Un nome falso, una telefonata registrata, una denuncia ai carabinieri del Nas appena ottenuti i riscontri necessari. E la rinuncia allo scoop in nome di un principio: la guerra al coronavirus, la necessità di avvertire immediatamente le autorità per segnalare inganni e speculazioni intorno all’emergenza, e di diffondere le notizie al più presto e al maggior numero di canali e testate.
Da Afragola rimbalza una storia che come tante altre spiega perché i giornalisti devono continuare a lavorare e i quotidiani ad arrivare nelle edicole. Ne è protagonista Francesco Celardo, cronista precario di testate locali. Grazie a lui è stato scoperchiato il caso di un laboratorio privato di Afragola che prometteva analisi del sangue in grado di stabilire se il paziente era contagiato o meno. Al costo tutt’altro che modico di 120 euro. Questa pratica non ha basi certe scientifiche e non è consentito equipararla al tampone, come ha stabilito con chiarezza una successiva nota della direzione generale Salute della Campania. I risultati della rapida inchiesta di Celardo sono finiti sabato sull’Ansa. Il centro diagnostico era stato appena diffidato dall’Asl a proseguire la “promozione” delle analisi. Domenica mattina la notizia è stata pubblicata su più quotidiani campani.