Il 4 ottobre saremo in
piazza del Campidoglio a ricordare alla Giunta comunale che Roma vuole
cambiare, e vuole decidere del suo futuro. Starà all'amministrazione con
i suoi atti concreti scegliere da che parte stare.
Decide Roma - Decide La Città
Al contempo, sono emersi anche
alcuni deficit evidenti e allarmanti del Movimento Cinque Stelle
nell'idea di governo della città che rischiano di rendere vano qualsiasi
reale cambiamento.
Il primo
deficit è nella mancanza di una visione sistemica della città. Per
trasformare una città come Roma affrontando le pressioni dei suoi poteri
consolidati, mediatici ed economici, serve una capacità di visione
delle complesse dislocazioni dei differenti poteri (rendita fondiaria e
immobiliare, sistema bancario e finanziario, multiutility in borsa come
Acea, partecipate come Atac e Ama, governo centrale, prefettura e
questura, Vaticano, solo per citare i più evidenti) altrimenti si
rischia di cadere nell'errore di pensare che l'aver preso il governo
della città coincida con l'aver preso il potere nella stessa. Ma il
governo della città è in realtà solo uno degli strumenti del potere.
Due sono le immediate conseguenze di questo equivoco.
La prima è
che si pensi che con la vittoria elettorale il più sia stato compiuto e
che si tratti ora solo di amministrare meglio delle precedenti
esperienze di governo, come se fosse un semplice dato tecnico. La stessa
idea che la squadra di governo debba essere scelta solo attraverso i
curricula e le competenze tecniche, astrae totalmente il governo della
città dai terreni del conflitto e della partecipazione, ovvero dalla
politica in quanto tale, e la direzione delle scelte viene affidata ad
una somma di competenze individuali, di per sé immaginate come oggettive
e neutrali rispetto alle contraddizioni della città. Ma con questo
metodo possiamo trovarci all'assessorato al bilancio tanto un liberista
di destra come il defenestrato De Dominicis, quanto un antiliberista
attento ai diritti e ai movimenti sociali. Entrambi magari con nobili
curricula, ma con visioni opposte della città. Governare la città è un
atto politico, non procedurale e impone delle scelte strategiche. Se
invece si guardano solo le carriere professionali e le referenze di
"amici fidati" senza una visione politica verso cui tendere, si
rischiano di imbarcare anche personaggi come Marra – già frequentatore
delle giunte di destra di Comune e Regione – o Muraro – che dentro Ama
non si sa in cosa si sia distinta dal resto dei dirigenti e consulenti
dell'azienda dei rifiuti capitolina.
La seconda
conseguenza è che, paradossalmente, proprio i Cinque Stelle, che devono
il proprio successo alla feroce critica verso le forme della
rappresentanza istituzionale e all'idea che i cittadini possano
rimpadronirsi della politica, rischiano di diventare, loro malgrado, gli
ultimi epigoni di una democrazia rappresentativa in crisi – per giunta
ulteriormente attaccata dalle proposte di riforma costituzionale del
governo Renzi – dimenticandosi dell'importanza della partecipazione
diretta e dal basso.
Se al
contrario, si avesse la consapevolezza che l'aver preso il governo non
coincide con l'aver preso il potere, si avrebbe anche l’intelligenza di
capire che la trasformazione della città può avvenire solo attraverso la
reale implementazione della partecipazione diretta dei cittadini, delle
fasce escluse e periferiche, delle esperienze di autorganizzazione,
nonché manifestando un sincero interesse per quelle pratiche di
conflitto sociale indirizzate contro quei poteri forti che nella
capitale non saranno certo disposti a mollare l'osso.
Il secondo
deficit consiste nella mancanza di un'analisi convincente dei concetti
di legalità/illegalità, sul fenomeno della corruzione e del clientelismo
che tanto ha investito la nostra città.
Siamo
tutti coscienti che la corruzione sia stata una delle cause che hanno
caratterizzato il malgoverno della città, ma insistere su un’idea di
legalità astratta e senza contenuto, fa perdere di vista che troppo
spesso in questi anni a Roma si è legalmente devastato il
territorio proprio attraverso il ricorso a norme urbanistiche dettate
dalla sete di profitto di alcuni settori economici, mentre illegalmente si sono restituiti alla città spazi e immobili abbandonati autoproducendo servizi, cultura e socialità.
La
medesima logica astratta della legalità porta ad evitare ogni
riflessione sui beni comuni e sui servizi pubblici, rifugiandosi nella
legalità del bando di appalto: come se Mafia Capitale non avesse preso
la città attraverso la vittoria di regolari bandi dell'ente locale e
come se beni comuni e servizi debbano essere naturalmente messi sul
mercato, con l'unica avvertenza di avvisare l'autorità anti-corruzione
per un parere sulle modalità. Al contrario è la filosofia di gestione
dei beni comuni della città che va profondamente cambiata, ed è un
cambiamento che di tecnico ha ben poco.
Il
concetto di legalità e onestà, su cui i Cinque Stelle hanno raccolto
tanti consensi, va urgentemente riempito di contenuti alternativi,
poiché il rischio è che leggi ingiuste potranno rovesciare il loro
significato, facendo diventare illegale l'interesse della collettività e
legale esclusivamente quello del profitto privato. Onesto è, per noi,
chi si adopera per l'interesse collettivo. Legale, quell’amministrazione
che crea le condizione di legittimità per far emergere ed esprimere
l’interesse collettivo stesso, ratificando, ad esempio, che l’utilizzo
del patrimonio (sia esso occupato e/o in concessione, pubblico e/o
privato) con finalità sociale è consentito o che i servizi pubblici -
come quello erogato dai 96 lavoratori del canile comunale di Muratella
in autogestione da più di tre mesi – non possono essere sottoposti a un
bando a vantaggio di una società privata la cui unica mission è il profitto.
Allo
stesso modo, il coraggioso NO alle Olimpiadi non può essere interpretato
come una strada per eludere processi d’illegalità, né un mero terreno
di contrapposizione al Governo Renzi. Al contrario, dovrebbe essere
valorizzato come la volontà politica di governare le città fuori dai
grandi eventi e grandi opere che negli ultimi trent'anni hanno prodotto
una concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi, mentre quello che
serve è mettere al centro l’idea di un reale piano partecipato, come
anche una gestione alternativa dell'urbanistica, dei beni comuni e dei
servizi pubblici locali.
Il terzo
deficit consiste nella mancanza di un'analisi sulla contrapposizione fra
vincoli finanziari dettati dalle politiche liberiste e risposta ai
bisogni della città. L'idea che l’efficienza del governo cittadino si
misuri sulla stabilità dei conti e sul contenimento delle spese rimuove
totalmente l'utilizzo ideologico del debito come strumento per
l'espropriazione sociale, e dunque della necessità di una lotta
partecipata contro i vincoli imposti dallo stesso per l'affermazione dei
diritti sociali insopprimibili degli abitanti della città. L'audit del
debito e la sua radicale ristrutturazione non può che essere una
battaglia politica di trasformazione della città, e non una semplice
operazione tecnica di compatibilità tra gli attori coinvolti (città,
governo centrale, banche, costruttori).
Siamo di
fronte, per la prima volta da anni, ad un'amministrazione che, con tutti
i gravi limiti sopra descritti, non è l'espressione dei poteri forti
della città e su alcuni temi – come il NO alle Olimpiadi
– segna coraggiose discontinuità con il passato, rovesciando la tovaglia
di una tavola imbandita da tempo. Ma se alle lobby finanziarie e
immobiliari non si contrappone un'amministrazione con una visione
complessiva, disposta a riconoscere l’indipendenza della partecipazione
sociale e la sua forza come principale ostacolo ai poteri dominanti,
allora è facile prevedere, già da ora, il risultato finale della partita
sul futuro della città.
Noi non
staremo a guardare e come movimenti sociali cittadini non abbiamo
intenzione di delegare a nessuno il conflitto sociale nei territori che
rilanceremo già nelle prossime settimane. Il 1 ottobre
saremo insieme ai lavoratori dei servizi esternalizzati per condividere
una piattaforma comune, a partire dal primo grande risultato conquistato
dagli operatori del canile comunale di Muratella dopo mesi di lotta: la
riassegnazione del servizio ai lavoratori come passaggio verso
l'internalizzazione. Il 4 ottobre saremo in
piazza del Campidoglio a ricordare alla Giunta comunale che Roma vuole
cambiare, e vuole decidere del suo futuro. Starà all'amministrazione con
i suoi atti concreti scegliere da che parte stare.
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