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Ancora una volta, malati che si curano con la cannabis regolarmente fornitagli dall’ASL, vengono fermati, perquisiti, e letteralmente sequestrati per ore, perché trovati in possesso del farmaco Bedrocan.
Questa volta le vittime dell’ignoranza delle forze dell’ordine sono Carlo Monaco del direttivo CIP, ed un suo amico.
Lo scorso 20 giugno, dopo l’audizione alla Camera in commissione Giustizia e Affari Sociali, Carlo e un altro attivista del CIP, venivano fermati verso le ore 20.00 da agenti della Polizia di Stato.
Durante un primo controllo, dove veniva richiesto ai fermati se fossero in possesso di sostanze stupefacenti, i due consegnavano un barattolo di Bedrocan ciascuno, contenenti infiorescenze del farmaco. Veniva inoltre consegnata la relativa documentazione che attestava il diritto alla cura, il ritiro presso l’ASL di competenza, le prescrizioni mediche; oltre a vario materiale informativo che Carlo aveva portato con se in occasione dell’audizione alla Camera, tenutasi lo stesso giorno, relativa appunto al tema della legalizzazione.
I due poliziotti, ignoranti sull’argomento, hanno chiamato rinforzi. Nell’attesa i fermati venivano denudati e perquisiti. Venivano sequestrati i barattoli di Bedrocan contenenti la cannabis e circa 800 euro in contanti (“cassa” della società Canapa-Caffé).
Requisiti anche i telefoni cellulari, sui quali hanno controllato le rubriche, i messaggi e le foto private.
Sospettando che l’autorizzazione per detenere sino a 120 grammi di cannabis a scopo terapeutico fosse “falsa”, gli agenti hanno cominciato a fare indagini e chiamate, mandando pattuglie a controllare le abitazioni dei fermati, dove sono stati rinvenuti altri documenti che attestavano il regolare ritiro del farmaco, ma questo non è bastato e gli agenti hanno proseguito con perquisizioni più approfondite e intime.
Nonostante l’esito negativo di tali controlli, gli agenti hanno proseguito perquisendo, non solo l’abitazione di Carlo e del suo amico, ma anche quella dei genitori dove egli risulta residente. In totale sono stati rinvenuti circa 70 grammi di fiori e foglie appartenenti a Carlo e circa 30 grammi appartenenti al secondo fermato.
Inutile spiegare agli agenti che le ASL non riescono ancora a provvedere alla somministrazione di tutta la cannabis terapeutica necessaria ai pazienti che, spesso, devono attendere mesi per ottenere il farmaco prescritto. Per tale motivo molti pazienti provvedono diversamente all’approvvigionamento del farmaco che gli spetta di diritto, ma che non gli viene fornito.
Tali spiegazioni sono risultate vane: nonostante i documenti che dimostrano l’uso terapeutico di cannabis (che sia essa auto-prodotta o ricevuta dall’ASL), ai fermati è stato contestato l’Art 73 e l’Art. 187 (Carlo era alla guida di uno scooter).
Durante la perquisizione in casa di Carlo, gli agenti hanno permesso allo stesso di fumare cannabis per scopo terapeutico, come se avessero compreso l’importanza che lui aveva di effettuare la terapia. Peccato che, poco dopo l’assunzione, a Carlo è stato richiesto di sottoporsi alle analisi per indagare l’uso di sostanze stupefacenti.
Speriamo che l’esito delle analisi, sicuramente positivo alla cannabis, non serva ad incastrare ulteriormente una persona assolutamente estranea ad attività illecite, ma che serva anzi a dimostrare la sua innocenza.
Dopo ore di perquisizioni, di corse sfrenate per Roma, di analisi in ospedale, alle 9:00 del giorno successivo venivano prese le impronte dei due fermati, schedati e, finalmente, rilasciati.
Pazienti trattati ancora come criminali, esattamente come successo ad Andrea Tribulati, e come sta succedendo a Fabrizio Pellegrini e a tanti altri. Se queste stesse persone fossero state trovate in possesso di una scatola di qualsiasi altro farmaco, non avrebbero avuto alcuna conseguenza.
Mettere in dubbio la validità di una prescrizione medica e di tutta la documentazione certificata dall’ASL, proseguire per un intera notte alla ricerca del “nulla” mentre chissà quale crimine veniva commesso a Roma, magari a poche centinaia di metri, è inaccettabile.
Non è più una questione di “ignoranza” …e forse non lo è mai stata!
Giuseppe Nicosia – ASCIA
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