Sono
numerose le manifestazioni per il cambiamento climatico che stanno
attraversando l’intero Belgio a cui come Potere al Popolo Bruxelles
stiamo partecipando. Sabato 27 gennaio 70.000 persone hanno inondato le
strade di Bruxelles e lo scorso giovedì, per la quarta settimana di
seguito, migliaia di studenti hanno saltato le lezioni e manifestato in
diverse città come Bruxelles, Charleroi, Liège, Louvain, Anversa.
La
#generationclimatic: un fiume di giovani e non solo, che non si arresta
e che da tutte le parti del paese sta ponendo innanzitutto il governo
di fronte alla grande mancanza di un piano di rispetto per l’ambiente e
di riconversione ecologica. Ma la rivendicazione più forte ovviamente è
quella di una giustizia climatica che inizi a far pagare i danni
ambientali a chi li ha provocati e che miri a programmare politiche per
limitare gli effetti negativi del cambiamento climatico. Dunque le
grandi mobilitazioni in tutto il paese stanno ponendo l’emergenza di
costruire un’alternativa che abbia carattere ecologico e sociale a
questo sistema.
Il
PTB (Parti du Travail de Belgique) ha accolto le rivendicazioni e ha
risposto all’appello di decine di migliaia di manifestanti e studenti in
sciopero che, appunto, chiedono impegni concreti e una maggiore
fermezza nella lotta contro la crisi ambientale. Il 30 gennaio il
presidente del PTB Peter Mertens ha presentato il piano per il clima
insieme a due giovani attivisti: Jos D’Haese, 26 anni, biologo, attivo
nel movimento giovanile ambientalista e Natalie Eggermont, 30 anni,
medico di emergenza e una tra le fondatrici del movimento ambientalista
Climate Express.
“Provate
a immaginare: un paese che non contribuisce al riscaldamento globale.
Un paese con un’aria più pura, che produce il 100% di energia
rinnovabile. Siamo convinti che sia possibile raggiungere questo
obiettivo entro il 2050. A una condizione: lanciare oggi un’ambiziosa
rivoluzione climatica e sociale pagata dai super ricchi. Con dei
provvedimenti che non spremono le persone come limoni, che favoriscono
la costruzione di alloggi con un miglior isolamento, con un sistema di
trasporto pubblico gratuito e tariffe economiche per l’energia”, Peter
Mertens, presidente del Parti du Travail de Belgique (Ptb).
Quello
presentato dal PTB è un piano di giustizia economica e sociale che
punta ad una riduzione del 60% delle emissioni entro il 2030, ponendo
standard vincolanti per la grande industria, creando una banca per gli
investimenti climatici e adottando un trasporto pubblico gratuito.
Qui il “programma in 10 punti del PTB per una rivoluzione climatica sociale” tradotto in italiano da “Il Salto”.
Uno: il tempo stringe: 60% in meno di emissioni entro il 2030
“Se
non cambiamo il corso delle cose prima del 2020, corriamo il rischio di
un cambiamento climatico incontrollato con conseguenze disastrose per
gli esseri umani e per tutti i sistemi naturali da cui dipendiamo.”
Queste sono le parole del segretario generale delle Nazioni Unite
Antonio Guterres. Questa affermazione ha il consenso della comunità
scientifica ed è costantemente confermata dai rapporti e dagli studi
dell’IPCC, il gruppo di esperti sul clima delle Nazioni Unite.
Per
limitare il riscaldamento globale di 1,5°C, dobbiamo fissare un
obiettivo vincolante: il 60% in meno di emissioni entro il 2030, non il
35%, il valore di cui si parla attualmente. Dobbiamo creare un
dipartimento speciale dell’Ufficio di pianificazione che calcoli gli
investimenti necessari per ridurre le emissioni di gas serra. Fino al
raggiungimento della neutralità climatica nel 2050. L’obiettivo è avere
il 50% di risparmio energetico e il 100% di energia rinnovabile.
Due. Il clima non conosce confini: un solo ministro per il clima, l’energia e la mobilità
Gli
ultimi dati mostrano che il Belgio è in ritardo e che non raggiungerà
nemmeno i suoi obiettivi climatici limitati per il 2020. Oggi, abbiamo
quattro ministri del clima, con stipendi molto alti, ma nessuna politica
sul clima.
Sosteniamo
la rivendicazione dei giovani “scioperanti climatici” di avere un solo
ministro competente per il clima. Vogliamo che un ministro sia
responsabile di una politica climatica coerente. Trasferiamo tutte le
competenze ambientali, energetiche e climatiche a livello federale.
Questa è una delle condizioni necessarie per lo sviluppo di una
pianificazione efficace, e per evitare l’eterno bisticcio tra le diverse
entità del nostro paese.
Tre.
Se il clima fosse una banca, sarebbe già stato salvato: dobbiamo
aumentare ogni anno di altri 5 miliardi di euro questa voce del bilancio
Quando
scoppiò la crisi bancaria, furono immediatamente trovate decine di
miliardi per salvare i rapaci banchieri. Oggi vogliamo questa stessa
volontà politica per far fronte alla crisi climatica.
Vogliamo
creare una banca d’investimento per il clima per finanziare la
pianificazione ecologica. Una banca che investirà annualmente 5 miliardi
di euro in recupero di calore, energia rinnovabile, trasporto pubblico,
rete intelligente, isolamento termico, ricerca e altre leve. Tale
importo dovrebbe essere gradualmente aumentato a 10 miliardi di euro
all’anno. Con questo importo, stiamo ancora una volta portando la
dimensione degli investimenti pubblici a livello degli anni ’80.
Quattro. Far pagare i grandi inquinatori: standard di emissioni vincolanti per le grandi aziende
Non
si può lasciar perdere: i 300 maggiori inquinatori sono ora
responsabili del 45% delle emissioni totali del Belgio. Ma il sistema
europeo di scambio di quote di emissioni (ETS), attraverso il quale le
quote di emissione possono essere comprate e vendute, è un fallimento
completo. Non solo non riduce le emissioni, ma è una vera e propria
speculazione. Ancora più importante, queste stesse multinazionali
utilizzano questo sistema per arricchirsi ancora di più sulle spalle del
clima e della comunità.
Il
Belgio deve ritirarsi dal sistema europeo di scambio delle emissioni.
Dobbiamo introdurre norme vincolanti sulle emissioni per settore, per i
grandi produttori di gas a effetto serra, in linea con le nostre
ambizioni di raggiungere il 60% in meno di emissioni nel 2030. I grandi
inquinatori sarebbero quindi costretti a investire nell’ambiente
generando risparmio energetico e investendo nelle fonti di energia
rinnovabile. Questi investimenti sul clima offrono molte opportunità per
nuovi posti di lavoro. Vogliamo una transizione sociale con l’accordo
dei sindacati, in cui i lavoratori di queste aziende siano tutelati e
formati per adattare i processi produttivi.
Cinque. Power to the people: energia pagata dal pubblico
Dobbiamo
investire noi stessi nell’energia del futuro. Invece di fidarsi di
Engie, EDF e delle altre società energetiche multinazionali, che ora
vogliono costruire di nuovo le centrali a carbone, vogliamo un settore
energetico pubblico, che sia nelle mani della comunità e sotto controllo
democratico.
Chiuderemo
definitivamente le vecchie centrali nucleari. Invece di investire 50
miliardi di euro per una nuova centrale nucleare che richiederà almeno
un decennio di attesa, dobbiamo creare una società energetica pubblica
per realizzare rapidamente investimenti su larga scala di energia
rinnovabile a prezzi accessibili. Vogliamo agevolare anche le società di
energia comunali, le cooperative pubbliche e cittadine, per sviluppare
localmente il sistema energetico di domani.
L’energia
è un diritto, non un lusso. L’IVA su gas ed elettricità deve passare
dal 21% al 6%. Vogliamo introdurre una tariffa energetica accessibile
per gli individui e regolata da autorità pubbliche, come la “tariffa
blu” in Francia. Il costo dell’energia verde non dovrebbe essere
trasferito sulla bolletta energetica delle famiglie, e gli esorbitanti
profitti realizzati sui pannelli solari da aziende molto grandi come
Fernand Huts & Co. dovrebbero essere eliminati. Anziché far pagare
ai consumatori il costo delle sovvenzioni sui pannelli solari, vogliamo
che siano Electrabel e compagnia a farsi carico del maggior costo.
Sei. Fate spazio alla rivoluzione dell’idrogeno
Il
sole non splende sempre e il vento non soffia sempre con la stessa
intensità. Se vogliamo essere in grado di garantire una disponibilità
totale e permanente di energia rinnovabile, dobbiamo essere in grado di
memorizzarla. Per compensare le irregolarità di produzione, vogliamo
pertanto investire nello stoccaggio delle eccedenze durante i periodi di
punta. Rifiutiamo l’idea della batteria e scegliamo la pista
dell’idrogeno. L’obiettivo è trasformare l’energia in eccesso in
idrogeno mediante elettrolisi dell’acqua. Questo idrogeno può essere
immagazzinato e trasformato a sua volta in elettricità o utilizzato come
combustibile per il trasporto a emissioni zero (treni, navi, autobus,
camion e auto). Vogliamo sviluppare prodotti petrolchimici circolari per
fissare la CO2 in prodotti sostenibili grazie all’idrogeno rinnovabile.
Sette. Pianificazione dell’isolamento termico degli edifici: buono per il clima, ma anche per il portafoglio
I
meno abbienti sono anche quelli che, più spesso, vivono in case mal
isolate. Attraverso uno schema di pagamento di una parte terza, la Banca
d’Investimento Climatico fornirà alle famiglie precarie la possibilità
di effettuare un buon isolamento e altre misure di risparmio energetico.
In
collaborazione con i comuni, condurremo un censimento e un’analisi
della situazione di isolamento degli alloggi e proporremo un piano di
lavori di ristrutturazione complessivi. Ciò sarà possibile grazie alla
concessione di prestiti adeguati dalla Banca d’Investimento Climatico.
Il nostro piano prevede il raggiungimento della neutralità climatica di
tutti gli edifici pubblici e alloggi sociali entro il 2030. Vogliamo
investire nelle reti di teleriscaldamento e raffreddamento che
utilizzano il calore residuo dell’industria e sostituiscono i singoli
sistemi di riscaldamento e raffreddamento.
Otto. Tabella di marcia 2030: triplicare il tasso di utilizzo di treni, tram, autobus e metropolitane per i viaggi
Ecomobility
è un termine che continua a tornare in bocca ai nostri leader, ma ciò
non ha impedito loro di risparmiare oltre 3 miliardi sul budget della
SNCB. In questo modo costringono le persone a usare le loro auto e
impediscono l’introduzione di alternative. Con la nostra Tabella di
Marcia 2030, ossia uno sguardo nazionale sui trasporti pubblici, il
nostro obiettivo è triplicare entro il 2030 il tasso di utilizzo di
treni, tram, autobus e metropolitane per i viaggi. In altre parole,
entro il 2030 vogliamo fornire una connessione di quattro treni all’ora
tra le principali città del paese e sulle linee da e verso agglomerati e
dintorni. Per garantire la puntualità dei treni, vogliamo fare
ulteriori investimenti in personale e attrezzature.
Nove. Trasporto pubblico gratuito
Entro
la fine del 2019, il Lussemburgo sarà il primo paese al mondo ad avere
trasporti pubblici completamente gratuiti. In Europa, 56 città stanno
sperimentando trasporti pubblici gratuiti. Vogliamo seguire questo
esempio e rendere gratuiti tutti i servizi di CET, STIB e De Lijn.
Piuttosto
che una tassa “a chilometro”, vogliamo introdurre treni gratuiti per i
pendolari, per i pensionati, per le persone in cerca di lavoro, minori e
studenti. Vogliamo anche rendere il treno il mezzo di trasporto
standard per i viaggi di meno di 1000 km all’interno dell’Europa.
Anziché introdurre nuove tasse sui biglietti aerei, vogliamo rendere i
treni ad alta velocità e i treni notturni accessibili come
un’alternativa sostenibile ed economica ai viaggi aerei.
Dieci. Nessuna tassa sul CO2. La rivoluzione climatica deve essere socialmente giusta
“Alcuni
dicono che la crisi climatica è qualcosa che tutti abbiamo creato, ma è
sbagliato, perché se siamo tutti colpevoli, nessuno è responsabile”. È
in questi termini che la coraggiosa Greta Thunberg, a soli 16 anni, si è
rivolta agli amministratori delegati delle più grandi banche e
multinazionali del mondo riunite a Davos. Greta ha denunciato anche il
fatto che una piccola élite continua a raccogliere enormi profitti ogni
anno non facendo nulla per contrastare il riscaldamento globale. E non
ha paura di aggiungere “E penso che molte persone qui oggi appartengano a
questo gruppo.”
La rivoluzione climatica sarà sia sostenibile che sociale. Non
vogliamo una tassa sul CO2, che faccia pagare ai consumatori il costo
di un approvvigionamento energetico sostenibile, e che sia allo stesso
tempo inefficiente. Per finanziare la rivoluzione climatica, le tasse
devono essere pagate dai super-ricchi la cui fortuna ammonta a oltre 2
milioni di euro. Sono i principali contributori del riscaldamento
globale, ma anche i meno vulnerabili alle ripercussioni.
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