Sequestrate decine di milioni di euro nei confronti di persone legate
all'istituto. Numerosi gli indagati nell'operazione della Guardia di
Finanza che riguarda il biennio 2013-2015 e fa seguito a un'ispezione di
Banca d'Italia che aveva chiesto il cambio di governance di
Montebelluna.
repubblica.it
MILANO - La Guardia di Finanza ha arrestato l'ex amministratore delegato di Veneto Banca, Vincenzo Consoli,
e ha sequestrato in via preventiva decine di milioni di euro nei
confronti di persone legate alla stessa banca. Al banchiere, ora ai
domiciliari, sono stati sequestrati 1,8 milioni di euro. I
provvedimenti, eseguiti da un centinaio di finanzieri che hanno compiuto
anche svariate perquisizioni, sono stati emessi dalla procura di Roma. I
reati contestati sono aggiotaggio ed ostacolo all'esercizio delle
funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza. Il periodo al centro
dell'indagine riguarda il biennio il 2013/2014.
"Ho appreso la notizia dell'arresto dell'ex amministratore delegato di
Veneto Banca, Vincenzo Consoli, e sono meravigliato per la tempistica".
E' la reazione di Giovanni Schiavon, vice presidente dell'istituto
di Montebelluna (Treviso) e fondatore dell'Associazione degli azionisti
di Veneto Banca, nonché ex presidente del Tribunale di Treviso.
"Arrestare una persona in via preventiva è sempre grave - aggiunge
Schiavon - ma farlo dopo un anno, quando evidentemente non c'è più
pericolo di fuga, di inquinamento delle prove o di reiterazione del
reato, è qualcosa che non capisco". Per Schiavon, inoltre, il secondo
aspetto macroscopico è che "mentre per Veneto Banca procede la Procura
della Repubblica di Roma e scattano gli arresti, per la Banca Popolare
di Vicenza la competenza è rimasta a Vicenza e, nonostante la maggiore
gravità del quadro di quella banca, verso gli ex amministratori non
succede nulla del genere".
"Giovanni Zonin, ex presidente, si è disfatto nel frattempo di tutti i
suoi beni - conclude - e questo di per sè mi pare una coda di paglia non
indifferente".
Sulla stessa lunghezza d'onda l'attuale amministratore delegato, Cristiano Carrus:
"Veneto Banca è la prima a essere interessata a fare totale chiarezza
su quanto avvenuto in passato e il nuovo cda, che si insedierà dopo
l'assemblea di lunedì 8 agosto, proseguirà senza indugio e con grande
determinazione nell'azione di responsabilità nei confronti di chi si è
reso responsabile del dissesto delle banca".
La banca, passata sotto il controllo del fondo Atlante dopo il flop dell'ultimo aumento di capitale, era stato oggetto di perquisizioni oltre un anno fa:
pur non essendo quotata, rientrava tra le banche - con azioni diffuse
tra il pubblico in misura rilevante - che avrebbero dovuto adeguarsi al
decreto cosiddetto 'investment compact del gennaio 2015 che riguardava il progetto di trasformazione in Spa delle banche popolari. Secondo il grave quadro indiziario emerso dall'indagine della Procura di Roma e
della Guardia di Finanza, le condotte degli ex vertici di Veneto Banca,
con prestiti baciati e parcheggi di titoli, hanno determinato
"l'annacquamento" del patrimonio di vigilanza della banca, che, secondo
le regole della Banca d'Italia, avrebbe dovuto essere rettificato in
modo da evidenziare il suo valore reale, indicando il vero ammontare dei
prestiti ancora effettivamente riscuotibili. Invece, nelle segnalazioni
periodiche a Bankitalia - si legge in una nota della Gdf - Veneto Banca
ha continuato ad indicare un valore del patrimonio di vigilanza
sovrastimato rispetto a quello effettivo, mascherandone la reale
consistenza.
Le operazioni "baciate" sui titoli e i parcheggi di
bond, inoltre, sono state accompagnate dalla concessione di
finanziamenti a soggetti in difficoltà economiche, in stato di decozione
o comunque non in grado di restituire le somme ricevute, senza
un'adeguata verifica della capacità di rimborso da parte dei
richiedenti, all'insegna di un diffuso e sostanziale disinteresse del
merito creditizio.
In sostanza l'effetto era di offrire, all'esterno, l'immagine di una
solidità patrimoniale dell'istituto ben maggiore di quella effettiva,
idonea ad ingannare la platea dei risparmiatori e gli altri azionisti,
rafforzando così - secondo la ricostruzione, in modo fraudolento -
l'immagine della banca e la fiducia nel management.
Quindi, secondo gli elementi acquisiti, mediante queste operazioni, i
vertici di Veneto Banca potevano falsamente rappresentare agli organi di
vigilanza una consistenza patrimoniale superiore al reale, così da
rientrare nei parametri di sicurezza che la legge esige per gli istituti
bancari. Infine, la creazione di questa situazione di patrimonio
"virtuale" avrebbe consentito di fissare il sovrapprezzo delle azioni su
valori assai elevati rispetto allo stato dell'azienda.
Sullo sfondo dell'inchiesta Veneto Banca ci sono due ispezioni condotte da Banca d'Italia
nel 2013 che aveva deciso di approfondire la neutralità di alcuni atti
dell'istituto e dopo aveva richiesto il cambio della governance. Per i
Pm, quindi, si configurerebbe il reato di ostacolo alla vigilanza dovuto
al fitto scambio di corrispondenza e di aggiotaggio. A sostegno delle ipotesi c'è un documento della Consob dal quale emerge che nei corsi azionari delle Popolari ci sono stati degli andamenti "anomali" registrati prima del 16 gennaio 2015,
data in cui il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha dato
consistenza ai rumors che già circolavano su una possibile riforma del
settore.
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martedì 2 agosto 2016
Classe dirigente. Arrestato Vincenzo Consoli, l'ex ad di Veneto Banca.
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