La revisione, frutto di un gruppo di lavoro promosso da La Società della Ragione, coinvolge sia la parte penale – con una sostanziale semplificazione delle condotte e una rimodulazione delle pene – che quella esecutiva, in termini di maggior accesso ai benefici penitenziari e di servizi pubblici (come l'istituzione presso ogni Tribunale di servizi pubblici per le dipendenze per segnalare al giudice l'esistenza di un programma in corso e, soprattutto, predisponendone uno d'urgenza, anche d'ufficio, da trasmettere all'organo giudicante), al fine di rafforzare l'apporto delle opzioni alternative al carcere e al processo ed affrontare concretamente il problema del sovraffollamento carcerario, in un'ottica di risocializzazione e reinserimento del condannato.
Fondamentale passaggio della riforma è quella di definire, una volta per tutte, lecito, sia in termini penali che amministrativi, il mero consumo di stupefacenti e delle condotte a esso strumentali. È stato da un lato abrogato l'art. 75 del Testo Unico, che stabiliva il principio di illiceità amministrativa del consumo, con una serie di sanzioni potenzialmente di impatto assai desocializzante; dall'altro, al fine di sottolineare anche simbolicamente la novità, l'espressa affermazione della liceità del consumo è stata posta al comma 1 dell'art. 72 del Testo Unico, in apertura del capo relativo alla repressione delle attività illecite.
Le condotte punibili sono state ridotte a quattro tipologie fondamentali rispetto alle diciassette iniziali: produzione, acquisto, detenzione e cessione; tutte, a eccezione della cessione, con il doppio dolo specifico della cessione a terzi e del profitto o di altra utilità (anche una prestazione sessuale a fronte di cessione di droga, solo per fare un esempio, deve essere considerata, ovviamente, punibile).
Restano così fuori dalla penalizzazione la coltivazione e ogni altra condotta finalizzata al consumo personale o all'uso di gruppo, o comunque a contesti amicali di gratuità.
La riduzione delle pene è volta a riportare il trattamento sanzionatorio, in questa materia, in un alveo costituzionale di proporzionalità dell'offesa, differenziando il trattamento sanzionatorio a seconda della tipologia di sostanza somministrata, ritenendo, ancora una volta, che la qualità della sostanza debba incidere sulla sanzione.
Con l'art. 73 bis, mutuando le esperienze positive dei cosiddetti cannabis social club, si è introdotta la coltivazione in forma associata per l'uso (anche qui esclusivamente personale) di gruppo di piante di cannabis; si tratta di un modulo organizzativo legato al rispetto di rigide disposizioni amministrative (sulla costituzione dell'associazione, sul rilascio delle autorizzazioni, sul numero di piante coltivabili ecc), unitamente a una tassa di concessione governativa annuale; tutti elementi determinati con un Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri della salute e delle Economia e delle finanze. La competenza al rilascio, come quello di revoca, è stata affidata alla Prefettura territorialmente competente.
Ulteriore momento significativo e qualificante della proposta di legge è l'incentivazione di percorsi di sperimentazione, sui territori, di programmi innovativi. Si tratta di allinearsi con i Paesi Europei ed extraeuropei e di sperimentare sui territori l'efficacia di misure di riduzione del danno, come le stanze del consumo controllato e il pill testing.
Dopo la dichiarazione di incostituzionalità della cosiddetta legge Fini-Giovanardi, l'annosa questione del sovraffollamento delle nostre carceri, e in vista dell'importante appuntamento internazionale in sede ONU, ossia il meeting (con la presenza dei ministri competenti e dei capi di governo) della Commission on Narcotic Drugs – CND, previsto per la metà di marzo 2019, è giunto il momento che il nostro Paese si dia una linea di indirizzo sulle droghe chiara e coerente.
L'Italia, dopo che anche un Paese come gli Stati Uniti ha decretato la fine della cosiddetta war on drugs, non può permettersi di restare fuori da questo dibattito.
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