Quante
volte ci hanno raccontato dell'aumento della aspettativa di vita per
giustificare l'innalzamento dell'età pensionabile, nel frattempo
scopriamo che un numero sempre più elevato di italiani rinuncia alle
cure mediche per mancanza di soldi, un dato che da solo stride con
l'ottimismo demenziale governativo.
Solo nel 2016 sono aumentati di 4 mesi i termini per la pensione di vecchiaia e per le pensioni anticipate ma con quale risultato? La forza lavoro è sempre piu' vecchia con l’aumento di 18 mesi dei requisiti per la vecchiaia delle lavoratrici dipendenti e di 12 mesi per le autonome. Conti alla mano, nel 2016, avremo rispetto al 2015 un calo delle pensioni pari al 26,5% . Ad essere penalizzate sono soprattutto le pensioni di vecchiaia, i dati Inps non lasciano dubbi: da 161.528 dell’intero 2015 a 77.755 nei primi 9 mesi del 2016. Ma non cala solo il numero delle pensioni ma anche l'importo degli assegni previdenziali e sempre piu' diminuirà nei prossimi anni con il calcolo sul sistema contributivo . In questo contesto i richiami della Confindustria alla produttività sono fuorvianti perché a non essere competitivo è il sistema italiano, la produzione stagnante e l'assenza di investimenti reali, un sistema fiscale che lascia impuniti i grandi evasori ma resta inflessibile con i lavoratori dipendenti e i piccoli autonomi, implacabile nel pretendere pagamento di bolli auto non pagati ma accondiscendente verso la fuga di capitali all'estero, disposto a patteggiare condizioni favorevoli per il rientro delle fortune espatriate illecitamente.
In questi giorni è in corso l'ennesima trattativa segreta ad insaputa dei lavoratori e delle lavoratrici.
Ne stanno discutendo da mesi e parlare di produttività significa destrutturare i contratti nazionali e quelli di secondo livello. Una trattativa che vede protagonisti i segretari confederali e la Confindustria e ovviamente esponenti di punta del Ministero del Lavoro. Tra i contratti rinnovati valga solo l'esempio di quello dell'igiene ambientale con aumento dell'orario di lavoro e misure atte a restringere ulteriormente, definitivamente, il diritto di sciopero. Ce ne sono ben 25 in attesa di rinnovo sullo sfondo delle riforme costituzionali (rafforzamento degli esecutivi a discapito della democrazia o di quel poco che ne resta) e i processi di ristrutturazione in atto delle filiere come ricorda Confindustria. Milioni di lavoratori per i quali si prospettano contratti che non recupereranno potere di acquisto e abbatteranno le tutele fino ad oggi esistenti. Si va facendo strada una sorta di «grande patto sociale tra chi rappresenta il lavoro ed anche tra i rappresentanti del mondo del lavoro e il governo». Mancano nell'agenda del Governo e dei sindacati gli argomenti salienti che poi sono quelli del welfare, del potere di acquisto, del rafforzamento della contrattazione di primo livello, del ripristino di un diritto di sciopero che oggi non esiste Nella loro agenda, invece, trovano spazio le regole sulla rappresentanza con l'accordo del Gennaio 2014 a rappresentare un modello da esportare anche nel pubblico e da rafforzare, quel testo unico che impedisce alle organizzazioni firmatarie, una volta siglato un contratto, di andare allo sciopero rispettando la volontà dei lavoratori e delle lavoratrici. La manovra degli slides ha lasciato volutamente fuori gli argomenti scottanti, argomenti che affiancheranno la legge di stabilità. Non a caso Confindustria dichiara che «il modello contrattuale attuale ha dimostrato di non funzionare bene nel momento attuale di deflazione», , ragion per cui , senza timori di smentita, possiamo ribadire la centralità della lotta al testo unico e alle logiche del salario di produttività che destinano i pochi euro ad una assurda concorrenzialità tra lavoratori, per dividerli e indebolirli impedendo sul nascere ogni azione conflittuale.
Con queste premesse si annuncia il cosiddetto Patto di Fabbrica promosso da Confindustria in un convegno al quale hanno partecipato anche i vertici di Cgil Cisl Uil
«Un confronto per la crescita, per l’industria e per combattere le disuguaglianze». Ci siamo soffermati prima,sulla parola magica della produttività nel nome della quale stanno costruendo un modello di contrattazione 0.0, produttività che sta alla base di questo ennesimo Patto a uso e consumo dei padroni
Vediamo i cosiddetti attori della fabbrica che a detta Confindustriale dovrebbero essere i protagonisti attivi del patto; per noi al centro erano e restano gli operai e quanti nella fabbrica lavorano producendo plusvalore.
Ma nei fatti cosa propone Confindustria? Niente di nuovo in effetti ma nuova è l'enfasi con cui lancia la proposta, una sorta di patto per combattere le disuguaglianze e far ripartire la produttività mettendo al centro la politica economica. Non dimentichiamo che in estate sindacati e Confindustria hanno costruito una piattaforma comune sull'ampliamento degli ammortizzatori sociali senza ammettere che la riforma del Governo è stata sbagliata e non ha tenuto conto della irreversibile crisi del sistema industriale italiano tutto costruito attorno alla riduzione del costo del lavoro e alle delocalizzazioni Al convegno dei Giovani industriali, tenutosi a Capri, Confindustria ha presentato tra le righe una proposta al governo e ai sindacati, una sorta di patto sociale per abbattere la conflittualità, da qui la richiesta di collaborazione al sindacato. Singolare è il richiamo alle disuguaglianze, un leit motive che attraversa le pubblicazioni di numerosi economisti di palazzo e di un premio nobel come Stigliz. Le disuguaglianze eccessive non favoriscono lo sviluppo dell'economia di mercato e la creazione di quella classe media determinante per i consumi.
Ma la proposta di Confindustria ricorda il patto siglato, pochi giorni fa, dalla confindustria tedesca con i sindacati, un patto, guarda caso, sulla produttività che in Italia fu già siglato nel 2012 dando impulso al salario variabile e alla contrattazione di secondo livello. Gli effetti di quell'accordo si intravedono da tempo con deroghe al contratto nazionale e il ridimensionamento non solo del potere di acquisto ma anche di contrattazione. Un motivo in piu' per dubitare della proposta di Confindustria, dubitare di chi dice di combattere le disuguaglianze ma ogni giorno le alimenta, dubitare delle parole d'ordine fuorvianti e di un patto sociale che porterà noi tutti\e a condividere tagli occupazionali e salariali in nome della crescita e dello sviluppo. Già lo stiamo vedendo nei vari indotti industriali con piani di esuberi cogestiti con i sindacati, lo vedremo meglio nei prossimi mesi con i contratti e le regole della rappresentanza il cui fine è vietare di fatto il diritto di sciopero e di opposizione. Questo e non altro è il modello di contrattazione 0.0
Solo nel 2016 sono aumentati di 4 mesi i termini per la pensione di vecchiaia e per le pensioni anticipate ma con quale risultato? La forza lavoro è sempre piu' vecchia con l’aumento di 18 mesi dei requisiti per la vecchiaia delle lavoratrici dipendenti e di 12 mesi per le autonome. Conti alla mano, nel 2016, avremo rispetto al 2015 un calo delle pensioni pari al 26,5% . Ad essere penalizzate sono soprattutto le pensioni di vecchiaia, i dati Inps non lasciano dubbi: da 161.528 dell’intero 2015 a 77.755 nei primi 9 mesi del 2016. Ma non cala solo il numero delle pensioni ma anche l'importo degli assegni previdenziali e sempre piu' diminuirà nei prossimi anni con il calcolo sul sistema contributivo . In questo contesto i richiami della Confindustria alla produttività sono fuorvianti perché a non essere competitivo è il sistema italiano, la produzione stagnante e l'assenza di investimenti reali, un sistema fiscale che lascia impuniti i grandi evasori ma resta inflessibile con i lavoratori dipendenti e i piccoli autonomi, implacabile nel pretendere pagamento di bolli auto non pagati ma accondiscendente verso la fuga di capitali all'estero, disposto a patteggiare condizioni favorevoli per il rientro delle fortune espatriate illecitamente.
In questi giorni è in corso l'ennesima trattativa segreta ad insaputa dei lavoratori e delle lavoratrici.
Ne stanno discutendo da mesi e parlare di produttività significa destrutturare i contratti nazionali e quelli di secondo livello. Una trattativa che vede protagonisti i segretari confederali e la Confindustria e ovviamente esponenti di punta del Ministero del Lavoro. Tra i contratti rinnovati valga solo l'esempio di quello dell'igiene ambientale con aumento dell'orario di lavoro e misure atte a restringere ulteriormente, definitivamente, il diritto di sciopero. Ce ne sono ben 25 in attesa di rinnovo sullo sfondo delle riforme costituzionali (rafforzamento degli esecutivi a discapito della democrazia o di quel poco che ne resta) e i processi di ristrutturazione in atto delle filiere come ricorda Confindustria. Milioni di lavoratori per i quali si prospettano contratti che non recupereranno potere di acquisto e abbatteranno le tutele fino ad oggi esistenti. Si va facendo strada una sorta di «grande patto sociale tra chi rappresenta il lavoro ed anche tra i rappresentanti del mondo del lavoro e il governo». Mancano nell'agenda del Governo e dei sindacati gli argomenti salienti che poi sono quelli del welfare, del potere di acquisto, del rafforzamento della contrattazione di primo livello, del ripristino di un diritto di sciopero che oggi non esiste Nella loro agenda, invece, trovano spazio le regole sulla rappresentanza con l'accordo del Gennaio 2014 a rappresentare un modello da esportare anche nel pubblico e da rafforzare, quel testo unico che impedisce alle organizzazioni firmatarie, una volta siglato un contratto, di andare allo sciopero rispettando la volontà dei lavoratori e delle lavoratrici. La manovra degli slides ha lasciato volutamente fuori gli argomenti scottanti, argomenti che affiancheranno la legge di stabilità. Non a caso Confindustria dichiara che «il modello contrattuale attuale ha dimostrato di non funzionare bene nel momento attuale di deflazione», , ragion per cui , senza timori di smentita, possiamo ribadire la centralità della lotta al testo unico e alle logiche del salario di produttività che destinano i pochi euro ad una assurda concorrenzialità tra lavoratori, per dividerli e indebolirli impedendo sul nascere ogni azione conflittuale.
Con queste premesse si annuncia il cosiddetto Patto di Fabbrica promosso da Confindustria in un convegno al quale hanno partecipato anche i vertici di Cgil Cisl Uil
«Un confronto per la crescita, per l’industria e per combattere le disuguaglianze». Ci siamo soffermati prima,sulla parola magica della produttività nel nome della quale stanno costruendo un modello di contrattazione 0.0, produttività che sta alla base di questo ennesimo Patto a uso e consumo dei padroni
Vediamo i cosiddetti attori della fabbrica che a detta Confindustriale dovrebbero essere i protagonisti attivi del patto; per noi al centro erano e restano gli operai e quanti nella fabbrica lavorano producendo plusvalore.
Ma nei fatti cosa propone Confindustria? Niente di nuovo in effetti ma nuova è l'enfasi con cui lancia la proposta, una sorta di patto per combattere le disuguaglianze e far ripartire la produttività mettendo al centro la politica economica. Non dimentichiamo che in estate sindacati e Confindustria hanno costruito una piattaforma comune sull'ampliamento degli ammortizzatori sociali senza ammettere che la riforma del Governo è stata sbagliata e non ha tenuto conto della irreversibile crisi del sistema industriale italiano tutto costruito attorno alla riduzione del costo del lavoro e alle delocalizzazioni Al convegno dei Giovani industriali, tenutosi a Capri, Confindustria ha presentato tra le righe una proposta al governo e ai sindacati, una sorta di patto sociale per abbattere la conflittualità, da qui la richiesta di collaborazione al sindacato. Singolare è il richiamo alle disuguaglianze, un leit motive che attraversa le pubblicazioni di numerosi economisti di palazzo e di un premio nobel come Stigliz. Le disuguaglianze eccessive non favoriscono lo sviluppo dell'economia di mercato e la creazione di quella classe media determinante per i consumi.
Ma la proposta di Confindustria ricorda il patto siglato, pochi giorni fa, dalla confindustria tedesca con i sindacati, un patto, guarda caso, sulla produttività che in Italia fu già siglato nel 2012 dando impulso al salario variabile e alla contrattazione di secondo livello. Gli effetti di quell'accordo si intravedono da tempo con deroghe al contratto nazionale e il ridimensionamento non solo del potere di acquisto ma anche di contrattazione. Un motivo in piu' per dubitare della proposta di Confindustria, dubitare di chi dice di combattere le disuguaglianze ma ogni giorno le alimenta, dubitare delle parole d'ordine fuorvianti e di un patto sociale che porterà noi tutti\e a condividere tagli occupazionali e salariali in nome della crescita e dello sviluppo. Già lo stiamo vedendo nei vari indotti industriali con piani di esuberi cogestiti con i sindacati, lo vedremo meglio nei prossimi mesi con i contratti e le regole della rappresentanza il cui fine è vietare di fatto il diritto di sciopero e di opposizione. Questo e non altro è il modello di contrattazione 0.0
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