theguardian.com brigata traduttori Maurizio Acerbo e Angelica Bufano
Cara Gran Bretagna,
Slavoj Zizek |
Quando
chiesero a Stalin alla fine del 1920, quale fosse peggio, la destra o la
sinistra, rispose seccamente: “Sono entrambi peggio!” E questa è la mia
prima reazione alla domanda se lasciare o no l’UE.
Non mi
interessa inviare lettere d’amore al pubblico britannico con il
messaggio sentimentale: “Per favore rimanete in Europa!”. Quella che mi
interessa è in ultima analisi, solo una domanda. L’Europa è ora
imprigionata in un circolo vizioso, oscillando tra i falsi opposti della
resa al capitalismo globale e la resa al populismo anti-immigrati,
quale politica ha una possibilità di consentire a noi di uscire da
questa folle danza?
I
simboli del capitalismo globale hanno segretamente negoziato accordi
commerciali come Trade in Services Agreement (Tisa) o il Transatlantic
Trade and Investment Partnership (TTIP). L’impatto sociale del TTIP è
abbastanza chiaro: comporta niente di meno che una brutale aggressione
nei confronti della democrazia.da nessuna parte questo è più chiaro che
nel caso della Risoluzioni delle dispute tra investitore e Stato
(Investor-State Dispute Settlements – ISDS). che consentono alle
compagnie di citare in giudizio i governi se le loro politiche causano
una perdita di profitti. In poche parole, questo significa che
multinazionali non elette possono dettare le politiche dei governi
democraticamente eletti.
Così
come sarebbe il prezzo della Brexit in questo contesto? Dal punto di
vista di sinistra, ci sono alcune buone ragioni per sostenere la Brexit:
un forte Stato nazionale esentato dal controllo dei tecnocrati di
Bruxelles in grado di proteggere lo stato sociale e contrastare la
politica di austerità. Tuttavia, sono preoccupato per il background
ideologico e politico di questa opzione. Dalla Grecia alla Francia, una
nuova tendenza sta sorgendo in quel che resta della “sinistra radicale”:
la riscoperta del nazionalismo. Tutto ad un tratto, l’universalismo è
fuori, respinto come una controparte politica e culturale senza vita del
capitale globale “senza radici”.
La
ragione di questo è ovvia: l’ascesa del populismo di destra nazionalista
nell’Europa occidentale, che ora è la più forte forza politica che
invoca la tutela degli interessi della classe operaia, e allo stesso
tempo la più forte forza politica in grado di dare origine a reali
passioni politiche. Quindi il ragionamento continua: perché dovrebbe la
sinistra lasciare il campo delle passioni nazionaliste alla destra
radicale, perché non dovrebbe “recuperare la patrie dal Fronte
Nazionale”?
In
questo populismo di sinistra, la logica del Noi contro Loro resta,
comunque qui “loro” non sono rifugiati o immigrati poveri, ma il
capitale finanziario e la tecnocratica burocrazia statale. Questo
populismo si muove al di là dell’anticapitalismo della vecchia classe
operaia ; si cerca di mettere insieme una molteplicità di lotte
dall’ecologia al femminismo, dal diritto al lavoro al l’istruzione
gratuita e all’assistenza sanitaria.
La
storia ricorrente della sinistra contemporanea è quella di un leader o
di un partito eletto con entusiasmo universale, promettendo un “nuovo
mondo” (Mandela, Lula) – ma prima o poi, di solito dopo un paio di anni,
inciampano sul dilemma chiave: abbiamo il coraggio di toccare i
meccanismi capitalistici, o decidiamo di “stare al gioco”? Se si
disturbano i meccanismi, si è molto rapidamente puniti da perturbazioni
di mercato, caos economico e il resto. Quindi, come possiamo spingere
ulteriormente le cose dopo che la prima fase di entusiasmo è finita?
Resto
convinto che la nostra unica speranza è quella di agire a livello
trans-nazionale – solo in questo modo abbiamo avuto una possibilità di
limitare il capitalismo globale. Lo stato-nazione non è lo strumento
giusto per affrontare la crisi dei rifugiati, il riscaldamento globale, e
altre questioni veramente pressanti. Così, invece di opporsi agli
eurocrati per conto degli interessi nazionali, cerchiamo di formare una
sinistra tutta europea. Ed è proprio a causa di questo margine di
speranza che sono tentato di dire: vota contro la Brexit, ma fallo come
un devoto cristiano che sostiene un peccatore mentre segretamente lo
maledice. Non competere con i populisti di destra populista, non
permettere loro di definire i termini della lotta. Il nazionalismo
socialista non è il modo giusto per combattere la minaccia del nazional
socialismo.
Slavoj Zizek
Yanis Varoufakis |
Cara Gran Bretagna,
l’anno
scorso ho provato, senza riuscirci, a convincere i vertici dell’Unione
Europea a comportarsi umanamente con il mio Paese da tempo sofferente.
Ora ti scrivo una strana supplica: ti chiedo di restare in questa stessa
Unione Europea. Sì, quella che ha annientato la nostra primavera
ateniese e che da allora si è comportata in maniera abominevole.
Qualcuno
impiegherà una logica sommaria, da giornale scandalistico, arrivando ad
affermare che “Varoufakis vuole che il Regno Unito resti nell’UE per
pagare il salvataggio della Grecia”. Altri mi accuseranno di abbandonare
la battaglia per instaurare nuovamente la democrazia. Eppure confido
che il tuo apprezzamento verso i paradossi ti permetterà di comprendere
quest’apparente contraddizione.
La
ragione per cui desidero che resti nell’UE sta nel fatto che votare a
favore dell’uscita non ti porterà davvero fuori dall’UE. Anziché
permetterti di fuggire dall’UE, la Brexit ti terrà legata a un’Unione
Europea più indecente, più triste e sempre più pericolosa per se stessa,
per te e, a dirla tutta, per il resto del pianeta.
I
signori della City non permetteranno mai a un governo di Boris Johnson
di poter pensare, anche minimamente, di uscire dal mercato unico
europeo, nonostante le riflessioni di Michael Gove. Il che significa che
tutti gli oggetti venduti nei tuoi negozi dovranno rispettare le
normative scritte a Bruxelles, che le tue regole sulla protezione
dell’ambiente saranno redatte a Bruxelles, e che la regolazione del
mercato sarà, indovina un po’, definita a Bruxelles.
Di
conseguenza, anche dopo la Brexit, la maggioranza delle tue leggi sarà
scritta negli stessi desolati corridoi di Bruxelles in cui è scritta
ora, con la differenza che non avrai voce in capitolo sulla loro
redazione. Con la tua democrazia monca, esattamente com’è adesso,
resterai impantanata, anche se meno potente, in un’Europa il cui
sfaldarsi sarà accelerato dalla Brexit.
L’Unione
Europea è senza ombra di dubbio burocratica, opaca e sprezzante nei
confronti del parlamentarismo che io e te adoriamo. Potresti dunque
concludere che l’accelerazione della frammentazione dell’Unione Europea
non è un fatto così negativo. Ripensaci! Il suo disgregarsi farà in modo
che i progressisti democratici si ribellino in giro per l’Europa, diano
potere ai loro parlamenti, accompagnino le forze della luce e della
speranza, e promuovano un’armoniosa concordia nel continente?
Improbabile.
La
frammentazione dell’Unione Europea dividerà il continente in almeno due
parti, con la spaccatura principale che correrà lungo il Reno e le Alpi.
Nella parte nord-orientale, la deflazione farà la parte del leone, con
milioni di lavoratori poveri tedeschi, polacchi e così via che
diventeranno disoccupati. Nell’area mediterranea, l’inflazione,
associata alla disoccupazione, sarà all’ordine del giorno. Da questa
spaccatura strisceranno fuori solo mostri politici, diffondendo
misantropia xenofoba dappertutto e assicurando, attraverso svalutazioni
competitive, che anche tu sia trascinato in questo circolo vizioso.
È per
questo che ti sto implorando di restare in questa terribile Unione
Europea. I democratici europei hanno bisogno di te. E tu hai bisogno di
noi. Insieme abbiamo la possibilità di far rivivere la sovranità
democratica in Europa. Non sarà facile. Ma vale la pena di provare.
Quando
ero studente, un mio caro amico che odiava le feste ciononostante non se
ne perdeva una, soltanto per avere qualcosa di cui lagnarsi il giorno
dopo. Per favore, non essere come lui. Per favore, resta nell’Unione
Europea con entusiasmo verso la nostra causa comune: imbracciare le armi
contro un mare di problemi e, attraverso la lotta, porre fine ad essi.
Yanis Varoufakis
traduzioni di Maurizio Acerbo e Angelica Bufano
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