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IL VIA LIBERA ALLA CONTESTATA RIFORMA DEL FONDO SALVA-STATI È
ALL’ODG DELL’EUROGRUPPO. M5S E CENTRODESTRA CHIEDONO UN RINVIO. MELONI:
“CONTE HA DETTO CHE NON FIRMERÀ”. IL TESORO: “NO COMMENT”
(di
Marco Palombi – il Fatto Quotidiano) – Quando a dicembre Roberto
Gualtieri tentava di convincere i recalcitranti 5 Stelle a non fare
casino sulla riforma del Meccanismo di stabilità europeo, il vecchio
fondo salva-Stati noto con l’acronimo Mes, diceva in sostanza: ma perché
intestardirsi a fare la guerra su una cosa che non riguarderà mai
l’Italia? Curioso che a pochi giorni dall’Eurogruppo che dovrebbe dare
il via libera definitivo alla riforma del Trattato da parte dei ministri
delle Finanze dell’Eurozona – così sostiene l’ordine del giorno di
lunedì 16 marzo – si sia invece creata la situazione perfetta per far
diventare l’Italia “cliente” del Mes: il Paese fermo che perde ogni
giorno pezzi di Prodotto interno lordo, rischi serissimi per le imprese e
il settore bancario, terrore sui mercati.
È anche per questo che l’ex fondo salva-Stati è tornato di moda. Ieri
le opposizioni di centrodestra, durante l’incontro con Giuseppe Conte a
Palazzo Chigi, hanno chiesto che l’Italia faccia rinviare
l’approvazione a data da destinarsi: prima si discute di cosa fare per
l’emergenza coronavirus e poi si vede. Secondo Giorgia Meloni, peraltro,
“il presidente del Consiglio ci ha dato la sua parola che non sarà
firmato, quindi confido in un rinvio”. Si vedrà, visto che ieri il
Tesoro – richiesto della sua posizione – s’è trincerato dietro a un “no
comment”.
E dire che non è solo il centrodestra a chiedere il rinvio: negli
ultimi due giorni anche molti parlamentari dei 5 Stelle e persino
Alessandro Di Battista hanno avanzato la stessa proposta pubblicamente.
Se si aggiungono le perplessità di LeU sulla riforma del Mes ne vien
fuori che il Parlamento stia chiedendo all’esecutivo di pretendere un
rinvio sine die della questione: tanto più che la risoluzione di
maggioranza approvata a dicembre prevede tanto “la coerenza della
posizione del governo con gli indirizzi definiti dalle Camere”, quanto
di procedere solo in presenza della famosa “logica di pacchetto”, nel
senso che insieme al Mes devono essere approvati anche la garanzia
comune sui depositi bancari e un vero bilancio della zona euro, entrambi
al momento al livello di pie intenzioni.
Come si vede un via libera assai difficoltoso anche senza entrare nel
merito della riforma per come la illumina la situazione attuale, cosa
che faremo ora. Come funziona e a cosa serve il “nuovo” Meccanismo
europeo di stabilità? Il Mes, un organo tecnico con 160 dipendenti a
solida guida tedesca, esiste già e in quel bizzarro mondo alla rovescia
che è l’Eurozona interviene in caso di choc/crisi: cioè quello che in
tutto il mondo farebbe la Banca centrale. In sostanza, il Mes presta
soldi a tassi bassi a Paesi in difficoltà in cambio di una serie di
condizioni: taglia questo, vendi quello, etc.
La riforma lo renderebbe, ed era impresa ardua, peggiore di quel che
è. Il Mes sarà infatti abilitato anche a concedere prestiti
precauzionali a Paesi colpiti da choc esogeni il cui debito è
“sostenibile” (a suo giudizio), oltre alle linee di credito a Paesi che
non rispettino tutti i requisiti a fronte della firma di un Memorandum
of understanding (il modello greco). Problema: anche il prestito
condizionato non potrà essere concesso a chi sia in procedura per
deficit o nei due anni precedenti abbia violato il Patto di Stabilità.
Tradotto: molti Paesi tra cui l’Italia, che è il terzo contributore,
non potrebbero accedere ai prestiti. O meglio, per farlo prima
dovrebbero ristrutturare il debito per renderlo “sostenibile”. Per
semplificare la procedura, il Trattato prevede pure l’introduzione di
clausole (Cac single limb) che renderanno più facile gestire il default
coi creditori. A cosa serve, dunque, un fondo che garantisce liquidità a
chi ha i conti in ordine? A fornire una rete di sicurezza per evitare
il contagio rispetto a chi è costretto al default.
Per questo anche economisti non liquidabili con l’argomento-clava
dell’euroscetticismo ne hanno sottolineato i rischi nei mesi scorsi.
Così, ad esempio, lo ha fatto Ignazio Visco prima di pentirsi e dire che
parlava d’altro: “I piccoli e incerti benefici di un meccanismo per la
ristrutturazione dei debiti sovrani devono essere soppesati considerando
l’enorme rischio che il semplice annuncio della sua introduzione
inneschi una reazione a catena. Dovremmo tutti tenere a mente le
terribili conseguenze dell’annuncio del coinvolgimento del settore
privato nella risoluzione della crisi greca a Deauville” (quando Sarkozy
e Merkel, nel 2010, gettarono a mare la Grecia).
Questo è invece il parere di Giampaolo Galli dell’Osservatorio sui conti
pubblici: per l’Italia “una ristrutturazione sarebbe una calamità
immensa” e questa riforma è, in sostanza, “un pericolo per l’Italia e
gli italiani”. Questo, infine, è Carlo Cottarelli: la riforma del Mes
“offre una spinta a rendere più facile l’imposizione della
ristrutturazione a un Paese in crisi e per questo è un rischio”. La cosa
più pazzesca di tutte è che, se oggi si arrivasse a una crisi di
sistema, il Mes non avrebbe abbastanza soldi per intervenire. E c’è pure
la ciliegina sulla torta: la metà dei titoli emessi dal Mes per fare i
suoi prestiti-capestro li ha comprati la Bce, cioè l’istituzione che in
un mondo normale dovrebbe salvare gli Stati.
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