http://www.libreidee.org/
Scordatevi che sia ammissibile o in qualche modo giustificabile un intervento armato, da parte degli Usa
o dei suoi satelliti, per abbattere il regime venezuelano di Nicolas
Maduro. Lo afferma l’economista post-keynesiano Nino Galloni,
vicepresidente del Movimento Roosevelt, in un’analisi su “Scenari Economici”
nella quale esamina la catastrofica situazione del paese caraibico,
disegnando però anche una via d’uscita. «Dal punto di vista politico –
premette Galloni – nessuna ingerenza negli affari interni di un paese
risulta giustificata o foriera di miglioramenti». Ammesso che nel
peggiore dei casi, a Caracas, si possa arrivare al bagno di sangue della
guerra
civile, si sa che quest’ultima «risulterà ben più lunga e sanguinosa,
in funzione degli interventi esterni». Se il governo venezuelano venisse
rovesciato la milizie straniere, il costo umano dello scontro sarebbe
infinitamente più drammatico. «Il caso Libia docet: Gheddafi era un
dittatore, ma gli eventi connessi alla sua caduta ce lo hanno fatto
rimpiangere non poco». Perché dunque ritentare, in Venezuela, un’analoga
follia sanguinosa?
In generale, sintetizza Galloni, gli Stati forti – importatori di
materie prime – si sono spesso avvalsi della destabilizzazione dei paesi
esportatori. E’ comodo, scatenare il caos negli Stati da cui provengono
materie prime e semilavorati: serve a ottenere prezzi più bassi. «Il caso emblematico è la Repubblica Democratica del Congo, ma gli esempi abbondano anche nel corso della storia “post-coloniale”». Un copione che si ripete: l’instabilità politica
colpisce sempre i paesi ricchi di risorse. Finiscono immancabilmente
nei guai, e così vengono costretti a svendere i loro tesori. E’ quanto
potrebbe accadere anche alla repubblica “bolivariana” di Chavez e
Maduro: «Dal punto di vista economico – chiarisce Galloni – il Venezuela
dovrebbe pensare alla raffinazione del suo petrolio, allo scopo di
trattenere valore aggiunto». La vera ricchezza delle nazioni, infatti,
«consiste nella trasformazione, non nella presenza di oro, argento e
materie prime». E’ evidente: il prodotto grezzo costa meno, ed espone il
paese detentore al prevedibile ricatto degli acquirenti-trasformatori.
Un paese che deve importare tutto (a parte qualche materia prima
alimentare), non può emettere moneta statale “non a debito”, neppure se
basata sulla garanzia delle materie prime di cui dispone, le sue immense
ricchezze naturali. Al contrario, sostiene Galloni, occorre stimolare
assolutamente la produzione locale di beni, per ridurre drasticamente le
importazioni di prodotti finiti, generalmente troppo costosi in
rapporto ai salari locali. Vale anche per il Venezuela: se rimettesse in
piedi la propria economia,
potrebbe ricominciare a produrre in proprio i beni essenziali, a costi
accettabili (dati i salari venezuelani). E in questo modo metterebbe
fine all’autentico salasso rappresentato ormai dalla necessità di
importare dall’estero praticamente tutto, fuorché il greggio. Se
esistesse una vera comunità internazionale non predatoria, la soluzione
sarebbe perfettamente alla portata. Basterebbero due semplici passi: il supporto diretto all’industria locale e il ricorso a una moneta parallela, fiduciaria, emessa dallo Stato ma non convertibile in altre valute.
Questa exit-strategy, secondo Galloni, si agevola in due modi.
Intanto, attraverso una vera cooperazione internazionale «finalizzata al
miglioramento delle condizioni di vita dei paesi deboli affinchè si
dotino di industrie adeguate». E nel frattempo, mediante «la emissione
di moneta “povera”». Esempio: «In cambio di nuovi beni, ai produttori lo
Stato fornisce mezzi monetari di tipo fiduciario». Aziende e lavoratori
possono così usare la “moneta di Stato” per acquistare beni primari,
sempre prodotti nel paese. Riducendo le importazioni, continua Galloni,
l’economia
comincerebbe a riprendersi in modo automatico. «Quando il doppio
effetto del maggior valore aggiunto derivante dall’approntamento di
prodotti industriali finiti e di adeguata produzione di base avrà
cominciato a cambiare le cose – conclude – lo Stato potrà cominciare ad
emettere la moneta sovrana non a debito, con cui si pagheranno le tasse
(ovvero gli stipendi dei funzionari pubblici)». Questo, aggiunge
Galloni, sarebbe possibile appena la produzione di base avesse raggiunto
un livello minimo. Prima, invece, «la moneta sovrana non varrebbe
nulla», di fronte ad attività produttive inconsistenti. Esiste qualcuno,
al mondo, con in mente un piano simile per salvare il Venezuela?
Rete per l'Autorganizzazione Popolare - http://campagnano-rap.blogspot.it
Pagine
- Home
- L'associazione - lo Statuto
- Chicche di R@P
- Campagnano info, news e proposte
- Video Consigliati
- Autoproduzione
- TRASHWARE
- Discariche & Rifiuti
- Acqua & Arsenico
- Canapa Sativa
- Raspberry pi
- Beni comuni
- post originali
- @lternative
- e-book streaming
- Economia-Finanza
- R@P-SCEC
- il 68 e il 77
- Acqua
- Decrescita Felice
- ICT
- ECDL
- Download
- हृदय योग सारस
sabato 9 febbraio 2019
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento