martedì 3 marzo 2020

La moneta (il)legale: denaro di fatto e di diritto, rimedi necessari

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di Marco Saba, 2 marzo 2020


Natura del contante materiale ed altre forme di denaro

Le monete metalliche sono l'unica moneta comune che non costituisce un diritto legale nei confronti dell'emittente. I diritti speciali di prelievo (DSP) sono moneta internazionale per le autorità monetarie nazionali senza essere crediti nei confronti dell'ente emittente. Si tratta di eccezioni. Un'altra eccezione è l'oro, una moneta internazionale per le autorità monetarie, ma non ha un "emittente", a meno che non si voglia dare questo nome al produttore o alla prima banca che lo acquista e lo rivende. Altre eccezioni sono: le monete militari d’invasione o di occupazione (per es. AM-Lire), le monete complementari o alternative, le COIN su blockchain, il denaro contraffatto.

Ambiguità contabile ed operativa del denaro bancario

Le norme contabili internazionali IAS in merito prevedono che il deposito bancario – denaro bancario, quindi - sia trattato come “cash” – denaro contante – e le US-GAAP prevedono che lo sia sia per le banche che per la clientela. In pratica la movimentazione del deposito deve risultarte nei rendiconti finanziari o di tesoreria delle istituzioni coinvolte e nel conto economico. Ad esempio:

- USA, GAAP ASC 305-10-55-1 : Il contante in deposito presso un istituto finanziario è considerato dal depositante come contante piuttosto che come un importo dovuto al depositante.

- USA, GAAP ASC 942-230-20 Glossario:
Contanti
Coerentemente con l'uso comune, il contante comprende non solo la valuta a disposizione, ma anche i depositi a vista presso banche o altri istituti finanziari. Il contante comprende anche altri tipi di conti che hanno le caratteristiche generali dei depositi a vista, in quanto il cliente può depositare fondi aggiuntivi in qualsiasi momento e può anche effettivamente ritirare fondi in qualsiasi momento senza preavviso o penalità. Tutte le spese e gli accrediti su tali conti sono entrate o pagamenti in contanti sia all'entità proprietaria del conto che alla banca che lo detiene. Per esempio, la concessione di un prestito da parte di una banca accreditando il ricavato sul conto di deposito a vista di un cliente è un pagamento in contanti da parte della banca e una ricevuta in contanti del cliente al momento dell'iscrizione.

- Europa, IAS 7.6: “Il denaro contante è il denaro in cassa e i depositi a vista.“



    Il cosiddetto denaro bancario, o “deposito”, viene considerato dalle banche che lo creano, e nei rapporti tra di loro, come un diritto legale di prelievo che può essere compensato ed annullato tra le parti bancarie. Ma, nei confronti del pubblico, viene considerato come vera e propria moneta quando l’erogazione del deposito, da parte della banca, avviene a causa di un versamento del cliente, di un pagamento della banca, o di una disponibilità creata con un contratto a monte come il mutuo, l’anticipazione o la linea di credito. Infatti la banca pretende eccome il pagamento del debito del cliente, addirittura usando gli strumenti giudiziari, e l’ottiene, se non direttamente in altrettanto denaro bancario, attraverso l’esproprio dei beni reali del debitore.

    In particolare, la storiella che dovremmo credere è che “la banca crea ‘diritti legali contro sé stessa’ che passa alla clientela nei ‘depositi’ e che poi il cliente usa come denaro”. Questo atto probito di autonegoziazione (self-dealing) legittimerebbe la creazione del denaro bancario che viene invece attualmente riconosciuto dallo Stato come di corso legale per il pagamento dei tributi, multe, aste giudiziarie, spese giudiziarie, etc. Questa finzione che permetterebbe alle banche di trattare il denaro creato come passività di bilancio, permette di far sparire contabilmente il capitale creato e di nascondere i veri profitti derivanti dall’attività bancaria della creazione dei depositi: il signoraggio sulla differenza tra il valore nominale ed il costo di registrazione dei depositi.

     Questa cancellazione si avverte facilmente quando le banche compensano le reciproche posizioni di dare-avere con la compensazione interbancaria (clearing) dove però improvvisamente il loro “denaro-passività” diventa “denaro vero” in grado di pagare le differenze del reciproco saldo interbancario. Con la registrazione contabile dei flussi di cassa, si nasconde la creazione di capitale omettendone la registrazione come afflusso di cassa, indicando però il deflusso di cassa dal conto accentrato della banca al conto corrente del cliente alla creazione del deposito. Con la compensazione interbancaria, si cancella la traccia fisica dell’esistenza del capitale annullandolo tra banca e banca nelle posizioni dare-avere.

     La doppia identità del denaro bancario di per sé dovrebbe garantire la nullità dei contratti con le banche per la differenza d’intendimento da parte della banca e del cliente sull’oggetto stesso del contratto (il cliente crede di ricevere soldi e la banca “crede”, e insiste contabilmente, di dare passività contabili…). Che la banca palesemente identifichi i depositi come passività lo si vede nello Stato Patrimoniale, dove essi figurano tra le passività come “debiti verso clientela” e “debiti verso banche”. Ma che la banca è in malafede lo si vede perché, ad esempio, nel suo bilancio, il deposito della “riserva obbligatoria” intestato alla banca centrale – anch’esso denaro bancario - viene indicato invece come “attività”.

     Si hanno quindi due insiemi, banche e clientela, di cui il primo interpreta ambiguamente la natura del denaro bancario, a seconda di come gli fa comodo, mentre l’altro identifica il denaro bancario univocamente per quello che le norme e l’uso palesano che sia: denaro contante – e non “diritto legale”. La stessa autorità giudiziaria, nelle cause fallimentari, identifica i depositi bancari come denaro vero e proprio, e lo stesso dicasi per tutte le normative che fanno capo genericamente al termine di “riciclaggio”.
Suggerimenti per la disambiguazione
     Molto probabilmente le pratiche contabili scorrette del sistema bancario odierno risalgono al medioevo dove il banchiere nascondeva ai suoi soci, mercanti e nobili, i veri profitti derivanti dall’attività bancaria per non doverli poi dividere con loro (i libri segreti della Banca Medici, tenuti da Ilarione de’ Bardi, vennero trovati solo dopo 5 secoli a Firenze, nel 1949, per caso, nell’archivio di Stato) oppure per evadere il catasto dei redditi di Firenze che era in funzione tra il 1427 e il 1458.


    Oggi come oggi possiamo suggerire alcune semplici misure da attuare tempestivamente:

1- Istituire un catasto monetario generale dove le banche vengano tenute a registrare ogni creazione di denaro o nuovo deposito (il catasto servirebbe anche per contenere gli indirizzi della blockchain dove avvengono le emissioni di denaro digitale).

2 – Obbligare le banche a registrare contabilmente la creazione di denaro come afflusso di cassa prima di poterne disporre, adeguando le ulteriori scritture contabili e di bilancio. Per gli anni precedenti si disporrà una riclassificazione dei bilanci per ottenere una situazione attuale il più possibile fedele in termini di profitti e perdite per l’intero sistema bancario italiano, compresa la banca centrale. Le società di revisione contabile dovranno adeguarsi immediatamente.

3 – Promulgare una legge o un decreto ministeriale intitolato “DISPOSIZIONI IN MERITO ALLA CREAZIONE DI DEPOSITI E/O DENARO SCRITTURALE” che preveda le misure di cui sopra e le sanzioni da adottare in caso di inadempienza ai termini ivi previsti.


Nota:
La politica standard della banca medicea era quella di costituire accantonamenti per i salari maturati, i crediti inesigibili e gli imprevisti prima di dividere gli utili. Con questa procedura gli utili venivano deliberatamente riservati e si permetteva che si accumulassero sotto forma di eccedenze o sopracorpo, parola che in realtà viene usata in questo senso nel libro segreto. Tale eccedenza poteva essere utilizzata - ed è stata effettivamente utilizzata - anche per correggere eventuali sovradichiarazioni degli utili degli anni precedenti. Un esempio interessante di questa pratica è dato dal libro contabile privato di Francesco Sassetti. Nel 1467 gli utili della filiale di Lione erano esigui, non veniva distribuito nulla ai soci e tutti gli utili netti, 5.575 scudi, vennero accantonati a fronte di contingenze. L'anno successivo si constatò che anche questo importo era stato sopravvalutato di 3.442 scudi. Di conseguenza, tale importo fu imputato a riserva, lasciando un saldo attivo di 2.132 scudi, che è stato riportato come eccedenza non distribuita. Altri esempi dello stesso tipo si trovano a dozzine nei libri segreti dei Medici. Le riserve per crediti inesigibili erano una caratteristica comune. Talvolta la creazione di tale riserva era prescritta dallo statuto dei Medici, che stabiliva che gli utili dovevano essere ripartiti tra i soci solo dopo aver effettuato il dovuto accantonamento per gli stipendi maturati e i crediti inesigibili. Naturalmente, l'accumulo di crediti irrecuperabili era il grande pericolo che minacciava di minare la solvibilità dei mercanti-banchieri medievali.

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