«Tutte le inclinazioni egoiste, il culto di se stessi, le faziosità a proprio vantaggio, cose che vediamo tutte presenti nell’umanità, hanno la loro origine e le loro radici nell’attuale strutturazione dei rapporti fra uomini e donne, e ne traggono il loro principale nutrimento. Pensiamo alla deformazione che determina nella mente di un ragazzo la credenza che per il solo fatto d’essere nato maschio si deve ritenere superiore a tutti e a ciascuno dei membri di un’intera metà della specie umana nata femmina».
micromega MARIA MANTELLO
È quanto affermava il filosofo John Stuart Mill a metà Ottocento nel suo saggio The Subjection of Women (La servitù delle donne), individuando con straordinaria lucidità come con la soggezione delle donne, il maschilismo generasse sopruso in ogni ambito della società.
Tutto questo oggi è acquisizione storico-antropologica-sociologica. Fattasi strada grazie alle lotte delle donne per l’emancipazione e autodeterminazione, che hanno portato nelle democrazie liberali alla loro parità giuridica. Troppo spesso disattesa nell’applicazione pratica.
Il virus maschilista, infatti, persiste nella sua sintomatologia di sopraffazione, dove uomini all’androcentrismo allevati sono portati a concepire ancora come loro “diritto” il ruolo di “servizio” delle donne, considerandolo addirittura parte costituente della stessa identità maschile.
Gli stereotipi, possiamo definirli una scorciatoia cognitiva della mente che, nell’associazionismo pulsionale, salta l’analisi critica e abbraccia la più comoda tradizione reazionaria, che schiaccia l’individuo su modelli simbolici, spacciati come “normalità”.
E quando è lo stereotipo a prevalere, l’individuo perde il valore di «soggetto», per diventare l’«oggetto» del modello simbolico di cui si vuole sia specchio.
Un’operazione che riesce perfettamente se i dominati percepiscono come “oggettivi” quei modelli pregiudiziali, fino a considerarli necessari, in un paradossale riconoscimento dell’ordine dato dai loro padroni.
Quando le donne – ieri come oggi – si ribellano a questo ordine, ecco allora scattare la repressione feroce per ripristinare quell’orgia di possesso e di dominio che nega loro autonomia, dignità, parità... mediante una molteplicità di violenze: dalle più o meno subdole e ovattate di accerchiamento psicologico, a quelle fisiche... fino all’omicidio.
E di femminicidio in Italia ogni due giorni muore una donna per mano di piccoli uomini la cui unica legge è la prevaricazione.
Una violenza che può esistere grazie alla connivenza omertosa col maschilismo, che proprio come un virus si metabolizza e circuisce con parvenze di protezione, calibrata tra attenzioni “amorose” e ricatti “affettivi” per ottenere meglio la subordinazione dell’«altra da sé».
È la maschera del maschilismo benevolo, che rispolvera la favola dell’«eterno femminino» in esercizi di stile sulle “connaturate” doti delle donne: dolcezza, sentimento, amabilità, grazia, che in pratica significano: soggezione, sopportazione, obbedienza, rassegnazione su cui tanti maschi ritengono di potersi accomodare pensando di aver diritto al ruolo di servizio sacrificale delle donne.
Ma, mentre le donne di cammino ne hanno fatto per uscire dalla gerarchia di potere patriarcale, i piccoli uomini restano reclusi nel non senso «sono superiore perché sono maschio»; incapaci di conquistare al cervello analitico-critico sempre maggiori spazi di quella cognitività, che farebbe loro riconoscere ogni individuo, eguale in diritti e dignità.
Come hanno fatto, e fanno, tantissimi uomini che insieme alle donne lottano per un mondo senza più sfruttati e sfruttatori.
Allora il 25 novembre, Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne, non è certo un rituale, ma la riaffermazione del patto sociale di un’azione politica, che chiama ogni giorno all’impegno: la Repubblica per rimuovere gli ostacoli che impediscono l’emancipazione di ciascun cittadino dalla soggezione.
E ciascun cittadino alla consapevolezza, che la violenza sulle donne lo riguarda per sradicare la omertosa rete di coltura maschilista e i suoi sogni di restaurazione patriarcale.
Maria Mantello
(25 novembre 2019)
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