martedì 4 ottobre 2016

Ambiente. Arriva il sì dell'Europarlamento: in vigore l'accordo globale sul clima.

Arriva il sì dell'Europarlamento: in vigore l'accordo globale sul climaDiventa operativa l'intesa per la salvaguardia dell'atmosfera. Adesso si dovranno definire le strategie per ridurre l'uso dei combustibili fossili spingendo su efficienza energetica, fonti rinnovabili e recupero della materia.



ROMA - E' stato uno sprint, la dimostrazione che la politica è ancora capace di rispondere in tempi brevi alla richiesta di un cambiamento radicale e urgente. L'accordo globale sul clima firmato il 12 dicembre 2015 a Parigi ha raggiunto oggi la soglia di ratifiche che consente la sua entrata in vigore. In pochi mesi i Parlamenti di mezzo mondo sono riusciti ad approvare l'intesa che getta le basi di una rivoluzione della nostra vita quotidiana. Per curare la malattia che sta corrodendo gli ecosistemi bisogna infatti abbattere le emissioni serra, cioè lasciare i combustibili fossili sotto terra: significa cambiare i trasporti, l'edilizia, le industrie, l'agricoltura.

Oggi "abbiamo varcato la prima soglia per l'entrata in vigore, - ha commentato il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nel suo intervento alle Nazioni Unite - dobbiamo essere uniti e coesi di fronte a questa sfida, abbiamo l'opportunità di un futuro più giusto ed equo per una terra più sana e sicura".

Per ratificare il protocollo di Kyoto siglato nel 1997, che impegnava solo i Paesi industrializzati a tagliare le emissioni di CO2, ci sono voluti più di sette anni.

Questa volta ne è bastato meno di uno. Perché l'accordo entrasse in vigore erano necessarie le ratifiche di almeno 55 Paesi responsabili di almeno il 55% delle emissioni globali. Fino a ieri lo avevano fatto 62 Paesi responsabili del 51,89% delle emissioni globali. Con il sì dell'Unione europea, che pesa per il 12% dei gas serra, la soglia è stata dunque abbondantemente superata.

La decisione è un fatto epocale per due motivi. Il primo è che dietro tempi così inusualmente stretti ci sono ragioni economiche di rilievo. Mentre nel 1997 molte grandi imprese erano convinte che il passaggio a una società low carbon fosse lontano nel tempo e che nell'immediato potesse essere liquidato con qualche ritocco di facciata, oggi è chiaro che la competizione globale si gioca sull'efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili, sul recupero dei materiali, sulla diminuzione dell'impatto ambientale della produzione. Dunque impegnarsi subito vuol dire potersi sedere alla conferenza dei paesi che hanno ratificato l'accordo sul clima (dal 7 al 18 novembre in Marocco) come protagonisti, per dettare le regole e non subirle. E infatti molti Paesi di nuova industrializzazione che avevano frenato a lungo gli accordi sul clima (compresi Cina e India), si sono affrettati a ratificare.

Il secondo motivo riguarda la nostra vita di tutti i giorni: i segnali di cambiamento stanno diventando sempre più numerosi. L'Olanda ha avviato l'iter legislativo per vietare dal 2025 la vendita di benzina e di gasolio passando alla mobilità elettrica. L'Italia sta per approvare nella Legge di Stabilità gli incentivi per la ristrutturazione green dell'intero edificio (quella degli appartamenti ha prodotto nel 2014 un investimento di 28,5 miliardi di euro e 425 mila posti di lavoro). Parigi ha appena puntato 150 milioni di euro per portare da 700 a 1400 chilometri la lunghezza delle piste ciclabili. L'Unione europea ha presentato il pacchetto sull'economia circolare. Gli investimenti globali sulle rinnovabili hanno superato quelli sui combustibili fossili. Sono tutti fatti che non sarebbero mai accaduti senza tre decenni di battaglie sul clima che hanno portato a politiche sempre più determinate per la riduzione dei gas serra e dei veleni che inquinano l'aria che respiriamo.

Con l'entrata in vigore dell'accordo di Parigi si apre ora un nuovo capitolo, ancora in buona parte da scrivere. L'intesa raggiunta sta già portando a modifiche radicali del sistema produttivo e dell'organizzazione delle città. Ma tra gli obiettivi dichiarati a Parigi (mantenere l'aumento di temperatura entro i 2 gradi, possibilmente 1,5 gradi) e le misure finora decise dagli Stati c'è un abisso: gli impegni non sono sufficienti. Per mettere in sicurezza l'atmosfera occorrerà raddoppiare gli sforzi. Quello che abbiamo visto finora è solo l'inizio del cambiamento che ci attende.

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