La stessa nota rimarca che la “Cina è contraria al ritiro degli Usa e sollecita Stati Uniti e Russia a risolvere in modo adeguato le differenze attraverso un dialogo costruttivo”.“Rispondiamo simmetricamente, se i nostri partner statunitensi hanno annunciato che sospenderanno la loro partecipazione al trattato, lo sospenderemo anche noi”, ha detto Putin dopo aver incontrato il ministro degli Esteri Sergei Lavrov e quello della Difesa Sergei Shoigu. Sebbene il leader del Cremlino abbia indicato che “Mosca non ha intenzione di iniziare una corsa agli armamenti”, si è detto favorevole alla proposta avanzata dal Ministero della Difesa russo di avviare lo sviluppo di un nuovo missile supersonico a medio raggio, secondo una dichiarazione riportata dall’agenzia di stampa ufficiale Ria Novosti. Putin ha quindi accusato gli Stati Uniti di violare i termini dell’accordo firmato dai due paesi nel 1987, e ha chiesto un controllo internazionale dell’arsenale nucleare degli Stati Uniti in risposta alle stesse accuse fatte ieri dal suo omologo statunitense, Donald Trump. Putin ha promesso che la Russia non dispiegherà “missili a gittata intermedia e inferiore” a meno che gli Stati Uniti non facciano lo stesso. E ieri, a fronte della dichiarazione di ritiro da parte di Washington, il vice ministro degli Esteri russo Serghei Ryabkov ha detto: “Abbiamo imparato la lezione”. Mosca, del resto, non è impreparata. Le ultimissime armi sviluppate su ordine del Cremlino servono proprio a questo: si va dalla testata a planata ipersonica Avangard al sistema missilistico (sempre ipersonico) Kinzhal, ai droni sottomarini nucleari Poseidon, in grado di scatenare tsunami radioattivi che distruggerebbero le città costiere nemiche. Un kit, stando alle analisi del Cremlino, in grado di rendere nulle le attuali mosse militari americane. “L’Europa – ha tuonato il presidente della commissione Esteri della Duma Leonid Slutki – è cieca nella sua solidarietà atlantica: l’ombra della guerra aleggia sul continente e si tratta di uno scenario terribile”.
Il senso del trattato Inf e il ritiro degli Usa – Il trattato mise fine alla tensione legata ai missili nucleari di raggio intermedio su territorio europeo, stabilendo che fossero vietati quelli di portata fra 500 e 5.500 chilometri. Il ritiro sarà effettivo “entro sei mesi, a meno che la Russia rispetti i suoi obblighi distruggendo tutti i suoi missili, lanciamissili ed equipaggiamenti che violano il testo”, ha scritto ancora Trump. E ha aggiunto: “I nostri alleati della Nato ci appoggiano, perché comprendono la minaccia posta dalla violazione della Russia e i rischi per il controllo delle armi posti dall’ignorare le violazioni dei trattati“. In contemporanea, la Nato diffondeva una nota in cui esprimeva “pieno appoggio” a Washington. Trump ha poi detto, hanno riferito giornalisti al suo seguito, di essere favorevole a un “nuovo trattato”, “aggiungendo dei Paesi“, a patto che “tutti lo rispettino”.
Già nel 2014 gli Usa, allora sotto la presidenza di Barack Obama, avevano accusato la Russia di violazioni, e Trump a ottobre ha evocato la possibile uscita dall’intesa. A inizio dicembre, da Bruxelles e con il sostegno della Nato, Pompeo aveva dato alla Russia un ultimatum di 60 giorni: entro il 2 febbraio avrebbe dovuto smantellare i suoi nuovi missili in violazioni del trattato, altrimenti gli Usa si sarebbero ritirati. A nulla sono valsi i colloqui degli ultimi mesi per risolvere l’impasse. La Russia ha condannato la decisione americana, parlando di accuse infondate e definendo il ritiro “estremamente irresponsabile” perché l’intesa è “necessaria” per la “sicurezza europea”, ha riferito AFP. Ha anche accusato Washington di voler “sfinire economicamente” la nazione, “in una nuova corsa agli armamenti”.
“Possibili conseguenze sul Vecchio Continente” – Se i giochi pericolosi tra Russia e Stati Uniti “dovessero finire male” – spiega un’alta fonte diplomatica europea all’agenzia Ansa – le conseguenze “ricadranno” sul Vecchio continente, che dovrà dunque fare i conti con un altro fronte di crisi, come se non ce ne fossero già abbastanza. “Nella Guerra Fredda – continua la fonte – c’erano due blocchi contrapposti e la situazione era più prevedibile: ora invece gli attori sono multipli e le sorgenti di attrito più insidiose”. In sostanza, al giorno d’oggi non ci sono solo i missili ma anche le sfide poste dal cyberspazio, tra attacchi hacker e guerre di fake-news. Il rischio è che, smantellando i tiranti di contenimento elaborati nel XX secolo, ci si trovi del tutto nudi nel caso in cui la situazione si avvitasse nel prossimo futuro, per ragioni e con strumenti magari modernissimi. Ma le bombe nucleari restano bombe nucleari. E come ha giustamente sottolineato il quotidiano Izvestia, le classi dirigenti del passato avevano ancora ben impresse nella memoria gli orrori delle guerre ‘calde’, mentre oggi il mondo è governato da politici privi di quel tragico ricordo.
“Il rischio di un incidente militare tra Russia e Nato – conclude la fonte – sta crescendo, data la prossimità dei due schieramenti, e dobbiamo assicurarci che esistano procedure per gestirne le eventuali conseguenze”. E non è dunque un caso che l’Europa stia gestendo la crisi del trattato Inf proprio “attraverso le strutture della Nato“. Ora resta da vedere quale sarà la mossa di Mosca nei prossimi sei mesi (tanto durerà la sospensione unilaterale degli Usa prima di dichiarare definitivamente morto il trattato). La posizione russa, già tratteggiata da Vladimir Putin, è quella di non farsi trascinare in una nuova corsa agli armamenti che spezzerebbe (economicamente) la schiena al Paese: la Russia non ha infatti le risorse per seguire gli americani lungo questa strada.
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