venerdì 27 marzo 2020

Peccato di vecchiaia.


per fido 
 
ilsimplicissimus Anna Lombroso

Secondo loro, convinte che il tempo è una molesta convenzione che non riguarda ceti superiori e intoccati da privazioni, malattie e stenti  La longevità è diventata un nemico, se non da combattere, almeno da rendere inoffensivo: troppe spese per lo stato in pensioni e assistenza sanitaria”, e anche: “Se si va in pensione prima, quando si è ancora in buona salute, è un costo, perché qualcuno te la deve pagare….”, così  un  accorciarmento della vita media favorirebbe aiutarebbe gli investitori professionali a trovare degli asset più affidabili.
L’ipotesi è suggestiva, ma in realtà tutto era cominciato ben prima del Covid19, con i tagli alla spesa sanitaria statale, la privatizzazione selvaggia dell’assistenza (invidiata in tutto il mondo che la vuole imitare, poco più di un anno si è formata una triplice alleanza senza precedenti, tra Amazon, Berkshire Hathaway e JP Morgan, grazie a  una società indipendente monopolistica, nella quale JP Morgan promuove i fondi per una prossima bolla sanitaria delle finanziarie del settore, Berkshire Hathaway copre il comparto assicurativo, mentre Amazon coprirà la catena dal produttore al consumatore grazie alla sua distribuzione capillare), con la fine della prevenzione, della diagnostica garantita, delle cure dentarie presentate come un lusso in regime esclusivo a beneficio di pochi selezionati per appartenenza sociale o etnica (dobbiamo all’ex presidente Hollande il conio della definizione sans dents), della sostituzione del Welfare pubblico con quello aziendale contrattato dai compiacenti sindacati che, in carenza di rappresentatività, si sono convertiti a fare gli investitori professionali e i piazzisti di fondi speculativi, fondi pensione, risparmio gestito, hedge fund.

E quando tramite ricatti e intimidazioni diventati sistema di governo e intesi a rompere antichi patti generazionali, si sono criminalizzati e poi puniti gli anziani.

Si, i vecchi sono colpevoli, colpevoli di vivere troppo a lungo, di essere in troppi rispetto alla popolazione attiva (è stato Boeri a “denunciare” che per ogni pensionato c’è solo un lavoratore virgola tre, come se fosse da imputare agli empi over 65 la fine del lavoro e dell’economia produttiva, le delocalizzazioni, di godere di “benefici” assistenziali e non di retribuzione e diritti maturati, di aver dissipato risorse, preteso troppo, dilapidato indebitamente ricchezze, consacrando una interpretazione del merito nella fissazione dei requisiti e dei talenti per vincere la gara della competitività, giovinezza, ambizione, arrivismo, affiliazione e fidelizzazione all’ideologia dominante.

Ormai siamo posseduti da un pensiero macabro che toglie ogni possibilità al sopravvento della ragione e alla consolazione che ne potrebbe derivare, vittime tutti di qualcosa descritto come incontrastabile, imprevedibile e incontrollabile, così i vari approcci ( la sottovalutazione, l’allarmismo terroristico, le restrizioni e perfino la cosiddetta  immunità di gregge) finiscono per rispondere ad una stessa esigenza, quella che non venga rivelato il tracollo dei sistemi sanitari statali  distrutti da tagli in modo da delegare l’assistenza ai privati.
E che venga di conseguenza legittimata una pratica finora applicata senza che venisse apertamente ammessa, effetto dell’egemonia culturale e politica della pragmatica “necessità”.
Lo sapeva già chiunque avesse avuto un congiunto anziano, chi aveva effettuato un tetro test sulle condizioni di inevitabile trascuratezza cui veniva lasciato in ospedale ma pure nelle case di riposo, chi aveva dovuto subire il mantra del “se ne faccia una ragione, suo padre/ sua madre, ha fatto la sua vita”, chi ha avuto conferma che le graduatorie per cure e diagnostica, per non parlare dei trapianti e di interventi delicati, sono sottoposte a criteri arbitrari, che accudimento e cure in condizione di invalidità sono accessibili solo a chi se le può pagare.

Ma è oggi che la seleziona malthusiana è autorizzata, suggerita se non raccomandata, come esito inevitabile di una scelta fatale che è doveroso accettare e che interessa sia gli anziani che hanno garantito una economia assistenziale domestica al sistema, quelli i cui risparmi  hanno attutito gli effetti della crisi, sia quelli in situazione di bisogno, soli, esposti, tutti ugualmente esclusi dalle terapie intensive e dall’accesso ai dispositivi salvavita per la colpa di possedere “minori aspettative di vita”, dopo essere stati oggetto della propaganda della giovinezza assicurata a ogni età.

Così non deve stupire che  la mortalità sia più alta  nelle regioni di governatori che davano la colpa ai cinesi che mangiano topi vivi e convivono con i pipistrelli, dove la salute è stata un brand propizio per corruzione, speculazioni e consegna della cura e della ricerca ai privati (Bertolaso ha scelto prudentemente di essere ricoverato al San Raffaele), dove la più elevata concentrazione di industrie e grandi opere a fortissimo inquinamento da polveri sottili, che provoca la morte di  almeno 40.000 persone, elevando il rischio sistemico e abbassando le difese immunitarie di decine di migliaia di soggetti perlopiù anziani che soffrono di broncopatie, insufficienze respiratorie, cardiopatie.

Sono i vecchi di zone dove una volta vigeva il rispetto per i patriarchi, che ai nostri tempi vengono assimilati ai dannati del neoliberismo, tutti condannati come immeritevoli di vivere, insieme ai destinatari di misure di ordine pubblico e di leggi marziali, senzatetto, lavoratori precari e irregolari senza autorizzazioni.
È a quegli anziani che si è riferito con la sua sentenza di morte Giavazzi economista e accademico della Bocconi e già responsabile dal 1992 al 1994, non a caso, della ricerca economica, gestione del  debito pubblico e delle privatizzazioni al Ministero del Tesoro, quando ha risposto affermativamente e senza esitazioni alla domanda di quel bel tomo di Giuliano Ferrara: “sarebbe migliore o comunque senza alternative civilmente superiori un mondo scremato di chi non ce la fa a resistere a una pandemia di polmonite che strozza le vie respiratorie con la violenza del coronavirus?”.
Il suo si! deve avere avuto un effetto liberatorio per i profeti del liberismo, che hanno fatto tesoro del contenuto del  documento  della Siaarti ( Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva), (ne ho scritto qui: https://ilsimplicissimus2.com/2020/03/11/sotto-il-tendone-del-circo/ )   in cui si affermava  che “può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in terapia intensiva”, che fingono che non occorre fare differenze d’età nella contabilità dei morti, in modo da non essere costretti a distinguere tra “decessi per virus” e “decessi con virus”, in modo da accreditare l’ipotesi che la falce della pestilenza mieta vite giovani e anziane, “sane”  e già toccate da altre malattie, come una livella, in modo che diventi ammissibile per ogni individuo porsi il dilemma di chi ha il diritto naturale di essere salvato, quando dovrebbe essere dovere della società, dello stato, della democrazia secondo gli imperativi della sua Carta costituzionale tutelare la vita e la salute di tutti.

Adesso poi sugli  strati sociali più poveri, sui lavoratori “manuali”, in barba alla magnificenza di uno sviluppo che avrebbe dovuto liberare dalla fatica, sui precari ricattati che hanno difficoltà anche a autocertificare anche l’obbligatorietà del rischio cui sono costretti a sottoporsi, su quelli più esposti e predisposti, quindi gli invalidi, i portatori di handicap e i disabili, gli anziani ricadono anche gli effetti immediati delle misure governative di “contenimento”, quelle che sarebbero accettabili e attuabili solo in un tessuto sociale forte, coeso e dotato di servizi efficienti, abbandonati, soli, affamati, terrorizzati dalla fine dei risparmi, dal distacco della corrente, dalle rate inevase, dall’affitto non pagato, come le loro le badanti irregolari che non possono e hanno paura di assisterli.
Come succede sempre quando i più vulnerabili e i più ricattati diventano chi carne da cannone e chi gente a perdere.
Se ne ricordino quelli che ci parlano di orgoglio nazionale, dell’unità solidale di tutti, della rivoluzione morale che si sta realizzando, della possibilità che quello che abbiamo perso in beni si stia guadagnando in solidarietà e coesione  sociale.
Verrebbe da dire mondo cane, ma cane, si sa, non mangia cane.

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