mercoledì 30 settembre 2015

Turchia, l’Hdp tende la mano ai repubblicani

  http://enricocampofreda.blogspot.it/
Nelle sorprese della politica, che scombussola situazioni sui più diversi panorami internazionali, ben s’inserisce l’apertura fatta dal co-presidente di quel gruppo che da mesi costituisce la possente novità del panorama turco: il Partito Democratico del Popolo. Cos’ha detto Selahattin Demirtaş di tanto stravolgente? Una cosa semplice che, nelle settimane successive al terremoto del voto di giugno che ha reso ingovernabile la Turchia erdoğaniana, alcuni analisti già dibattevano: se il Chp, maggior partito d’opposizione, e la nuova formazione democratica capace di portare in Parlamento 80 deputati unissero le proprie forze in una coalizione, all’orizzonte apparirebbe una componente che sfiora il 40% del voto di giugno. Percentuale ancora inferiore al 47% del Partito della Giustizia e Sviluppo e ai suoi 252 seggi, ma non lontana da una possibile alternativa, anche perché le consultazioni del 1° novembre possono rimettere in gioco i rapporti di forza fra i partiti. Durante un recente viaggio in Germania il leader dell’Hdp ha ricordato come i media vicini al governo avevano diffuso notizie diffamatorie verso di lui e la sua organizzazione. Nel mirino della stampa pro Akp i rapporti che intercorrono fra le leadership dell’Hdp e del Pkk, e pure le “vicinanze” della sinistra turca finita nel Partito Democratico del Popolo a taluni nuclei marxisti combattenti presenti nel Paese. Ne scaturiva la tesi, neppure tanto velata, di fiancheggiamento del terrorismo, che gli accusati rispediscono al mittente come una colossale mistificazione.
Stavolta il compassato Demirtaş è stato tranciante: o l’Akp cambia il suo gene oppure la Turchia dovrà sbarazzarsi di questo partito-regime. In tal senso va letta l’apertura, fino a qualche mese fa impensabile, nei confronti del partito repubblicano, dove l’anima socialdemocratica convive con una tradizione kemalista che ha nella centralità turca una pietra miliare da cui non è facile recedere. Con tutte le contraddizioni del caso. Certo, l’attuale gestione dell’alauita Kılıçdaroğlu, mostra un volto più conciliante verso la questione delle minoranze etniche, ma se il connubio fra i due partiti prenderà corpo sarà soprattutto la valutazione d’opportunità politica del momento a favorire un avvicinamento di sola coalizione. Comunque per i comportamenti presidenziali dell’estate i repubblicani hanno il dente avvelenato. Erdoğan s’era rifiutato di offrire al loro segretario un mandato consultivo, dopo che gli incontri condotti dal premier incaricato Davutoğlu si erano conclusi con un nulla di fatto. Voci di palazzo sostengono che il presidente-padrone fosse irritato dalla mancata visita dei membri del Chp alla sua nuova sontuosa residenza del quartiere di Beştepe ad Ankara. Il fatto seguiva le critiche che la componente laica della società turca ha rivolto al contorno ottomano del nuovo palazzo presidenziale che sorge su un’area di 300.000 metri quadrati, con tanto di Moschea dai quattro minareti e lussuosi arredi. Sebbene filmati e foto abbiano sminuito le dicerie sulla presunta rubinetteria d’oro dei servizi, le polemiche non si sono spente e fra repubblicani e rappresentanti del governo la tensione è alta.

Alcuni deputati del Chp ventilano una clamorosa protesta alla riapertura del Parlamento attesa per giovedì 1° ottobre, a un mese dalle consultazioni. C’è chi propone un’irriverente girata di spalle al presidente durante il suo discorso previsto per la riapertura della Camera. Col clima che si respira nella nazione, che ha avuto sanguinosi scontri fra fazioni con morti e feriti, sarebbe come gettare benzina sul fuoco. Eppure ciò darebbe ulteriori prospettive all’avvicinamento dei due partiti d’opposizione. Quel che fa riflettere è la linea dura mostrata dalla formazione di maggioranza sulla questione kurda. Mentre Demirtaş cerca nuove aperture alla pacificazione, incontrando a Strasburgo il segretario generale del Consiglio d’Europa, il ministro dell’Interno turco Akdoğan dichiara perentoriamente che “il processo di pace è diventato impraticabile. Anche volendolo rilanciare, non si può fare. Il vuoto di sicurezza aggravato da rapimenti e uccisioni di poliziotti ha creato una situazione di non ritorno”.  Lo stesso presidente, intervenendo sul tema, aveva detto che attualmente il processo è congelato per colpa di quei partiti che richiamano posizioni separatiste e terroriste. In una sistematizzazione di alleanze in funzione elettorale, bisognerà vedere se si muoverà anche la destra nazionalista del Mhp, che cova al suo interno il fascismo dei Lupi grigi. L’Akp, abituata a primeggiare non ha mai preso in esame ipotesi di appoggi. Anche i recenti incontri falliti per formare l’esecutivo non hanno introdotto novità e avvicinamenti. Solo su un punto i facinorosi dei due schieramenti si sono ritrovati: nel devastare le sedi dell’Hdp e di taluni giornali.

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