Scusate se rompo ancora l’anima con la storia del governo senz’anima (se
non l’abbia mai avuta o l’abbia persa per strada, non si è ben capito).
(pressreader.com) – di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano
Ma ci sono sviluppi succulenti. L’altra notte, al vertice di
maggioranza sulla Giustizia presieduto da Conte, s’è rischiata la crisi
di governo perché il Pd e Forza Italia Viva pretendono di cancellare il
blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, che da un
anno è legge dello Stato (la Spazzacorrotti) e vale per i reati commessi
dal 1° gennaio 2020.
Ufficialmente si dicono preoccupati perché, senza
prescrizione, i processi non finiranno mai, ma sanno benissimo che è
esattamente il contrario: è grazie alla prescrizione che i colpevoli,
almeno i ricchi e potenti che possono mantenere l’avvocato a vita,
allungano i processi per farla franca.
Senza quell’aspettativa, i
processi dureranno molto meno.
Specie se, come previsto dalla riforma
Bonafede, i giudici rischieranno l’azione disciplinare se sforeranno i
termini di ogni grado di giudizio.
Il bello è che chi teme processi
eterni – il Pd e i renziani – sta bloccando la riforma della giustizia
che li accorcia, con la scusa che prima bisogna bloccare la
blocca-prescrizione accusata di allungarli.
Roba da Comma 22.
Siccome però la blocca-prescrizione è già in vigore e scatta dal 1°
gennaio, per bloccarla ci vuole un’altra legge, da approvare entro il 31
dicembre alla Camera e al Senato, fra l’altro impegnate sino a
Capodanno con la legge di Bilancio.
È già pronta quella del forzista
Enrico Costa che ci riporta al vergognoso sistema precedente, quello che
falcidia 200 mila processi e salva 3-400 mila colpevoli all’anno (gli
innocenti che vogliono essere assolti nel merito rinunciano alla
prescrizione e si fanno giudicare oltre i termini).
Tra i quali
guardacaso c’è il capo di Costa, Silvio B., nove volte prescritto per
corruzione di giudici e di senatori, falso in bilancio e frode fiscale.
Ora tenetevi forte: Pd e renziani annunciano che, se il M5S non
ripristina la prescrizione fino alla Cassazione, voteranno la legge
forzista.
Per Costa sarà un momento epico: sono 13 anni, da quando il
figlio d’arte albese entrò in Parlamento con FI, che il centrosinistra
lo attacca per la produzione industriale di leggi ad personam.
Nel 2009,
per meriti acquisiti sul campo, fu relatore del “lodo Alfano” che
bloccava i processi a quattro alte cariche dello Stato (soprattutto
una).
Poi purtroppo la boiata incostituzionale fu cancellata dalla
Consulta.
Lui ne partorì subito una nuova, con altri giuristi del
calibro di Brigandì (il leghista appena condannato in primo grado a 26
mesi per patrocinio infedele e autoriciclaggio).
Cioè il presunto Legittimo impedimento che sospendeva i processi al
premier e ai suoi ministri: anche quello, purtroppo, incostituzionale.
Poi, non contento, fabbricò il bavaglio sulle intercettazioni.
Poiché –
come diceva Totò – il talento va premiato, Renzi se ne assicurò i
servigi nel suo primo e fortunatamente unico governo, nominando Costa
(nel frattempo trasvolato da FI a Ncd) viceministro della Giustizia.
Gli
elettori mostrarono di gradire, infatti nel 2014 il giovine Enrico si
candidò a presidente del Piemonte e rastrellò un ragguardevole 2,98%. Il
trionfo gli valse la promozione a ministro degli Affari regionali,
delle autonomie e pure della famiglia. Poltrona che mantenne anche nel
governo Gentiloni, che purtroppo lasciò dopo otto mesi per
l’irrefrenabile richiamo della foresta forzista.
Grande però fu la
delusione quando B. pose il veto, costringendolo ad aderire a un altro
movimento di massa: “Fare! (col punto esclamativo, ndr) -Pri- Liberali”,
poi tramutatosi in “Noi con l’Italia”, detto anche la “quarta gamba del
centrodestra” e popolato di altri noti frequentatori di se stessi tipo
Fitto, Lupi, Zanetti e Tosi. A quel punto B., in vista delle elezioni
2018, decise che non si buttava via niente e si riprese la compagnia
della buona morte. Così il Costa fu rieletto deputato. Un mese dopo
mollò Noi con l’Italia (ormai ridotto a Lui per l’Italia) per tornare
all’ovile forzista. E ricominciò a sfornare leggi salva-ladri e
anti-giudici. Quando la Lega ingoiò e votò obtorto collo la
Spazzacorrotti, con tanto di aumenti di pene, certezza del carcere,
Daspo ai corrotti, confische più facili, trojan, agenti infiltrati e
blocca-prescrizione, col contorno del fermo alla Svuotacarceri e al
bavaglino di Orlando e del nuovo reato di voto di scambio, rischiò
l’ictus (per empatia con B.): in un colpo solo cadevano come birilli 25
anni di Codice Silvio al servizio della criminalità e dell’impunità.
Ma non si diede per vinto e, battendo sul tempo anche i primatisti
mondiali di leggi ad personam come Ghedini e Schifani, piazzò il
colpaccio: un ddl che riporta la prescrizione ai fasti del passato. Ma
in cuor suo temeva che non se lo sarebbe filato nessuno: Lega e M5S
l’avevano appena cancellata e il Pd l’aveva sempre osteggiata. Ancora
nel 2015, per dire, i dem volevano fermarla addirittura prima della
sentenza di primo grado: discutevano se fosse meglio al rinvio a
giudizio o alla richiesta del pm. E Renzi, quando finirono prescritti e
impuniti i manager-killer di Eternit, tuonò: “Se la vicenda Eternit è un
reato ma prescritto, vuol dire che bisogna cambiare le regole del gioco
sulla prescrizione: non ci deve mai più essere l’incubo della
prescrizione” (20.11.14). Insomma, il ddl Costa pareva mestamente
avviato sul binario morto. Ma mai disperare nel Pd e nei renziani. Da
quando si son messi a caccia dell’anima del Conte 2, hanno pensato bene
di trovargliela loro. E, non avendone una prêt-à-porter l’hanno presa in
prestito direttamente da B. e dal sottostante Costa. Un caso di
trapianto d’anima che ricorda paurosamente le possessioni diaboliche.
Qualcuno chiami l’esorcista.
Nessun commento:
Posta un commento