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Sembrerebbe un mea culpa, ma non lo è. Il vicepremier e
portavoce del governo turco Numan Kurtulmus dichiara che i nove mesi (s’iniziò
il 4 settembre 2015) d’assedio continuato e semi interrotto a varie città kurde
del sudest anatolico, da Diyarbakır a Cizre, passando per Silopi, Idil,
Yukeskova e in quest’ultime settimane Nusaybin, hanno prodotto la distruzione
di 6.320 edifici. E’ la guerra condotta dalle Forze Armate di Ankara contro la
popolazione locale accusata tutta, indiscriminatamente d’essere un supporto
alla guerriglia del Partito Kurdo dei Lavoratori. Così son venuti giù ben
11.000 appartamenti e case e oltre 90.000 persone risultano sfollate. Molte di
loro restano accampate perché non sanno dove andare. Non hanno parenti visto
che i congiunti sono rimasti vittime delle incursioni distruttive. La nota ‘leggera’
dell’intervento del vicepremier è il calcolo dell’operazione ricostruzione che
l’amministrazione dovrebbe dirigere. Le spese ammonterebbero a 260 milioni di
euro, occasione per i privati di agguantare commesse governative. Nulla si dice
sulla morte e sui drammi che quei bombardamenti hanno prodotto. Questo lo
ricordiamo con alcune testimonianze dei superstiti. Negli assedi dei mesi
scorsi la località di Cizre è risultata la più colpita, tantoché la sua agonia
e la sua resistenza sono state paragonate alla nota Kôbane, città martire del Rojava.
In città vivevano 130.000 abitanti, ora dopo mesi di
pressione e stragi molti di meno, ma in tanti hanno giurato di affrontare morte
e disagi pur di non farsi sradicare da propria terra. Tuttora risuona il grido
di un’anziana donna registrato in un filmato che mostra gli effetti delle
stragi “State massacrando bambini, donne
incinte, vecchi”. Invocazione vana. Da una postazione dell’esercito, da dove
si mira con armi pesanti a edifici sottostanti, risuona “Prendi questo, bastardo. Prenditi questo missile”, sono gli
improperi dei militari turchi che sfogano sui civili l’odio e la frustrazione
di essere colpiti dai militanti del Pkk. Sempre in quel filmato girato da
attivisti locali si sente un altoparlante che intima “Non muovetevi o spareremo”. In realtà per settimane si è sparato senza
preavviso a Cizre sono stati uccisi 282 abitanti, ben 177 anche negli
scantinati dove si nascondevano o s’erano rifugiati per scampare alle granate
con cui l’esercito martellava interi quartieri. “Arrivavano fin sotto le scale e sparavano, sparavano” ricordano due
donne, mentre le figlie dopo settimane mostravano ancora occhi sbarrati e
urlavano per la paura. Tutto ciò è accaduto nel silenzio dello scenario
internazionale che avallava la necessità di “lotta al terrorismo” proclamata da
Davutoğlu ed Erdoğan e la necessità di “sicurezza nazionale” di fronte alla
sequela di attentati seminati fra Istanbul e Ankara.
Ma per i vertici della politica turca terrorista è chiunque
s’oppone ai disegni dell’establishment, e lo sono parlamentari
dell’opposizione, giornalisti, movimenti pacifisti come quello giovanile,
contro cui si scatenavano polizia e
agenti dell’Intelligence. Contro la popolazione kurda s’è innescata la catena
di assassini e terrore, come negli anni Novanta. “I cecchini erano ovunque e sparavano nel mucchio, colpivano i civili
indiscriminatamente” raccontano alcuni testimoni, mentre uno rammenta la
povera fine d’un congiunto “Non in
ospedale, non in strada, la sua vita era appesa e noi non potevamo spostarlo, eravamo
intrappolati. Sequestrati e chi non moriva colpito dalle armi, poteva morire di
fame perché a lungo non abbiamo avuto cibo e non potevamo procurarcene”. Per
giorni i reparti dell’esercito hanno impedito che camion della Mezzaluna Rossa
e Croce Rossa internazionali consegnassero cibo e medicinali agli assediati. “Non ci lasciavano portar via i morti né i
feriti negli ospedali, tanti sono morti dissanguati”, hanno sparato anche
sulla delegazione parlamentare Hdp recatasi sul posto per osservare la situazione.
Colpiti da tanks, artiglieria, elicotteri. Circondati e prigionieri, e dopo
settimane di tiro a bersaglio ai soldati veniva impartito l’ordine di bruciare
e demolire. Questo il comunicato di Kurtulmus non lo dice. Però tutto questo è
accaduto.
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