lunedì 28 settembre 2015

Conti pubblici, tecnici Senato: “Governo ha fatto i conti senza aumenti Iva di Letta. E non dice come taglierà spesa”.

Conti pubblici, tecnici Senato: “Governo ha fatto i conti senza aumenti Iva di Letta. E non dice come taglierà spesa”Il servizio Bilancio di Palazzo Madama nota che nelle tabelle della nota di aggiornamento al Def è indicato solo il gettito che deriverebbe dagli aumenti di Iva e accise previsti dalla legge di Stabilità 2015. Mentre non c'è traccia di quelle contenute nella precedente manovra. In più non ci sono dettagli sulla spending review.

Il governo Renzi ha promesso che le famigerate clausole di salvaguardia, cioè gli aumenti automatici di Iva e accise destinati a scattare in assenza di coperture alternative, saranno disinnescate. Ma nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza ha indicato solo il gettito delle clausole previste dalla legge di Stabilità 2015, “dimenticandosi” di quelle introdotte dalla manovra precedente, firmata dall’ex premier Enrico Letta. In più, l’esecutivo non dà alcuna indicazione su dove e come intende tagliare la spesa pubblica per ricavare le risorse con cui coprire il promesso taglio delle tasse. A evidenziarlo sono i tecnici del Senato, che hanno passato al lentino il documento già oggetto di alcuni rilievi da parte dell’Ufficio parlamentare di bilancio. E chiedono “chiarimenti” a Palazzo Chigi.

I conti del governo senza le clausole di Letta - “Nel complesso”, scrive il servizio Bilancio di Palazzo Madama nel suo dossier, “le clausole di salvaguardia previste dalla legge di Stabilità 2015 (aumento aliquote Iva e aumento accise oli minerali per la mancata autorizzazione della Commissione europea sul reverse charge al settore della grande distribuzione) e dalla legge di Stabilità 2014 (variazione di aliquote d’imposta e detrazioni vigenti) determinerebbero un gettito pari a circa 16,8 miliardi nel 2016, a 26,2 miliardi nel 2017 e di poco inferiori a 29 miliardi nel 2019″, ma “il gettito complessivo indicato dalla Nota sembrerebbe attribuibile alle sole clausole di salvaguardia disposte dalla legge di Stabilità 2015″. La Nota “evidenzia l’impegno a bloccarne l’attivazione, per evitare che la ripresa economica in atto e il processo di attuazione delle riforme strutturali iniziato vengano frenati da misure restrittive“. Però “nella parte discorsiva del documento sono richiamate anche le disposizioni contenute nella legge di Stabilità 2014″, mentre “l’ammontare complessivo degli effetti indicati non sembrerebbe includere quelli attribuiti a tali ultime disposizioni”. In particolare, la tabella sulle clausole non tiene conto degli aumenti Iva e della riduzione delle agevolazioni fiscali previste dalla finanziaria per il 2014, che valgono 3,2 miliardi annui per il 2016 e 6,2 dal 2017 . La conclusione è che “sarebbe utile acquisire un dettaglio delle clausole di salvaguardia cui la Nota fa effettivo riferimento” e “andrebbero fornite ulteriori indicazioni in merito agli effetti finanziari attribuiti all’applicazione del reverse charge nella grande distribuzione, tenuto conto della mancata approvazione da parte della Commissione europea”.
Spending review troppo fumosa: “Nessuna informazione su dove e quanto si taglia” - I tecnici del Senato rilevano poi che insieme all’indicazione “puntuale” delle misure che il governo intende mettere in campo con la prossima legge di Stabilità “sarebbe opportuno” chiarire “il nuovo profilo” della spending review. Il governo, osservano, “elenca le finalità alle quali destinare le risorse” che andranno nel 2016 a “misure di alleviamento della povertà e stimolo all’occupazione, agli investimenti privati, all’innovazione, all’efficienza energetica e alla rivitalizzazione dell’economia anche meridionale”, al “sostegno alle famiglie e alle imprese anche attraverso l’eliminazione dell’imposizione fiscale sulla prima casa, i terreni agricoli e i macchinari cosiddetti ‘imbullonati’, all’azzeramento delle clausole di salvaguardia”. Per il 2017 poi “si prevede una riduzione della tassazione gravante sugli utili aziendali, con l’obiettivo di avvicinarla agli standard europei e di accrescere l’occupazione e la competitività dell’Italia nell’attrarre imprese ed investimenti”. Quanto alle coperture, “il governo afferma che al finanziamento delle misure descritte e al miglioramento qualitativo della spesa contribuiranno in misura prevalente la riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica”. Peccato che la Nota non confermi l’intenzione di tagliarla di 10 miliardi, come il commissario Yoram Gutgeld e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ripetono da mesi. Anzi, “per il 2016 è prevista l’adozione di un profilo più graduale di tali misure di risparmio”. Quindi “sarebbe opportuno che tale affermazione fosse supportata da indicazioni qualitative e quantitative in ordine alla tipologia e all’entità delle misure di revisione della spesa e alla fonte delle ulteriori risorse necessarie al finanziamento complessivo delle misure descritte”.
“Chiarire se il gettito dal rientro dei capitali è già tutto impegnato” - Infine ce n’è anche per la norma sul rientro dei capitali dall’estero. Mentre il governo si appresta a prorogare da fine settembre a fine novembre i termini per l’adesione, i tecnici notano che “sarebbe utile chiarire se la quota di risorse utilizzata” con il decreto Milleproroghe “esaurisca o meno l’ammontare complessivo delle entrate” che si prevede di incamerare. Nella nota di aggiornamento del Def la stima di gettito indicata è 671 milioni nel 2015 e 18 nel 2016, quanto la clausola di salvaguardia del governo Letta che il Milleproroghe prevedeva di sterilizzare proprio con gli incassi dal rientro dei capitali.

Nessun commento:

Posta un commento