Gli abiti usati raccolti nei contenitori gialli? Finiscono un po' dappertutto, fuorchè in beneficienza. Almeno a Roma.
Secondo l'Autorità infatti le informazioni date ai consumatori sui cassonetti e sul sito internet dell'Ama facevano pensare alla beneficienza mentre, dall'inchiesta della Procura di Roma, è emerso un uso commerciale. È risultato in particolare che i consorzi Sol.co. e Bastiani hanno apposto sui cassonetti stradali di loro proprietà diciture ingannevoli quali "i materiali in buono stato saranno recuperati come indumenti", "grazie per il vostro aiuto", "aiutaci ad aiutare", idonei - secondo l'Autorità - ad alterare il comportamento economico del consumatore. Messaggi che facendo pensare a una raccolta per beneficienza ha quindi spinto i cittadini a consegnare i propri abiti.
L'Antitrust ha invece accertato che gli indumenti raccolti hanno prendono invece una strada ben diversa. Come spiega il provvidmento dell'Antitrust
"Gli indumenti non più riutilizzabili, pari al 5%, vengono inviati in discarica, gli altri, nella misura del 35%, vengono destinati al processo di rifilatura e a quello di produzione di pezzame per il settore industriale. Il restante 60% viene sottoposto ad un processo di sanificazione, al termine del quale gli indumenti usati perdono la qualifica di rifiuti e acquisiscono quella di “materia prima seconda”. La capacità di sanificazione è concentrata in Campania (che serve il Centro-Sud) e in provincia di Prato (che serve prevalentemente il Nord).
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