giovedì 28 novembre 2019

Perché per i pm Open avrebbe agito come "articolazione del partito": come funziona la legge sul finanziamento in Italia.

L'indagine della procura fiorentina accende il dibattito sul sostentamento delle compagini politiche. E apre a una riflessione sul ruolo delle fondazioni.

LeopoldaL’inchiesta sulla fondazione Open riapre il dibattito, annoso e mai esaustivo, sul sostentamento dei partiti. In Italia il sistema si è evoluto ed è stato modificato più volte negli ultimi decenni ma, come si nota dai botta e risposta delle ultime ore, accende ancora gli animi. Pomo della discordia: la trasparenza nelle erogazioni.
Quelle che non arrivano (più) dallo Stato, ma dai privati.
Ed è in questo ambito che entra in gioco, secondo i pm fiorentini, il ruolo della fondazione Open, attiva dal 2012 al 2018, che ha sostenuto varie iniziative politiche di Matteo Renzi.
Dalla Leopolda alla campagna per il sì al referendum del 2016.
Tra le tante accuse contestate agli indagati - tra loro ci sono l’avvocato Alberto Bianchi, ex presidente della fondazione e Marco Carrai, già componente del consiglio d’amministrazione dell’ente - c’è quella di finanziamento illecito ai partiti. 
Ed è proprio questo il punto che sta creando più scalpore perché, spiegano i pm fiorentini, dalle indagini sono emersi “significativi intrecci” tra le prestazioni professionali rese da Bianchi e dai suoi collaboratori e i finanziamenti alla fondazione.
In sostanza - è la tesi della procura - Bianchi avrebbe ricevuto del denaro dal gruppo di costruzioni Toto e avrebbe poi versato, a suo nome, queste somme nelle casse della fondazione di cui era presidente. 
Un modo illecito, questo, sostengono ancora i pm, per nascondere la reale provenienza del denaro con il quale si andava a finanziare l’ente. In questo modo, dicono i magistrati, la fondazione avrebbe agito come braccio del partito, come “un’articolazione” di questo, per usare le parole utilizzate negli atti della magistratura, e non come ente che devolveva fondi per finanziare iniziative politiche.
Ma, per capire la vicenda, andiamo con ordine.
Con una legge di cinque anni fa, è stato sgombrato progressivamente il campo dai rimborsi pubblici ai partiti che a loro volta avevano sostituito i finanziamenti pubblici, eliminati negli anni ’90 da un referendum abrogativo.
Ci sono ancora dei fondi che vengono devoluti ai gruppi parlamentari, ma dallo Stato nulla arriva più in maniera diretta ai partiti.
Come si sostentano, dunque, oggi?
Fatta eccezione per il 2 per mille, grazie alle donazioni dei privati. Le somme erogate in questo modo, però, difficilmente sarebbero arrivate ad eguagliare le cifre che provenivano dallo Stato.
Anche e soprattutto alla luce del tetto massimo di 100mila euro all’anno (per persona fisica) stabilito per legge.
Per questa ragione è cresciuto il fenomeno delle fondazioni collegate a uomini o partiti, considerate un canale “alternativo” di finanziamento. 
Un modo per fare cassa, sicuramente, che però lasciava aperte alcune questioni: prima tra tutte quella della trasparenza.
Le donazioni fatte tramite una fondazione legata a un partito rispondevano a regole meno stringenti - o, se non altro, meno chiare - rispetto a quelle che arrivavano direttamente alle associazioni politiche dei singoli.
La legge, infatti, impone delle condizioni per consentire ai partiti di accedere ai finanziamenti. Ma è più fumosa sulle fondazioni. Un esempio è dato dal primo comma dell’articolo 5 del decreto-legge n° 149 del 2013, quello con cui sono stati eliminati i rimborsi. Nella disposizione si legge: “I partiti politici assicurano la trasparenza e l’accesso alle informazioni relative al proprio assetto statutario, agli organi associativi, al funzionamento interno e ai bilanci, compresi i rendiconti, anche mediante la realizzazione di un sito internet che rispetti i princìpi di elevata accessibilità, anche da parte delle persone disabili, di completezza di informazione, di chiarezza di linguaggio, di affidabilità, di semplicità di consultazione, di qualità, di omogeneità e di interoperabilità”.
Ma, oltre che in entrata, la trasparenza è richiesta anche in uscita. “ Nel caso di erogazione di finanziamenti o contributi (...) per un importo che nell’anno superi euro cinquemila sotto qualsiasi forma, compresa la messa a disposizione di servizi, il soggetto che li eroga ed il soggetto che li riceve - si legge ancora nella normativa - sono tenuti a farne dichiarazione congiunta, sottoscrivendo un unico documento, depositato presso la Presidenza della Camera dei deputati”.
Tutto questo non si applica alle fondazioni a meno che - spiega bene Roberta Calvano, docente all’Unitelma Sapienza, in un suo intervento su costituzionalismo.it del 2015 - a meno che queste non contribuiscano alla sopravvivenza dei partiti “per più del 10% dei propri proventi di esercizio”.
O meglio non si applicava, perché la soglia, è bene precisarlo, è stata abbassata a 500 euro  dalla legge Spazzacorrotti. Quanto alla disciplina delle donazioni relative alle fondazioni legate ai partiti, si legge su Openpolis, la nuova normativa ha equiparato le fondazioni legate ai partiti a forze politiche, ma non si applica all’inchiesta su Open, perché successiva agli anni in cui sarebbero stati realizzati gli eventuali reati.

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