Le cose vanno bene (per ambiente e tasche dei cittadini) nelle partecipate in cui i Comuni hanno mantenuto il controllo sulle società. Ecco perché alcune città d'Italia la gestione è sostenibile e di successo.
F.Q. di Veronica Ulivieri Infiltrazioni mafiose, amministrazioni che non riescono a controllare i gestori dei servizi di igiene urbana oppure sindaci che li controllano fin troppo, trasformandoli in serbatoi di voti e assunzioni. Abbiamo raccontato i mali che affliggono la gestione dei rifiuti urbani nei Comuni italiani. Le storie negative sono tante, ma non è ovunque così. Dove i sindaci hanno saputo mantenere il controllo sulle società e puntare a un miglioramento del servizio, ne hanno beneficiato l’ambiente e le tasche dei cittadini. Un rapporto di Confartigianato lo ha detto di recente: al contrario di quello che ci si potrebbe aspettare, “nelle città in cui le tariffe sono più alte è peggiore la qualità del servizio”. Spiega Attilio Tornavacca, esperto di rifiuti della Esper, che quando “le dimensioni delle società pubbliche sono sufficienti a creare le necessarie economie di scala ma non sono neppure troppo elevate – cioè sono comprese tra i 40-50mila ed i 150-200mila abitanti serviti – ed il peso azionario dei vari Comuni è sufficientemente equilibrato, si rilevano spesso risultati molto avanzati sia in termini di elevati livelli di riciclaggio e qualità del servizio che in termini di ottimizzazione dei costi”.Trento: differenziare conviene
L’anno scorso, l’associazione Comuni Virtuosi ha raccolto in una pubblicazione, in collaborazione con Esper, le esperienze degli amministratori che hanno traghettato i propri Comuni verso forme di gestione dei rifiuti più sostenibili. Tra questi c’è anche Trento, dove nel 2005 la raccolta differenziata era ferma al 45 per cento. La rivoluzione è arrivata con il graduale passaggio al sistema del porta a porta. “Nel giro di poco più due anni abbiamo raggiunto e superato il 65 per cento, contribuendo in maniera significativa all’affossamento del progetto dell’inceneritore. Ora si viaggia sopra l’80 per cento di raccolta differenziata, viene applicata la tariffa puntuale (quel sistema, cioè, in cui ogni famiglia o impresa paga in proporzione ai rifiuti indifferenziati prodotti, ndr) ed i cittadini mai tornerebbero indietro al bidone stradale. Anche perché si è dimostrato che il porta a porta conviene economicamente al cittadino. Milioni di euro risparmiati, non conferendo migliaia di tonnellate alla discarica ed invece introdotte nel circuito virtuoso del riciclo”, racconta oggi Aldo Pompermaier, assessore all’Ambiente del Comune di Trento dal 2005 al 2009, nel periodo della svolta verde.
Effetto domino
Nel Nord della Toscana, tutto è iniziato nel 2007 da un bando della provincia di Lucca per i Comuni decisi a sperimentare modelli virtuosi di gestione dei rifiuti. “Grazie ai finanziamenti e all’impegno che i cittadini hanno messo nella raccolta differenziata, è stato possibile procedere alla chiusura di due inceneritori, contro i quali erano da tempo nati comitati spontanei”, dice Maura Cavallaro, assessore provinciale all’Ambiente tra il 2006 e il 2014. Non solo: l’impegno del Comune di Capannori, che già nel 2008 ha esteso il porta a porta a tutto il suo territorio superando in pochi anni il 75 per cento di differenziata, ha spinto gli altri enti locali a perseverare senza cedere a pressioni: “Fu di stimolo anche agli altri Comuni della provincia a proseguire il percorso che avevamo faticosamente avviato con varie resistenze di alcuni gestori locali dei servizi che ritenevano di non dover cambiare radicalmente il modello di raccolta stradale all’epoca quasi onnipresente in Toscana”.
Più raccolta differenziata, meno costi
Anche a Olbia, l’ex assessora all’Ambiente Giovanna Maria Spano è riuscita a far cambiare strada al gestore rifiuti, ottenendo grossi miglioramenti: grazie all’estensione del porta a porta a tutto il territorio, infatti, in soli due anni, tra il 2013 e il 2015, la percentuale di raccolta differenziata è passata dal 31 al 73 per cento. “Nel giugno 2011 all’insediamento della giunta, come nuovo assessore all’Ambiente, ereditai l’esito di una gara di igiene urbana piuttosto onerosa già bandita – ma non ancora assegnata all’unico soggetto che aveva partecipato alla selezione – ed un servizio di raccolta differenziata stradale tradizionale che permetteva di raggiungere circa il 30 per cento e mal soddisfaceva le esigenze di decoro urbano della città”. Il Comune decide di ridurre l’aumento dei costi per i cittadini, già paventato, e migliorare il servizio introducendo anche il sistema della tariffa puntuale. “Era necessario però convincere della bontà di queste scelte anche l’azienda affidataria del servizio. Fortunatamente, dopo una iniziale diffidenza e resistenza alle proposte di variazione, l’azienda appaltatrice si è convinta della necessità di accogliere quasi tutte le richieste di variazione ed i risultati non si sono fatti attendere”.
L’addio a Hera di Forlì
L’obiettivo di far crescere ulteriormente i propri livelli di raccolta differenziata attraverso porta a porta e tariffa puntuale sta dietro anche alla scelta di Forlì e di 12 Comuni della provincia. I 13 enti locali hanno deciso di togliere alla grande multiutility a capitale misto Hera, che oggi con i servizi di igiene urbana, avvio al riciclo e smaltimento copre 358 Comuni e quasi 3,5 milioni di cittadini, la raccolta dei rifiuti. Attività che verrà affidata a una nuova società al 100 per cento di proprietà pubblica. “Il nuovo operatore, per ridurre i costi, dovrà raccogliere più rifiuti possibile in modo differenziato e puntare sulla riduzione. Questi elementi non rappresentano le priorità di Hera, che ricava la maggior parte dei suoi profitti dall’incenerimento”, dice Alberto Bellini, assessore all’Ambiente del Comune di Forlì fino ad agosto 2015, quando si è dimesso in polemica con l’ultima riclassificazione dell’inceneritore di Hera della sua città, che di fatto ne ha rappresentato un potenziamento.
Nei 13 comuni i livelli di raccolta differenziata si aggirano in media intorno al 50 per cento, l’obiettivo è superare il 70 per cento entro un anno dall’avvio del nuovo sistema. Il sì al nuovo operatore è già arrivato nel 2012 da consiglio comunale e Provincia, mentre dovrebbe arrivare presto, dopo vari rinvii, il via libera della Regione. Dopo dovranno pronunciarsi Corte dei Conti e Antitrust. “Abbiamo capito che era necessario separare l’attività di raccolta da quella di smaltimento, come raccomanda anche la stessa authority per la concorrenza. Per questo, affideremo la prima a una società creata dai 13 Comuni, mentre la seconda rimarrà a Hera, come prevede la legge regionale”, prosegue Bellini. Dalla multiutility replicano: “Non è Hera che decide le priorità”, definite “d’accordo con i Comuni e gli organi di regolazione che si sono succeduti negli anni: in particolare, la decisione di pianificare e realizzare i termovalorizzatori è frutto della pianificazione territoriale”. Hera fa sapere che “negli ultimi 10 anni ha più raddoppiato la raccolta differenziata nel proprio territorio (portandola dal 25 a oltre il 55 per cento), e ha l’obiettivo di portarla al 65 per cento entro 3 anni su un bacino di oltre 3 milioni di abitanti, più un milione di turisti estivi. A Forlì ci sono le tariffe più basse dell’Emilia Romagna e inferiori del 35 per cento rispetto alla media del Nord Italia. Da dove possono dunque venire i virtuosismi di ulteriori riduzioni?”. Per l’associazione dei Comuni Virtuosi, però, l’uscita dalla multiutility dei 13 enti locali, 180mila abitanti in tutto, sarebbe un “precedente che può mutare le regole del gioco”.
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