Quali spazi si sono aperti?
Chi sta aspettando che si chiudano?
Che occasioni stiamo mancando?
Chi sta aspettando che si chiudano?
Che occasioni stiamo mancando?
#indietrononsitorna
Mi
prendo alcune righe per esprimere qualche pensiero, immaginando che una
riflessione personale si possa riversare immediatamente in una
considerazione collettiva. Perché è certamente vero che ci vuole
dinamismo e fiuto per inserirsi al meglio nei processi in corso, ma è
anche vero che è necessario innanzitutto dotarsi di un vocabolario
definito (e che sia quello e solo quello, non sono accettabili sinonimi
in certi casi) e una coerenza non delegabile a soggetti terzi.
Guardiamoci
intorno. Sembrerebbe lo sfacelo.
Mentre la destra avanza e cerca di
imporsi in tanti angoli del mondo (non sto parlando solo di
organizzazioni quanto piuttosto un modo di vivere e sentire la realtà,
che è qualcosa di ben più pericoloso)…
mentre milioni di persone non
arrivano alla fine della giornata, alla fine del mese, alla fine del
viaggio in barcone…
mentre volano numeri da capogiro sulla sproporzione
della ricchezza globale (quel 99% percento di qualche anno fa non ce
l’eravamo mica inventato)…
mentre il Venezuela è sotto attacco per
“carenza di democrazia” dopo 25 passaggi elettorali in 20 anni…
mentre
accade tutto questo, i Trattati dell’Unione Europea vengono superati da
Macron e Merkel ad Aquisgrana, che puntano direttamente alla costruzione
di un nuovo impero carolingio che sia Centro di un’immensa, devastata,
dimenticata, ipersfruttata Periferia.
Però
sento ancora in giro che i Trattati dell’UE “non si devono rompere”.
A
destra li superano, o fingono di volerlo fare. “A sinistra” li venerano.
E
sento ancora in giro che la cosa più importante è “la libertà del
popolo” venezuelano, come se questa libertà fosse qualcosa che si compra
al mercato. “Un po’ ha ragione Maduro, un po’ no, io parlo con tante
persone e sono distante dal Venezuela quindi non possiamo sapere”.
L’equidistanza tra le parti, che finisce sempre per privilegiare il più
prepotente, dovremmo aver imparato a riconoscerla negli anni. E invece a
destra ci si schiera. “A sinistra” si è super partes.
E
sento ancora in giro che quando si parla in astratto siamo tutti
d’accordo, perché la NATO è cattiva, perché con i soggetti che si
alleano con il PD neanche morti, perché l’Europa dei popoli è una bugia a
cui nessuno crede più, ovvio.
Però
poi, suvvia, siamo responsabili un pochetto pure noialtri, sui golpe ci
va bene una presa di posizione nebulosa, e solo se la CGIL è così
reazionaria da fare un picchetto a sostegno di Guaidò ci scandalizziamo.
E
però suvvia, non possiamo essere settari sempre e comunque, e se in una
coalizione ci troviamo gente che – insieme alla propria casa madre, il
PD – ha massacrato, massacra e massacrerà la nostra gente, che ci
possiamo fare? E
però suvvia, non scherziamo, non siamo mica sovranisti noialtri, e se
un’opzione come il Green New Deal, incompatibile con noi, se ne va, vuol
dire che abbiamo vinto.
Io
invece mi porrei il problema del fatto che qualcuno, un’altra e ennesima
volta, ha anche solo pensato di poter scendere a patti con una visione
del genere. Non è questione di fiducia, il punto è la coerenza.
Per
me il problema sta alla base. Non so che ne pensiate voi, però mi pare
evidente.. il popolo non perdona errori del genere, perché vuole
prospettive e se tu non gliele dai, perdonate il francesismo, ti
sfancula. E fa bene. Benissimo. La poca chiarezza non vuol dire non
schierarsi, vuol dire schierarsi contro.
Mi
spiego, prendendo in prestito un esempio che in questi giorni fa più
discutere. Personalmente non credo che milioni di italiani stiano solo
aspettando altro che qualcuno dica che il governo socialista del
Venezuela è sotto attacco da parte dell’imperialismo USA, con la
complicità di NATO, UE e compagnia bella.
Non
credo che sia evidente nei bar, negli stadi, nei parchetti giochi, che
in molti vedono in quest’esperienza di progresso alternativo allo
sfruttamento un pericolo, e che deve finire perché al mondo c’è spazio
solo per i profitti del capitale. Ovvio che no.
Ma se
scegliamo di non pretendere chiarezza dai nostri partner, se scegliamo
di non essere chiarissimi noi, stiamo rinunciando già in partenza a
lottare affinché la nostra visione – chiara, lucida, consapevole –
si imponga nella società. Stiamo lasciando il campo libero alla
schiettezza dei “sono solo terroristi comunisti sanguinari”, “una
dittatura brutale che affama il popolo”. Queste sono prese di posizioni
nette, putride e padronali, certamente, ma nette.
E noi
le dobbiamo contrastare con altrettanta schiettezza, pena l’uscita dal
campo di gioco. Per questo abbiamo deciso di scendere in campo, per
essere netti e pretenderlo dai nostri alleati.
Dico
questo perché dopo anni in cui è stato impossibile agire con forza da
sinistra nella società tutta, oggi si sono aperti spazi. Spazi per una
politica coerente, d’alternativa, sinceramente di classe. Ma la classe
puzza, signori miei, ha contraddizioni a non finire e se ha paura può
anche votare un ducetto come Salvini o un democristiano facciadaschiaffi
come di Maio.
La
classe non ti dà ragione perché dici belle parole o fai il programma più
studiato, partecipato, votato, mipiacciato. Vuole soluzioni strutturali
e tangibili. E se queste non sono possibili nell’immediato, pretende
chiarezza e sincerità. Gli esempi dei nostri tantissimi (e doverosi) “vi
facciamo vedere come si fa”, agli occhi del nostro blocco sociale
valgono solo se avremo la forza per estenderli ovunque, perché in caso
contrario sono solo bandierine. E la nostra gente vuole concretezza e
coerenza, sempre e ovunque, non bandierine da sventolare.
Per
questo credo che non possiamo stare qui a aspettare che gli spazi che si
sono aperti vengano chiusi a forza da parte dei nostri nemici e dai
loro complici. Siano questi ultimi scemi o stronzi non importa. Il punto
è se saremo noi ad essere consapevoli o inconsapevoli di quel che
abbiamo davanti, e se vogliamo prendere posizione davvero, una posizione
non equidistante, una posizione partigiana. E magari andarla a gridare
nei quartieri popolari, per vedere chi la spunta: noi o la reazione.
I
giochi sono aperti, ma a volte mi pare che noi stiamo ancora a discutere
negli spogliatoi (che colore sulla divisa? meglio questo o quello
sponsor?) quando il calcio d’inizio è fischiato da molto tempo. E allora
scendiamo in campo a petto nudo, senza sponsor, come abbiamo già fatto
una volta.
L’occasione che stiamo rischiando di mancare è una, semplice e concreta: vincere.
Vincere vuol dire provare a dare una svolta differente alla Storia.
Come guarda caso, stanno cercando di fare in Venezuela. Per questo io
non ho nessuna intenzione di soprassedere ai pochi punti che abbiamo
messo in fila in queste ultime settimane.
Non siamo nati per parlare alle forze della “sinistra”.
Siamo nati per parlare e costruire organizzazione popolare. Per questo non vogliamo né possiamo permetterci di tornare indietro.
#indietrononsitorna
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