giovedì 21 novembre 2019

Libro. Francesca Cavallo: “Il mio nuovo libro lo dedico a tutti i bambini che disobbediscono agli adulti per cambiare il mondo”.

Torna il libreria l'autrice di "Storie della Buonanotte per Bambine Ribelli", il fenomeno editoriale da 4 milioni di copie.
 
“A tutti i bambini che disobbediscono agli adulti per cambiare il mondo” la dedica di Francesca Cavallo dice già tutto, prima ancora di cominciare a leggere il suo nuovo libro, quello che ha scritto da sola dopo Storie della Buonanotte per Bambine Ribelli, un fenomeno mondiale da 4 milioni di copie.
“Elfi Al Quinto Piano” (Feltrinelli) esce il 21 novembre, è un libro di Natale, ma non una fiaba tradizionale, non sarebbe da lei.
″É un libro che avrei voluto leggere da bambina, ed è sicuramente collegato alle Rebel Girls. Insegna il valore della disobbedienza. 
È un tema politico, molto attuale e parla della leadership morale dei bambini”. 



Una storia per bambini e per gli adulti, che segna un nuovo capitolo per Francesca Cavallo, che nel giro di 4 anni ha stravolto la sua vita. 
Da Los Angeles, dove vive, è arrivata in Italia a presentare il suo nuovo libro e svela ad HuffPost un suo sogno: lavorare con Jovanotti. 
Ma ci ha raccontato anche molto altro. Soprattutto su se stessa.
Su Facebook ha detto di essere contenta perché finalmente in un libro c’è la famiglia che avrebbe voluto avere. Ho visto una traccia di autentica emozione.
Sono partita da una considerazione molto semplice: nei libri, nelle storie per bambini spesso ci sono famiglie omogenitoriali, ma sono storie straordinarie, dove un genitore, molto spesso la mamma, muore. 
E così la famiglia si deve riorganizzare. Si parte sempre da una tragedia, da qualcosa di grave. 
Non è mai una storia ordinaria, in cui il nucleo famigliare non ha subito variazioni da cause esterne. 
Nel mio libro ci sono due mamme e tre figli, è un libro che avrei voluto leggere io da piccola, è una lettera alla bambina che sono stata. 
Se lo avessi letto a 6-7 anni mi avrebbe cambiata molto, mi avrebbe aiutato a capirmi meglio.
Che cosa avrebbe voluto sapere a 6-7 anni?
Sono cresciuta in un piccolo paese, in un contesto in cui l’omosessualità femminile non esisteva. Da ragazza non ci ho mai pensato tanto, ero attratta dalle femmine, ma vedevo l’omosessualità come una cosa strana, che non mi riguardava. Non avevo una casella in cui collocare questa attrazione. Non avere idee precise in merito, non avere un contesto a cui riferirmi ha avuto un grande impatto per me. Solo quando ho frequentato l’accademia di teatro ho iniziato a recuperare pezzi della mia vita. E l’ho fatto attraverso le storie: secondo me è il modo più efficace per capire le cose. Ed è importante che queste storie vengano scritte a partire da una situazione di normalità. Non ha senso che un bambino cresciuto da un unico genitore o da una coppia di genitori omosessuali si senta diverso dagli altri, che pensi che la sua storia sia straordinaria. Così non ritengo sia straordinario che nel mio libro ci sia una coppia omosessuale e birazziale. Il tema centrale è un altro.
Il tema portante del libro è quello della leadership morale dei bambini, cosa significa?
Il tema è molto attuale, se ne parla molto da 3/4 anni a questa parte. Malala ha aperto la strada qualche anno prima. 
Poi ovviamente con Greta il fenomeno è esploso. Lei è la punta di diamante, ma ci sono molti altri bambini, ragazzi che si stanno facendo ascoltare, che stanno influenzando l’agenda dei governi. 
Anche in Italia ci sono ragazzi che si fanno ascoltare, che si ribellano, penso a Simone che a Torre Maura ha sfidato Casapound o ai movimenti legati ai Friday For Future, e soprattutto al tema gender. 
I bambini sono esterni al sistema, hanno uno sguardo puro, si fanno ascoltare perché hanno un punto di vista sulle cose fuori da ogni schema prestabilito, stanno aprendo una strada che porta fuori dal patriarcato, un sistema messo pesantemente in crisi dalla distruzione delle classe medie. 
C’è sempre più disparità tra i ceti sociali, e ci sono sempre più lotte da intraprendere soprattutto in tema ambientale.
Non a caso quindi ha scelto Taranto come tappa fondamentale del suo tour di presentazione.
Taranto è un tema centrale per l’Italia, è un’occasione per l’intero Paese per riflettere su quello che sta succedendo. 
Troppo a lungo è stata considerata solo una questione locale, mentre è una ferita aperta anche per l’Europa. 
Non si può accettare che un paese sia ostaggio, che le persone siano ricattate nella scelta tra salute e lavoro. 
I temi del dibattito sono deformati da questa scelta che non è ammissibile. 
Si deve trovare una via d’uscita. La devono trovare l’Italia e l’Europa.
A Taranto avrà anche un incontro dedicato solo ai ragazzi, consiglierà loro di ribellarsi? In che modo?
I bambini e i ragazzi possono e devono fare domande scomode. 
Devono parlare con i genitori, farsi spiegare le cose e poi ragionare con la loro testa. 
Dopo Bambine Ribelli tanti genitori mi hanno raccontato che il libro ha creato occasioni di conversazione che non credevano possibili. 
Vorrei che anche leggendo questo libro si potesse allargare la zona di comfort. Uscire dai soliti schemi prestabiliti di regole. 
Il cambiamento non si ottiene rispettando le regole. 
La disobbedienza serve: è un tema anche politico. 
Il mio invito è quello a problematizzare sempre, per non accontentarci di quello che ci viene detto. È la mia prospettiva, il mio modo di stare al mondo.
“Elfi al quinto piano” è il suo primo libro da sola. Dice che rappresenta un inizio.
Dopo aver chiuso il capitolo Rebel Girls ho aperto una società tutta mia con progetti che spaziano da libri, cinema, tv. 
È un modo per mettere insieme tutte le parti di me stessa. Confesso di avere un sogno nel cassetto. Adoro Jovanotti, credo sia un poeta straordinario, mi piacerebbe tantissimo scrivere con lui un album di Natale. 
Mi piace molto la scrittura che esce dalle pagine e prende vita.
Dopo il successo di Rebel Girls è stato difficile chiudere questo capitolo della sua vita?
Sono molto orgogliosa di quello che abbiamo fatto io e Elena (Favilli, coautrice del best seller). 
E di tutto quello che ho fatto finora, anche i progetti in teatro. L’arte per me è creare un mondo nuovo, è invitare le persone ad abitarci. 
Io ho sempre parlato e affrontato i temi di cui parlo anche oggi, solo che lo facevo con poche persone prima dell’uscita del libro. 
Rebel Girls mi ha dato un palcoscenico enorme, una dimensione che mai avrei pensato fosse possibile raggiungere. 
Pensare che tante bambine in tutto il mondo si addormentino leggendo le nostre storie della buonanotte mi riempie di orgoglio. 
E quindi sì, è stato difficile rompere questo sodalizio personale e artistico ma sono curiosa di esplorare questa mia nuova dimensione.
Come siete riuscite a creare questo fenomeno mondiale?
Se ci penso ha tutto dell’incredibile. Siamo partite dall’Italia verso l’America con il progetto di fare app per bambini. Ci siamo trasferite a San Francisco e abbiamo creato 12 app. 
Poi però ci siamo rese presto conto che non funzionava come ci aspettavamo. 
A fine 2014 ci siamo trasferite a Los Angeles e nel 2015 abbiamo iniziato a ragionare su questo titolo Rebel Girls, ma non sapevamo ancora se sarebbe diventato un gioco o un libro. 
Siamo partite con due pc in un monolocale a Venice. 
Abbiamo ricevuto tanti no, abbiamo cercato forme di finanziamento alternative. Anche qui non ci siamo arrese, ci siamo ribellate al fatto che solo il 3% degli adventures capital, fondi per le start up, vengano assegnati alle donne. 
La verità alla fine è che sono sempre stata una grande rompiscatole. 
Non mi sono mai arresa.
Ultima domanda. Come si diventa Francesca Cavallo? Come si diventa una donna ribelle?
Con la ribellione, senza non si va da nessuna parte. 
Sono nata in un piccolo comune, a Lizzano, in provincia di Taranto, in un contesto di risorse molto limitate. 
Ho sempre cercato di ottenere di più da quello che la vita mi dava. 
Sono molto legata al mio paese e cerco di convogliare qui molte idee, credo nella forze delle idee e delle persone. I
nsieme si possono raggiungere tanti risultati. Ma deve essere sempre chiara una cosa, soprattuto per noi donne. 
Dobbiamo rompere le scatole, senza avere paura, dobbiamo ribellarci a quello che ci è stato insegnato fin da piccole. 
Tante donne hanno ancora paura a mostrare il loro valore. Come se dovessero sempre ringraziare, per essere prese in considerazione. 
Non dobbiamo aver paura di dire quello che pensiamo, anche quando siamo in disaccordo. 
Alle bambine, e ai bambini lo dico spesso: devono leggere, perché dai libri si impara e si sviluppa il senso del mondo che ci circonda. 
Devono uscire dalle famiglie, non devono avere paura, devono stare di più con i coetanei. Tutti insieme possono costruire un mondo migliore.

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