Il presidente Anm sul dissesto dell'istituto di credito: "Mentre negli altri Paesi rubano solitamente i poveri, da noi rubano anche i ricchi". E sulla prescrizione spiega che il problema è che i termini decorrono dal reato commesso. "Se il pm viene a conoscenza di un fatto di cinque anni prima, restano due anni e mezzo dalle indagini alla Cassazione. E’ impossibile".
“E’ una rabbia comprensibile, certamente”. Il presidente Anm Piercamillo Davigo commenta così il dramma degli azionisti della Banca Popolare di Vicenza rovinati dal dissesto dell’istituto, il giorno dopo i funerali del pensionato Antonio Bedin, che si è tolto la vita pochi giorni fa. Ospite de L’intervista di Maria Latella su SkyTg24, Davigo ha osservato che “per decenni l’opinione pubblica italiana è stata aizzata sulla questione della microcriminalità, mentre non si è parlato dei veri problemi italiani: la criminalità organizzata e la devianza della classe dirigente. Mentre negli altri Paesi rubano solitamente i poveri, in Italia rubano anche i ricchi”. E “i colletti bianchi – ha aggiunto, riprendendo una sua ricorrente affermazione e un suo recente paragone con gli scippatori – fanno un numero di vittime incomparabilmente più elevato della criminalità predatoria”.“L’irragionevolezza – ha spiegato Davigo – sta in questo: abbiamo termini di prescrizione abbastanza lunghi prima del processo: per i delitti puniti fino a sei anni, sono sei anni. Un termine ragionevole, che decorre però dal commesso reato, e non da quando il pm ne viene a conoscenza; quindi può esserne informato cinque anni dopo”. Il nodo, dunque, sta nel termine dal quale parte il conteggio della prescrizione. “Il problema – ha proseguito – è che questa prescrizione, quando vengono compiuti atti, si interrompe e ricomincia a decorrere, ma non può superare sette anni e mezzo. Per cui se il pm viene a conoscenza di un reato commesso cinque anni prima, interrompe la prescrizione ma gli restano due anni e mezzo per fare: indagini preliminari, udienza preliminare, processo di primo grado, appello e Cassazione. E’ impossibile. E’ un sistema irragionevole che fa girare la macchina a vuoto”.
Infine, il presidente Anm ha lamentato la doppia crisi di organico della giustizia, quella dei magistrati e quella dei cancellieri. “Mancano moltissimi magistrati – ha affermato Davigo – il gettito dei concorsi raramente copre i posti messi a concorso, pur avendo moltissime domande (per cui bisognerebbe interrogarsi sulla preparazione complessiva dei laureati), ma sta di fatto che più di 300-350 magistrati ogni anno non si riescono a reclutare. Abbiamo un organico scoperto di oltre mille unità”. Ma la carenza di lavoratori riguarda anche il personale amministrativo. “Mancano circa 9mila cancellieri – spiega Davigo – Quelli che sono rimasti, peraltro, sono in generale anziani, perché è dal 1998 che non ne entrano di nuovi. E ci sono punti dove l’organico è scoperto di oltre il 50%. Quale azienda può funzionare con metà del personale che manca?”.
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