In mattinata il Parlamento di Mosca aveva approvato all'unanimità la richiesta di Vladimir Putin di supportare Damasco nella lotta contro i guerriglieri dello Stato islamico. L'ultima volta che Putin ha chiesto l'ok per inviare truppe all’estero è stato nel marzo 2014, prima dell'annessione della Crimea. Arabia Saudita contro il Cremlino: "Se fosse serio, dovrebbe aderire alla coalizione internazionale che già esiste".
La Russia ha dato il via alla campagna anti-Isis in Siria. Secondo una fonte dell’Amministrazione americana citata dalla Cnn, i caccia russi hanno effettuato il primo bombardamento aereo, che ha interessato la zona di Homs. “L’area non è sotto il controllo dello Stato Islamico”, hanno riferito ai media americani alti funzionari Usa i quali precisano di essere stati informati da Mosca un’ora prima degli attacchi. La risposta russa arriva per bocca di Vladimir Putin: “L’unico modo per combattere i terroristi in Siria era di agire preventivamente“, ha detto il presidente russo parlando a un incontro del governo. “Se i terroristi hanno successo in Siria andranno in Russia e Mosca non aspetterà che questo succeda”, ha detto Putin. Il quale ora si aspetta che Bashar al Assad avvii un colloquio con l’opposizione siriana: il regime deve assumere una “posizione attiva e flessibile” e deve essere pronto “per i compromessi nel nome del suo Paese e del suo popolo”, ha detto ancora il leader del Cremlino, aggiungendo che servono “le riforme politiche e il dialogo tra tutte le forze sane del Paese”.Mosca ha confermato che suoi aerei hanno compiuto i primi raid aerei in Siria, ma pilotati da militari siriani. A riferirlo è stato Yuri Yakubov, un responsabile del ministero della Difesa russo citato dall’agenzia di stampa Interfax. Secondo il funzionario, i bombardamenti hanno colpito obiettivi del gruppo terrorista Stato islamico. “Questi attacchi sono stati fatti d’accordo con le forze siriane e con l’aiuto del centro di coordinamento antiterrorista di Baghdad“, ha detto Yabukov, riferendosi al centro di scambio di informazioni allestito recentemente nella capitale irachena da Russia, Siria, Iran e Iraq per la condivisione di dati relativi all’Isis. “Nel corso dell’operazione aerea in Siria, i velivoli delle forze aeree e spaziali russe colpiscono attrezzature militari, centri di comunicazione, mezzi di trasporto, magazzini di armi, munizioni, carburanti e lubrificanti appartenenti ai terroristi dell’Isis”, riferisce il ministero della Difesa russo.
Il coinvolgimento di Mosca in Siria è per gli Stati Uniti una “opportunità“, ha detto il segretario di Stato John Kerry in un’intervista alla Cnn. Secondo il capo della diplomazia di Washington, la presenza dei militari russi in Siria può portare Mosca a trovarsi in una situazione “complicata“, con possibili ripercussioni sulla sua posizione circa la Siria e il presidente Assad.
In mattinata i Parlamento russo, riferisce Russia Today, ha approvato l’uso delle truppe in Siria come richiesto dal presidente Vladimir Putin. La richiesta si riferiva all’uso delle forze armate in Siria per combattere il terrorismo su richiesta del presidente siriano Assad. L’ultima volta che Putin ha chiesto al Senato russo il permesso di inviare truppe all’estero è stato nel marzo 2014 poco prima dell’annessione della Crimea. Durante la seduta odierna del Senato – riporta l’agenzia Tass – la richiesta è stata presentata ai parlamentari dal capo dell’amministrazione presidenziale Serghiei Ivanov, dal vice ministro degli Esteri Mikhail Bogdanov e dal vice ministro della Difesa Nikolai Pankov.
La Russia sarà “l’unico Paese” a intervenire militarmente in Siria contro l’Isis “nel rispetto del diritto internazionale“, ha affermato ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, perché la decisione di avviare i raid arriva in seguito alla richiesta di “assistenza militare” ricevuta dal presidente siriano Assad. Circostanza confermata anche da Damasco: l’ufficio stampa della presidenza siriana ha confermato che Assad ha avanzato la richiesta in una lettera inviata a Putin. In base al diritto internazionale, tali operazioni sono possibili solo sulla base di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu o su richiesta delle autorità legittime di un Paese interessato.
“I droni russi – ha riferito in mattinata la Cnn – hanno iniziato a individuare possibili obiettivi”. Di fatto, “quattro cacciabombardieri sono arrivati alla base di Latakia, dove ci sono oltre 600 soldati“. Russia e Stati Uniti sono tuttora allineati su posizioni contrapposte circa la crisi siriana: Putin sostiene Assad, Obama auspica invece una transizione politica. Ma secondo l’esperto militare Ivan Konovalov, “se ci sarà una coalizione unitaria – ha detto alla Reuters – o alla fine due coalizioni, una americana e una russa, dovranno coordinare le loro azioni”.
Da giorni piloti siriani su aerei militari russi stavano effettuando delle incursioni aeree contro degli obiettivi identificati dell’Isis. I raid, come ha detto il generale russo Iuri Iakubov, sono stati coordinati con il centro informativo a Baghdad a cui partecipano Russia, Siria, Iraq e Iran. E “le informazioni sulle incursioni aeree – ha precisato – sono state trasmesse anche ai rappresentanti americani nella capitale irachena”.
Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, almeno 27 civili, tra i quali 6 bambini della stessa famiglia, sono stati uccisi in raid dell’aviazione governativa siriana proprio nella provincia di Homs. I bombardamenti hanno preso di mira le cittadine di Al Rasatan e Talbisah e il villaggio di Al Zafaranah. Il bilancio sembra destinato ad aggravarsi perché alcuni civili sono rimasti gravemente feriti e altri sono ancora dispersi sotto le macerie. Il nuovo massacro è avvenuto dopo che ieri altri 37 civili, di cui 11 bambini, erano stati uccisi da un bombardamento aereo del regime su un mercato coperto della città di Al Mayadin, nella provincia orientale di Deyr az Zor, in una regione controllata dallo Stato islamico.
Ma chi attacca la scelta russa è l’Arabia Saudita, perché se Mosca fosse seria “sulla lotta al Daesh (acronimo arabo dell’Is, ndr)”, dovrebbe “aderire alla coalizione internazionale che già esiste”. Parole che il ministro saudita degli Esteri, Adel al-Jubeir, ha pronunciato a New York, a margine dell’Assemblea generale Onu, respingendo così la proposta russa di formare una coalizione internazionale che faccia fronte al sedicente Stato islamico, salvando però Assad.
Il ministro ha quindi invitato i partner internazionali a sostenere gli oppositori del regime e ha descritto l’Iran, alleato di Assad, come una “forza occupante”, che fomenta “il terrorismo e l’estremismo” in Siria e in tutta la regione. E ricordando che “non c’è futuro per Assad in Siria” e che “l’opzione della transizione militare è quella preferibile”, Adel al-Jubeir è stato categorico: il presidente siriano lasci il potere o la comunità internazionale ricorrerà all’”opzione militare” per mettere fine al suo regime.
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