedranno staccare l’acqua anche se morosi. Ad essi sarà infatti in ogni caso garantito “il quantitativo minimo vitale pari a 50 litri per abitante al giorno”. Il quantitativo è stato stabilito tenendo conto di quanto indicato dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Avrà diritto al beneficio chi ha un indicatore Isee non superiore a 7.500 euro, che può arrivare a un massimo di 20.000 euro per le famiglie con più di tre figli a carico. Si tratta, secondo le prime stime, di circa cinque milioni di utenti morosi, che saranno individuati dall’Autorità per l’energia (Aeegsi). Oltre ai 50 litri gratis per gli utenti che versano in condizioni disagiate, il decreto stabilisce che a tutti sia garantito l’accesso al quantitativo minimo vitale a tariffa agevolata.
Sta ora all’Autorità emanare le specifiche direttive relative al contenimento della morosità, alle modalità di fatturazione e alla gestione delle controversie. A brevissimo quindi si avvierà il procedimento poi ci sarà il documento di consultazione e infine il provvedimento finale. “Lo scopo finale è quello di sostenere le utenze domestiche residenti disagiate attraverso strumenti tariffari idonei, come il bonus idrico, che diano accessibilità al quantitativo minimo di acqua e, al tempo stesso, siano in grado di garantire il rispetto del principio ‘chi inquina paga’ e del principio della copertura dei costi sanciti dalla Direttiva Quadro europea sulle Acque”, ha commentato Carlo Maria Medaglia, capo della segreteria tecnica del ministero dell’Ambiente. Soddisfatto anche il presidente della commissione Ambiente al Senato, Giuseppe Marinello (Ap): il provvedimento assicura “la fruibilità del servizio idrico a tutti, con particolare tutela nei confronti di chi versa in una condizione economica difficile, garantendone la fornitura gratuita e vietandone la disalimentazione”.
C’è poi anche da aggiungere che il settore idrico presenta moltissime altre criticità. Al di là del quantitativo minimo da garantire a chiunque, ci sono molti altri problemi da risolvere: acquedotti vecchi e inefficienti, troppi pochi depuratori, sversamenti in mare e fiumi, inquinamento delle falde acquifere, acqua non potabile in moltissime zone della penisola. I dati dell’Autorità per l’Energia “mostrano una rete acquedottistica particolarmente vetusta: il 36% delle condotte risulta avere un’età compresa tra i 31 e i 50 anni, mentre il 24% è caratterizzato da un’età maggiore ai 50 anni”, dice Alberto Biancardi, membro del collegio dell’Autorità per l’Energia , secondo cui per “recuperare l’attuale insufficienza infrastrutturale maturata negli anni passati e per mettersi in regola con gli adempimenti comunitari occorrono investimenti per oltre 20 miliardi di euro nei prossimi 5 anni”.
Più duri i commenti dei consumatori: “Gli acquedotti italiani sono dei veri e propri colabrodo. Le responsabilità della situazione disastrosa del sistema idrico italiano è da ricercarsi in primis negli enti locali (regioni e comuni), che poco o nulla hanno fatto per risolvere le criticità del settore”, dice Carlo Rienzi, presidente Codacons, secondo cui “a pagarne le conseguenze sono i cittadini, che devono sottostare a tariffe idriche in continua crescita a fronte di un servizio qualitativamente e quantitativamente peggiore”. Così anche Luigi Gabriele: “In alcune aree, le perdite di rete raggiungono il 70% del prelevato dalle fonti. In altre aree, i depuratori sono a tal punto inesistenti che si continuano a sversare le fognature in aree marine o in fiumi”. Tant’è che “il rischio dell’inquinamento delle falde acquifere non è più rischio, ma una realtà. In zone come la provincia di Caserta non si può bere l’acqua del rubinetto perché le falde sono state inquinate per l’infiltrazione delle tubature del sistema fognante”.
Nessun commento:
Posta un commento