La scrittrice ad HuffPost: "È un miracolo che non sia rimasta schiacciata da tutta la sofferenza che ha vissuto. Ci è riuscita grazie a intelligenza e tenacia".
“Era
una donna speciale, una grande poetessa non capita nella sua
genialità”. Parole di Dacia Maraini all’HuffPost nel giorno del
decennale dalla scomparsa della poetessa, aforista e scrittrice milanese
Alda Merini.
“Non era affatto scandalosa, come molti sostenevano. Alda era provocatoria, che è diverso, e lo faceva con le parole e con il suo corpo, ad esempio mostrandosi col seno nudo, ma non era mai fastidiosa e mai volgare. Lo faceva perché aveva sofferto molto, ma usava sempre grazia ed ironia. Aveva conosciuto e vissuto in prima persona i manicomi prima di Basaglia, dei posti mostruosi che erano delle vere e proprie prigioni in cui le persone erano legate ai letti e alle sedie. Detto sinceramente, all’inizio mi sono chiesta come sia sopravvissuta, ma poi ho capito che ci è riuscita grazie alla sua intelligenza, alla visionarietà e alla tenacia che ha messo in tutte le sue opere”.
La sua poesia – aggiunge l’autrice italiana vivente più amata al mondo, già Premio Strega e Campiello, nelle librerie con Corpo Felice (Rizzoli) – ”è una poesia del dolore, ma non nel senso negativo del termine, perché ricca di versi, piena di slanci e di gioia di vivere”. “Era una donna solitaria con un grande bisogno di amare e di essere amata. Spesso, si innamorava senza essere ricambiata e i suoi amori erano sempre sbagliati e più che essere tali, erano sue fantasie e sogni. Il suo rapporto con la realtà che la circondava era speciale. Pur avendo un senso profondo della realtà, tra lei e quella convenzionale c’era un baratro profondo. È davvero un miracolo che tanta sofferenza non l’abbia schiacciata, ma che sia stata invece per lei fonte delle sue poesie. Una donna geniale, un’incompresa, lo ripeto, non c’è da aggiungere altro”.
“Non era affatto scandalosa, come molti sostenevano. Alda era provocatoria, che è diverso, e lo faceva con le parole e con il suo corpo, ad esempio mostrandosi col seno nudo, ma non era mai fastidiosa e mai volgare. Lo faceva perché aveva sofferto molto, ma usava sempre grazia ed ironia. Aveva conosciuto e vissuto in prima persona i manicomi prima di Basaglia, dei posti mostruosi che erano delle vere e proprie prigioni in cui le persone erano legate ai letti e alle sedie. Detto sinceramente, all’inizio mi sono chiesta come sia sopravvissuta, ma poi ho capito che ci è riuscita grazie alla sua intelligenza, alla visionarietà e alla tenacia che ha messo in tutte le sue opere”.
La sua poesia – aggiunge l’autrice italiana vivente più amata al mondo, già Premio Strega e Campiello, nelle librerie con Corpo Felice (Rizzoli) – ”è una poesia del dolore, ma non nel senso negativo del termine, perché ricca di versi, piena di slanci e di gioia di vivere”. “Era una donna solitaria con un grande bisogno di amare e di essere amata. Spesso, si innamorava senza essere ricambiata e i suoi amori erano sempre sbagliati e più che essere tali, erano sue fantasie e sogni. Il suo rapporto con la realtà che la circondava era speciale. Pur avendo un senso profondo della realtà, tra lei e quella convenzionale c’era un baratro profondo. È davvero un miracolo che tanta sofferenza non l’abbia schiacciata, ma che sia stata invece per lei fonte delle sue poesie. Una donna geniale, un’incompresa, lo ripeto, non c’è da aggiungere altro”.
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