mercoledì 2 settembre 2015

Scuola/e in Italia. Amianto, ora muoiono anche i professori.

Dal 1993 almeno 60 docenti sono deceduti per tumori correlati all'esposizione. Con un picco negli ultimi anni. Eppure, malgrado gli annunci, per le bonifiche nelle scuole è stato fatto poco. Mentre gli istituti a rischio riapriranno come nulla fosse.

Amianto, ora muoiono anche i professoriL'Espresso di Paolo Fantauzzi

I morti di Casale Monferrato non sono soli. Non per la solidarietà che hanno riscosso i loro parenti in cerca di giustizia. Non sono soli nel senso letterale del termine. Fra i 21 mila tumori provocati da esposizione all’amianto e rilevati a partire dal 1993, c’è infatti anche chi ha trascorso tutta la propria vita professionale fra i banchi di scuola, dietro una cattedra. E respirando polveri di asbesto è deceduto come chi ha lavorato negli stabilimenti della Eternit.



Secondo il Registro nazionale mesoteliomi istituito presso l’Inail, che censisce le neoplasie dovute all’amianto (pleura, peritoneo, pericardio e tunica vaginale del testicolo) nel 2012 - ultimo anno analizzato - erano stati registrati 63 casi nel comparto istruzione: 41 uomini e 22 donne. A scorrere le categorie professionali, c’è da restare di sasso: 25 insegnanti, 6 bidelli, 5 tecnici di laboratorio e via di questo passo. Non è data sapere la loro sorte, ma considerando quanto sia fulminante la malattia dopo la diagnosi, è legittimo supporre che siano tutti deceduti.Tutti accomunati dall’aver trascorso anni e anni in aule e costruzioni “imbottite” di eternit: spruzzato per coibentare le tubazioni o usato in pannelli da isolante termico e antincendio, come è avvenuto a lungo in tutti gli edifici pubblici. Nelle scuole era facile trovare cartoni e tessuti d’amianto nei laboratori tecnici e artigianali e prima che venisse commercializzato sotto forma di panetto premiscelato e pronto all’uso perfino il Das in polvere conteneva un’alta percentuale di crisotilo (il cosiddetto “amianto bianco”).


È questo il contesto in cui tutti si sono ammalati, hanno scoperto di essere affetti da mesotelioma (più o meno dopo 37 anni di latenza) e nel giro di mesi sono deceduti. In media a 64 anni. Esattamente quanti anni ne aveva Andrea Brero, ricercatore di Scienze politiche a Torino, morto per tumore alla pleura nel 2012. E docente a Palazzo Nuovo proprio come Gianni Mombello, ordinario di Storia della lingua francese, scomparso qualche anno prima con la stessa diagnosi: i loro casi hanno spinto il pm Raffaele Guariniello ad aprire un’inchiesta e sequestrare Palazzo Nuovo, proprio per i rischi connessi alla salute.


STIME AL RIBASSO
In realtà le vittime sono molte più di 63. Non solo perché i dati dell’ultimo rapporto del Renam - che sarà pubblicato nelle prossime settimane e che l’Espresso ha visionato in anteprima - si fermano al 2012. Ma anche perché il picco si è verificato proprio negli ultimi anni: fra il 2009 e il 2012 sono stati 19 i casi registrati, cinque in più del triennio precedente. Ed è solo quest’anno, secondo lo studio, che dovrebbe iniziare a stabilizzarsi l’incidenza.

Anche ipotizzando che il numero sia rimasto inalterato, la letteratura medica internazionale concorda sul fatto che per ogni tumore alla pleura c’è statisticamente almeno un tumore ai polmoni. Di conseguenza le vittime di amianto potrebbero essere oltre 150.

Le istituzioni non sembrano però muoversi granché, tanto che lo Stato italiano non sa neppure esattamente quante sono le scuole da bonificare. Una stima l’ha fatto stima l’Osservatorio nazionale amianto: oltre 2mila. «Le uniche somme a fondo perduto sono i 150 milioni stanziati da Letta, il governo Renzi nonostante le promesse non ha messo in campo alcun intervento significativo» rileva il presidente della onlus Ezio Bonanni. Senza contare che, essendo i tempi per avere i fondi erano stretti, solo un terzo sarebbero stati effettivamente utilizzati.


ANNO NUOVO, VITA NUOVA?
Insomma, quando le scuole riapriranno fra una decina di giorni, non si preannunciano grandi novità. Ma proprio sulla scorta dei dati del Renam, qualche professore inizia ad avere paura. Come accade all’istituto tecnico “Leonardo da Vinci” di Firenze, l’istituto con quasi 2mila studenti divenuto famoso per il vademecum imposto agli alunni del biennio a causa della massiccia presenza di amianto: non forare, graffiare, né urtare le pareti, non correre all’interno dell’edificio, non chiudere “in modo violento” porte e finestre.Luciano Macrì a 63 anni lì dentro ci ha passato oltre metà della sua vita: 32 da professore di Scienze più altri sei da studente: «Il mese scorso con alcuni colleghi abbiamo chiesto all’Asl di essere messi sotto sorveglianza sanitaria per essere sottoposti a monitoraggi costanti. Non ci hanno ancora risposto. I controlli sull’aria hanno sempre dato risultati negativi ma la preoccupazione resta: qui ci sono casi di colleghi scomparsi prematuramente». Un timore comprensibile: la Toscana, con 17 tumori da amianto registrati fra i prof., è la regione più colpita. In compenso a Palazzo Vecchio, dove fino a un anno e mezzo fa era inquilino Matteo Renzi, qualcosa inizia a muoversi: il comune ha stanziato 12 milioni per demolire la “Dino Compagni”, altro edificio fatiscente e imbottito di amianto.

Come il “Leonardo” riaprirà regolarmente anche la “Giovanni Falcone” di Roma, che da quasi cinque anni attende la rimozione dell’amianto bianco contenuto nei pannelli attorno ai vani delle caldaie: un’intercapedine di decine di metri lungo il perimetro esterno degli edifici che ospitano elementari e medie. E a pochi passi dal giardino in cui giocano i bambini. Le prime segnalazioni risalgono al 2010-2011 e un sopralluogo effettuato a fine 2014 ha anche rilevato la presenza di fibre di amianto. Ma la bonifica non è mai partita.

Il motivo? Trattandosi di una spesa per investimenti, non sono mai stati trovati i fondi necessari. Un capolavoro di burocrazia con tanto di estenuante carteggio - e annesso rimpallo di responsabilità - fra gli uffici del Campidoglio e del municipio. Adesso Roma Capitale ha stanziato 100 mila euro, che però dopo otto mesi non sono ancora arrivati: «Ci hanno detto che sono ancora fermi alla Ragioneria del Comune, che poi li deve trasferire al Municipio» afferma Raffaele Delle Cave, padre di un bambina che quest’anno andrà in seconda e coordinatore del comitato Amianto della scuola: «Se avessero accelerato i tempi, avrebbero potuto approfittare della chiusura estiva. Invece passerà un altro anno ancora senza lavori».

L’AMIANTO NON C’È. ANZI SÌ
Non riaprirà invece i battenti l’elementare “Antonio Gramsci” di Alpignano, vicino Torino, che resterà chiusa perché “realizzata con materiali e logiche di costruzione superati con presenza di pannelli in cemento/amianto”. Una vicenda accompagnata da polemiche e timori che adesso è finita in Procura a seguito di un esposto. Una storia emblematica, a suo modo. Fino a qualche mese fa, infatti, l’edificio (costruito nel 1971) rientrava negli standard di sicurezza. Poi a giugno la decisione improvvisa di chiuderla per sempre: “razionalizzazione e riorganizzazione funzionale dei plessi”, spiega la delibera di giunta. Insomma, un problema economico. Ma basta questo per chiudere una scuola?

Perfino la preside, nel corso di una riunione tecnica, arriva ad affermare esplicitamente che non si capiscono le reali motivazioni. Così inizia a farsi strada il timore che in realtà ci siano rischi connessi alla presenza di amianto. Un passaparola che trova conferma ufficialmente a metà luglio, nell’ordinanza con cui l’ufficio tecnico fa retromarcia e limita la chiusura a quest’anno scolastico. E da una richiesta di accesso agli atti salta fuori anche un monitoraggio del 2013 in cui - pur riconoscendo “danni limitati” alle fibre di amianto, “difficilmente liberabili” - una società di ingegneria suggeriva “un intervento di rimozione quanto prima”.

Rimozione che adesso dovrebbe arrivare con gli intervenuti di manutenzione. «I timori in ogni caso restano» osserva il presidente del comitato genitori, Giovanni Quaranta: «Se adesso è necessario addirittura chiudere la scuola, possibile che fino a ieri andasse tutto bene?».

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