Tutto questo non riesce più ad esprimersi attraverso il politico, una dimensione del tutto scomparsa o degenerata in chiacchiera televisiva ( vedi sardine o questione del numero dei parlamentari) che non riesce a suggerire e a visualizzare soluzioni reali.
Anzi crea mostri come gli accaparramenti alimentari da una parte e la speculazione selvaggia dall’altra, ma soprattutto piani come l’ultimo partorito dal governo che di fatto sopprime la Costituzione e costringe i cittadini a rimanere a casa, a non spostarsi, a non fare vita sociale e collettiva, a non manifestare, salvo che per andare al lavoro, il che naturalmente toglie al provvedimento qualsiasi utilità pratica nel contenimento dell’epidemia influenzale, ma diventa prova generale per la soppressione della democrazia, esperimento per vedere fino a che punto ci si può spingere. I singoli, ignari che la normale influenza fa una strage annuale di migliaia di persone, semplicemente perché nessuno glielo ha mai detto – non sarebbe buona cosa per la produttività e i profitti – hanno trovato in tutto questo il modo di esprimere non una paura, ma tutta la paura e l’impotenza che hanno accumulato negli anni del declino.
Da quanto tempo questo Paese non è più in grado di esprimere una propria soggettività culturale, che rimane sepolto sotto montagne di merda americana, che si dedica esclusivamente all’imitazione modaiola di bassa lega, che ha bisogno disperato di tutela perché non riesce ad uscire dal proprio nulla? Se qualcuno pensa che le reazioni scomposte a cui assistiamo, compresa la ribellione pretestuosa e tragica delle galere non abbiano a che fare con questo sbaglia di grosso: non abbiamo di fronte un virus, abbiamo di fronte un fallimento più grande. Che in maniera isterica e sproporzionata ai fatti riproduce il fallimento umano del neo liberismo, ma anche il suo continuo sforzo di tramutare le situazioni di emergenza in occasioni per radicare ancora di più il suo potere: qualche anno fa Naomi Klein espose in un libro la “dottrina dello choc”, ovvero il modo con cui le ricche elite occidentali usano la confusione causata da catastrofi economiche e di altro tipo per forzare rapidamente una legislazione a favore del libero mercato che altrimenti incontrerebbe un’opposizione diffusa e coordinata. E infatti nei giorni scorsi il Bank Policy Institute, un’organizzazione di lobby con sede a Washington che rappresenta molte delle più grandi banche americane, ha pubblicato una serie di proposte, la più importante delle quali raccomanda che la Federal Reserve riduca a zero i requisiti di capitale. Ciò significherebbe che le banche potrebbero prestare un importo illimitato senza disporre di attività o ricchezza per sostenerlo: questo aiuterebbe l’America a combattere il Covid 19.
E’ abbastanza ovvio dunque che l’ apocalizzazione dell’epidemia influenzale favorisce il potere spostando su una malattia da virus, non molto diversa dall’influenza il male sociale: nel Paese nel quale le lobby vorrebbero togliere qualsiasi argine allo strapotere finanziario ( quale migliore proposta per le banche in crisi in tutto l’occidente), mentre nessuna emergenza si crea per il fatto che 37 milioni di americani non sono in grado di procurarsi il cibo e debbano ricorrere all’assistenza pubblica. Ma è ovvio che la stampa e la classe politica siano in gran parte disinteressate in primo luogo perché le vittime di tali condizioni sono povere e non contano nulla nemmeno come acquirenti dei servizi informativi, ma in secondo luogo perché sono le vittime dirette di un sistema che assegna risorse, tra cui le più elementari, come cibo e alloggio, sulla capacità di pagare, piuttosto che sulle necessità vitali. Pertanto, evidenziarli sarebbe un’accusa al capitalismo stesso. Il Covid al contrario può anche attaccare i ceti privilegiati e di comando, anzi soprattutto quelli perché i loro membri sono abituati a viaggiare tanto e a frequentare ambienti e compagnie variegate: così sebbene la sua gravità non sia poi così preoccupante, si tratta di un rischio intollerabile per chi si sente al di sopra di ogni cosa. Ho la netta sensazione che quando ci dicono di rimanere a casa, salvo fare folla sugli autobus e sui metrò per andare al lavoro, non è principalmente per il nostro bene, ma soprattutto per quello di chi ce lo impone. Dopotutto siamo di fronte a un virus di alta classe.
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