Dicono le statistiche che l’età media dei residenti veneziani, Terraferma compresa, si aggiri intorno ai 50 anni.
Anna Lombroso
Ma chiunque si sia preso la briga di visitare la città, non a settembre durante il Festival, non a maggio quando inaugura la Biennale, non a luglio quando cade la festa del Redentore, che commemora peraltro la fine di una pestilenza, con doverosa erezione di un tempio, non a febbraio durante i Carnevale, ha potuto verificare che i coraggiosi resistenti all’espulsione hanno un’età ragguardevole.
Così fino a ieri chi si avventurasse per strada sfidando le restrizioni di contrasto al virus ne avrebbe incontrati molti, in fila davanti ai caffè a numero chiuso, ai bacari dove ci si consola con lo spritz delle 10 di mattina, alle farmacie che si sono munite di lastre di plexiglas definite dagli indigeni barriere antisputo, che per una popolazione anziana rappresenta un irrinunciabile luogo della socialità: ci si fa leggere il risultato delle analisi, ci si fa misurare la pressione, si scambia una chiacchiera con altri clienti che presentano analoghe patologie.
Deve essere circolata la voce che sono il target a rischio, non a causa del virus, ma della conseguente selezione che li escluderà necessariamente dai trattamenti salvavita, destinati a altri segmenti di pubblico più meritevole per età, previsione di vita, contributo al bilancio del Paese.
Per carità succedeva anche prima, anche prima dell’epidemia e anche prima che venisse richiesto a gran voce da personalità governative e autorevoli esponenti di prestigiose istituzioni, ma che adesso venga proclamato trovando tacito consenso, ha suscitato una ribellione generazionale.
Così li vedi circolare audacemente, a scopo dimostrativo della loro irriducibile giovanile baldanza e della loro capacità di sopravvivere all’abbandono consigliato a congiunti da un sistema che aveva già pensato a farne dei molesti sopravvissuti nella loro città passibili di sfratto, espropriati di servizi cui hanno contribuito in tutta la loro vita con tasse e lavoro, vanno in giro spericolatamente tutti dotati di carrello per la spesa o sacchetto del supermercato vuoto in sostituzione di una autocertificazione, a testimoniare che sono fuori spavaldamente per fare la spesa, secondo le prescrizioni governative.
Invece l’autocertificazione già da ieri serviva ( in certi casi anche lo scontrino virtuale della spesa non ancora fatta) a insegnanti e lavoratori che percorrevano il Ponte della Libertà, fermati dai militari dell’operazione Strade Sicure, mitra imbracciato, che fermavano i mezzi pubblici stipati all’infuori dell'area di sicurezza dell’autista, per controllare che si trattasse di abilitati a andare nel posto di lavoro e non di irresponsabili gitanti che approfittavano della inattesa vacanza.
Lo stesso succedeva alle porte di Roma e di altre città, mentre altre forze di sicurezza erano impegnate a sedare tumulti fuori da Carrefour o da Conad, presi d’assalto come i forni nei Promessi Sposi.
Così da oggi le “autorità” comprese del fatto che ogni incidente della storia pare destinato a diventare un fenomeno di ordine pubblico, nel condannare le esuberanze della marmaglia che pare geneticamente incapace di attenersi ai comandi e alle regole, sono passate a provvedimenti più estensivi e severi, a evidente scopo pedagogico.
Rispondendo così alle tante obiezioni venute anche dalle forze dell’ordine che si erano addirittura premurate di licenziare le loro “che nascono nell’interesse della comunità e non dei bisogni del singolo”, ispirate alla semplificazione che come si sa è un principio che trova d’accordo tutte le forze in campo, trattandosi di solito di scorciatoie, aggiramento di misure scomode, licenze accordate per non penalizzare redditività e libera iniziativa.
Sotto l’ombrello salvifico del “tutti a casa” hanno infatti indicato quello che non si poteva già fare, quasi tutto, salvo lavorare e ammalarsi, e le poche deroghe: non è permesso uscire per una passeggiata, o per andare a trovare un amico, tanto che la popolazione più avveduta pare abbia già provveduto a segnalare in chat secondo una certa indole alla delazione presente nella nostra autobiografia nazionale, il vicino trasgressore che cazzeggia per strada.
Le visite ai genitori anziani sono consentite solo per portare loro assistenza nel caso siano malati, mentre è severamente vietato l’affettuoso e temerario conforto. Era ancora tollerato che si esca rasente i muri per approvvigionarsi di generi alimentari, cui viene concesso si aggiunga l’acquisto per la sostituzione della “lampadina fulminata” e niente di più. Particolare comprensione viene dedicata ai possessori di animali domestici, che potevano “uscire il cane” come ormai direbbe anche la Crusca, purché nel rispetto delle necessarie distanze, almeno un metro, la stessa prevista per chi ostinatamente voleva fare jogging al tempo del colera, attività moralmente più perdonabile dell’andare a spasso senza meta, tanto è vero che si erano visti vigili intransigenti redarguire isolate mamme solitarie che avevano condotto i figli in smunti giardinetti urbani.
Ma non bastava: la creatività di un popolo di navigatori e poeti in certe fasi rappresenta un rischio, e per contrastarlo pare obbligatorio istituire la figura superiore di un valido spiccia faccende, un Wolf che metta un po’ di ordine in attesa della cui individuazione è necessario andare per le spicce.
Ecco fatto: fino al 25 marzo, negozi al dettaglio, bar, ristoranti chiusi. Supermercati aperti ma con ingressi contingentati, ambulatori dei medici di base e di analisi aperti al pubblico, al contrario dei pronto soccorso che hanno altro da fare che accogliere eventuali infartuati, così come case di riposo e hospice. Buone notizie per i fumatori invece: le tabaccherie saranno aperte in veste di esercizi di pubblica utilità, anche nella loro veste di distributori di gratta e vinci, come gli autogrill a beneficio di proprietà che hanno dimostrato il loro istinto a prodigarsi per la collettività, limitate invece le passeggiate fisiologiche col cane a percorsi sotto casa.
Chiese aperte per la preghiera ma vietati a matrimoni e funerali, mentre non si sa nulla dei battesimi.
Mentre il personale precario dei pony, dei fattorini, quello che lavora presso l’aborrito Amazon viene promosso a colonna insostituibile e benefattore della società, ci sarà una certa severità per quanto riguarda altri uffici: chi ci lavora dovrà certificare di essere costretto alla presenza, in considerazione del fatto che non si è adeguato alle opportunità offerte dallo smart working, come ha fatto ad esempio l’Inps che grazie alla rivoluzione informatica ha costretto centinaia di migliaia di pensionati a diventare nativi digitali per ottenere in tre o quattro mesi i due pezzi di Pin, indispensabili per ogni proceduta. Le poste così come gli altri servizi di sportello, dovranno praticare lo scaglionamento oculato di chi per sua insipienza non si è ancora attrezzato per i pagamenti online, e ogni comune infine deciderà come agire in materia di trasporto pubblico, limitando le corse allo “stretto necessario”.
A leggere i nuovi comandamenti si capisce meglio l’identikit del “commissario” tanto auspicato, più poliziotto che manager, anche se a guardare il curriculum dei candidati, ci sia da ritenere che costituisca titolo di merito per le mansioni di protezione civile un piglio militaresco che ha riscosso indulgenza per legittimi bisogni virili.
Servirà qualcuno che abbia i requisiti per mantenere l’ordine facendosi strada tra misure governative universalmente accusate di essere pasticciate, tardive e troppo poco rigide ma al tempo stesso lesive dei principi costituzionali e dunque potenzialmente oggetto di ricorsi e impugnazioni, come ha osservato Carlo Nordio che non ha perso occasione per riservare ammirazione al popolo cinese, benchè, ha osservato, se non fosse intriso dell’ideologia comunista e collettivista avrebbe forse evitato la diffusione dell’epidemia.
Perché tocca anche sentire che ci si preoccupa dell’incompatibilità costituzionale di certe misure, ma si invoca uno stato di eccezione con annesso esercizio di poteri straordinari per poterle applicare senza contestazioni anche a “costo dell’impopolarità”.
Altro fantasma che viene evocato a intermittenza, benchè non abbia mai preoccupato nessun governo e nessuna maggioranza, visto che non esiste praticamente più quella verifica dell’efficacia costituita della elezioni, ormai ridotte a sigillo normale di liste e candidature precostituite, che i programmi sono un arcaico avanzo del passato, perché una volta eletti i decisori possono rivendicare che non hanno i mezzi per agire per via di voragini di bilancio, di vincoli imporsi e accettati supinamente, sicchè popolare è un termine all’indice per la sua contiguità con il deplorato populismo e impopolare va a definire qualcosa che esplicitamente si commette volenti o nolenti contro i cittadini.
Eh si, il contagio c’è stato, quello della accettazione acritica dello stato di emergenza che esonera dalle responsabilità di passato e presente, così se osi richiamarle insieme alla obbligatorietà di considerare una unica lezione che dovrebbe venire da questo accidente è che quella che ci mostrano come una piccola apocalisse che segna una frattura col passato, sia non ripristinarlo con le sue tremende disuguaglianze e le sue iniquità, passi da disfattista a sciacallo.
Ma anche quello per il quale si alza come un coro non abbastanza muto che chiede l’uomo forte, come se non bastassero le regole forti anzi ferree, che avrebbero facile esecuzione solo in un tessuto sociale non devastato come il nostro, dove alla cancellazione dei servizi e dei diritti ha corrisposto quella del senso di responsabilità e della solidarietà.
A proposito, è concesso alle edicole di restare aperte per garantire l’informazione.
E’ una misura opportuna: in tempi di carestia vien buono un uso improprio della stampa in forma cartacea, acquistata con regolare autocertificazione.
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