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E così siamo arrivati alla “tempesta perfetta”: epidemia infettiva
(prossima alla pandemia), blocco della nostra economia, Europa in
stallo, recessione mondiale alle porte.
Gli impatti economici del Coronavirus sono al momento difficili da
stimare, e qualunque stima del momento corre l’alto rischio di dover
essere rivista al ribasso in poco tempo. Certo è che essi colpiscono
un’economia già enormemente indebolita da anni di austerità, rivelatisi
peraltro inutili a conseguire l’obiettivo che l’austerità stessa si
prefiggeva: ridurre la fragilità finanziaria del Paese.
La decisione, presa dal Governo nella sera del 10 marzo, di mettere
in quarantena l’intera nazione rende non ulteriormente procrastinabile
la necessità di agire.
Si invocano a gran voce interventi di emergenza che evitino il
peggio. Ma i vincoli del sistema dell’euro, nel suo assetto corrente, e,
ancor più, il rischio d’insostenibilità finanziaria del Paese agli
occhi dei mercati che dovrebbero finanziarne ulteriori dosi
d’indebitamento, non lasciano margini di manovra minimamente adeguati
alle dimensioni del problema. Oltretutto, interventi di emergenza non
eviteranno il crollo del PIL e causeranno un ulteriore peggioramento
della situazione debitoria del Paese, esponendo ancor più la nostra
economia al volere dei mercati.
L’unica forma d’intervento attuabile sull’emergenza italiana, che
peraltro avrebbe pure il merito di prevenirne le possibili ripercussioni
sulla tenuta dell’euro, è l’immissione massiccia e prolungata
nell’economia italiana di nuova capacità di spesa sotto forma di Moneta
Fiscale.
Lo scrivente gruppo di lavoro ha elaborato uno strumento d’intervento
molto potente: i CCF (Certificati di Compensazione Fiscale). Il
progetto CCF ha dato origine a una proposta di legge, sottoscritta da
una novantina di parlamentari M5S e attualmente all’esame del Senato.
I CCF sono titoli che danno diritto, a partire da due anni dopo la
loro assegnazione, a ridurre pagamenti verso l’erario di importo pari al
valore facciale dei CCF stessi. Sono in pratica dei “BTP fiscali” a due
anni. Tuttavia – e questo è di fondamentale importanza – essi non
rientrano nella classificazione degli strumenti di debito pubblico, in
quanto non comportano per lo Stato che li emette alcun obbligo di
rimborso a scadenza, né impattano sul saldo di bilancio al momento della
loro emissione.
Incorporando un beneficio certo a termine (lo sconto fiscale), i CCF
hanno valore fin dal momento della loro emissione (nonostante l’utilizzo
per ridurre i pagamenti verso l’erario sia differito).
Possono essere emessi dallo Stato e assegnati gratuitamente, per
attuare una serie amplissima di azioni: integrazione di redditi,
riduzione del carico fiscale alle imprese, spesa sociale, investimenti
pubblici. E naturalmente anche per finanziare le azioni di contrasto
alla crisi sanitaria prodotta dal Coronavirus.
Una forte emissione di CCF consentirà di rivitalizzare la domanda, la
produzione e l’occupazione. La ripresa del PIL gradualmente produrrà
anche la crescita del gettito fiscale lordo, il che compenserà
l’utilizzo dei CCF nel momento in cui questi giungeranno a scadenza e
verranno usati per ridurre pagamenti verso l’erario.
L’emissione di CCF potrà essere espansa a condizione che le quantità
che annualmente diventano utilizzabili rimangano una modesta frazione
degli incassi totali lordi della pubblica amministrazione. Diversamente,
l’uso dei CCF per ridurre pagamenti verso la P.A. diverrebbe vischioso e
ridurrebbe il loro valore rispetto a quello dell’euro.
Ma il problema, in ogni caso, non si porrà, in quanto il progetto CCF
prevede emissioni massime annue intorno a 100 miliardi: una quantità
modesta rispetto agli incassi lordi annui del settore pubblico (oltre
800), e tuttavia più che sufficiente a produrre una forte ripresa
dell’economia. Tale flusso di nuova capacità di spesa, sostenuto e
prolungato, invertirà le aspettative negative, stimolerà energicamente i
comportamenti di spesa, restituirà finalmente quelle prospettive di
ripresa che da anni, e oggi più che mai, sono assenti dall’orizzonte di
tutti gli Italiani.
L’introduzione dei CCF andrà effettuata comunicando al mercato che,
grazie alla disponibilità di questo nuovo strumento, il debito pubblico
(quello da rimborsare in euro) diminuirà costantemente, anno dopo anno,
in rapporto al PIL, perché sarà il modo (in realtà l’unico oggi
possibile) per far tornare a crescere il PIL.
I mercati finanziari vedrebbero invertirsi la tendenza alla crescita
del rapporto debito pubblico/PIL, che oggi li preoccupa perché implica
un rischio di default (essendo debito non garantito dalla potestà di
emissione dello Stato o della sua banca centrale).
Per attuare il progetto CCF non occorre aprire alcun tavolo negoziale
con la UE, né chiedere nulla a nessuno. I CCF possono essere introdotti
per iniziativa autonoma del Parlamento e del Governo italiani.
Essi permettono di disporre di una “potenza di fuoco” adeguata non
solo a contrastare gli effetti economici del Coronavirus, ma anche, una
volta per tutte, a risolvere le disfunzioni dell’Eurozona a danno
dell’Italia e a farne ripartire l’economia.
10 marzo, 2020
Il Gruppo della Moneta Fiscale
Biagio Bossone
Marco Cattaneo
Massimo Costa
Stefano Sylos Labini
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