martedì 16 aprile 2019

Sviluppo sostenibile: l'ossimoro dell'economia dell'assurdo

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E" possibile uno sviluppo infinito in un mondo di risorse finite? 
Anche un bambino potrebbe rispondere di no. Quando le risorse finiscono lo sviluppo basato su di esse termina. E allora perchè continuano a dirci, e parlo di tutti i maggiorenti della terra, che "la recessione è lo spauracchio da evitare" e che "il PIL deve crescere altrimenti sono guai"?
Quando sarà il momento di iniziare ad occuparsi di un mondo da vivere e non da sfruttare? 
La verità intuitiva è che nessuno sviluppo costante e infinito può essere sostenibile. Ecco perchè "sviluppo sostenibile", lungi dall'essere una cosa seria, è un ossimoro, una contraddizione enorme, un'ipocrisia feroce atta solamente a confondere le masse, inventata da chi vuole giustificare un modello pesantemente sbagliato, modello che per altro è il teatro entro il quale noi, piccoli atomi dell'enorme organismo, ci muoviamo nel nostro piccolo, preda delle quotidiane esigenze, arrancanti dietro a desideri frustrati e possibilità negate. Ma basta alzare la testa da questo quotidiano sbuffare alla rincorsa dell'inesistente e virtuale "carota", per renderci conto dell'insensatezza del modello.
Cosa sarebbe questo "sviluppo sostenibile"?
I documenti ufficiali dell'ONU dedicano un grande spazio al modello dello sviluppo sostenibile: deve essereeconomicamente fattibile, socialmente giusto e ambientalmente corretto. Il primo dei due termini, lo "sviluppo", nel linguaggio politico dei governi equivale al prodotto interno lordo (PIL) che cresce e in quello delle imprese al fatturato e agli utili che annualmente devono essere sempre superiori all'anno precedente. Nell'attuale contesto guai alle imprese e a quei paesi che non hanno indici positivi di crescita annuale! 
Sviluppo nel mondo degli scambi in Borsa significa guadagnare denaro, col minore investimento possibile, col massimo rendimento possibile, e nel minore tempo possibile.
Sviluppo è quindi un concetto antropocentrico perché è basato unicamente sull'essere umano, come se non esistesse la comunità del pianeta, la sua natura, il complesso degli organismi viventi animali e vegetali 
che -al di là di questo essere umano avido e prevaricatore- hanno bisogno della biosfera e ugualmente chiedono sostenibilità.
"Sviluppo sostenibile" è un concetto contraddittorio e sbagliato.
È contraddittorio, perché sviluppo e sostenibilità hanno logiche contrapposte. 
Lo sviluppo economico della nostra società è lineare, crescente, depreda la natura e privilegia l'accumulazione privata. È l'economia politica liberista, o neo-liberista in cui viviamo. 
Il concetto di sostenibilità, diversamente, proviene dalle scienze che studiano l'eco-sistema, la cui logica è olistica e inclusiva. Sostenibilità rappresenta la tendenza degli ecosistemi all'equilibrio in un dinamico continuum di cambiamento, la necessità dell'interdipendenza e della cooperazione di tutti con tutti. 
Come si può dedurre, sono logiche contrapposte: una privilegia l'individuo, l'altra il collettivo; una promuove la competizione, l'altra la cooperazione; una l'evoluzione del più adatto, l'altra un'evoluzione interconnessa di tutti gli esseri.
Il concetto è errato perchè, paradossalmente, letto all'opposto, vorrebbe dire "decrescita insostenibile", "povertà non ecologica".
La povertà non può essere la causa della degradazione ecologica. E non è vero che minore sarà la povertà, maggiore sarà la sostenibilità. Le cause reali della povertà e del degrado ambientale, derivano principalmente dal nostro modello di sviluppo. È questo che produce la degradazione, perché dilapida la natura, paga bassi salari e genera povertà.

Questo sviluppo sostenibile è una trappola del sistema imperante: assume i termini dell'ecologia, della sostenibilità, per svuotarli di significato. Assume l'ideale dell'economia (la crescita), mascherando la povertà che esso stesso produce.

Ai nostri deboli occhi di gente postmoderna e “civilizzata” la crescita è la manifestazione della più grande felicità possibile, la sola – materiale e tangibile – che si possa sperare di raggiungere, ma il sogno sbagliato di questa piccola e tremante folla che anima una società sempre desiderante e colma di bisogni materiali si rivela per quello che è agli occhi più allenati e disincantati: una pericolosa illusione.
Dietro le vetrine sontuose e luccicanti, dietro i lussuosi ristoranti e piatti prelibati, scorrono lo sfruttamento, la prevaricazione, le malefatte e l'immondizia che imbrattano e feriscono la bellezza del nostro pianeta. Ma la folla, anelante, istigata dai media, smaniosa, persa nei suoi deliri consumistici, nei suoi appetiti smisurati, continua ad accalcarsi e a desiderare, senza rispetto per il prossimo e senza alcuna regola… 
Oltretutto solo in pochi riescono ad arrivare a godere dei tesori promessi e, a spese delle masse impoverite, spesso inconsapevoli, giungono a servire coloro che reggono le sorti dell’Impero. 
L’Impero, con il suo ingannevole luccichio, i suoi monumenti al consumo e suoi parchi giochi per adulti, dimostra una volta di più quanto non sia a misura d'uomo, quanto non sia sostenibile per il futuro. 
La continuità di tale modus operandi fortunatamente comincia ad essere messa in discussione. L’illusione indotta dai meccanismi mediatici si dimostra sempre più in difficoltà a garantire il conformismo e l’ammaestramento delle masse: nelle ansie, nelle frustrazioni e nelle fobie quotidiane, moltiplicate esponenzialmente dagli effetti della crisi, la macchina del potere mostra sempre maggiori crepe, in molti cominciano a capire che prima o poi dovrà fermarsi, o incepparsi, o deragliare rovinosamente…

In un futuro che sembra avvicinarsi sempre più, questo sistema economico alimentato dal consumo di risorse, di energia, di cibi carnei, a tassi sempre in aumento, che emette prodotti di scarto a ritmi che non possono essere assorbiti dagli ecosistemi della Terra, diventerà insostenibile. La società industriale per come la conosciamo non può proseguire per sempre e neppure molto a lungo.
Il nostro sistema economico può sussistere solo all'interno dei limiti della Terra, almeno fino a quando non sapremo trovare altri mondi, mi si permetta la battuta. Fortunatamente per ora è solo fantascienza.
E' dal 18° secolo che generazioni su generazioni di banchieri e di potenti hanno venduto la propria anima al diavolo per una ricchezza di breve periodo, del massimo e subito, in un parossismo che ha un solo nome: avidità. 
Il collasso conseguente non verrà domani, né questa settimana o quest’anno, ma il nostro sistema economico è in declino.
Un sistema basato sulla crescita infinita esiste in matematica ma non in natura. Questo sistema, partito da due secoli e mezzo fa sta arrivando sempre più velocemente al suo limite. Un'auto contro un muro, se continua a dare gas, ad un certo punto fonde il motore. 
Invece di continuare e ostinarsi a crescere, visto che crescere non si può più, si dovrebbe iniziare a governare in modo ragionevole la cosiddette "decrescita".

Il punto è molto semplice. Per dipendere meno dall'energia, si deve consumarne di meno. Ciò non significa "rimanere al freddo e senza energia elettrica", come ipocritamente sostengono i detrattori di chi porta avanti un discorso del genere. Significa invece attuare tutta una serie di operazioni in grado di consumare meno pur mantenendo degli standard di confort quasi uguali a quelli attuali. E la cosa avrebbe un triplice, anzi quadruplice beneficio.
Primo - ed è un discorso prettamente inerente il tema della decrescita - consumare meno significa costruire abitazioni in grado di ottenere lo stesso rendimento termico ed energetico, ovvero lo stesso confort, ma con un consumo decisamente ridotto. Si può fare e le tecnologie in tal senso ci sono già. Se non lo si fa è proprio perché si preferisce - per la crescita del Pil e le rendite di posizione dei monopolisti- che si continui a consumare e sperperare denaro e risorse. Ma è una scelta.
In secondo luogo tutto il processo di costruzione e soprattutto riconversione delle costruzioni vecchie, costose e divoratrici di energia, sarebbe in grado, da solo, di creare quantitativi enormi di posti di lavoro. E se a questo si aggiungesse la volontà di investire sul serio sulle energie alternative, sul riassetto dei territori massacrati dall'urbanizzazione, sul ricupero dell'ambiente, i posti di lavoro potrebbero diventare milioni e milioni. Solo gli Stati possono produrre ricchezza per le masse, come ben insegnò la grande crisi del '29 e i principi keynesiani che la risolsero.

In terzo luogo operare una scelta alimentare di tipo vegetariano, in grado di sprecare 10 volte meno le risorse della terra e ridurre di molto le emissioni dannose di CO2, vorrebbe dire contestualmente migliorare di molto la nostra salute evitandoci anche le numerosissime patologie legate al consumo di carne.
In quarto luogo, una politica di decrescita intelligente che riducesse le nostre emissioni dannose, migliorerebbe l'aria che respiriamo, la nostra vita, e lascerebbe un mondo migliore ai nostri figli e alle prossime generazioni.

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