Dopo lo sciopero la sera della
partita Italia-Belgio parla il direttore generale Rettighieri: "Da
quando sono arrivato sono calati i furti nei depositi e si è ridotto di
due terzi il consumo di gomme". Tra dipendenti e familiari la
municipalizzata dei trasporti di Roma può valere 70mila voti.
repubblica.it CARLO BONINI
ROMA
- Esiste un luogo della pubblica amministrazione dove la furbizia è la
regola, lo sperpero e il saccheggio di risorse un mantra, il
consociativismo clientelare della politica e dei sindacati il cemento
che da quarant'anni li tiene insieme. È l'Atac,
l'Azienda municipalizzata dei trasporti di Roma, tra le più grandi
d'Europa. Numeri da tribunale fallimentare - 12 mila dipendenti, 1
miliardo e 500 milioni di euro di debito, 80 milioni di rosso nel 2015,
un parco automezzi "teorico" di 1.980 veicoli ed effettivo di 1.410, con
un'età media di dieci anni e qualche milione di chilometri - un livello
di disservizio che non ha eguali in Italia, 11 sigle sindacali (alcune
non raggiungono i 100 iscritti), ma una straordinaria forza. Da sola,
Atac, con i suoi dipendenti, le loro famiglie e famigli, il suo indotto
di fornitori, vale al mercato della politica tra le 60 e le 70 mila preferenze. Vale, per essere chiari, l'elezione di un sindaco al ballottaggio.
Anche per questo, i tre sindacati
maggiori - Cgil, Cisl, Uil - e con loro l'Ugl, da settimane, sono in
fibrillazione. In un abbraccio contro natura tra sigle di destra e
sinistra, con la sponda di un ex assessore ai trasporti e ora senatore
di Forza Italia, Francesco Aracri, hanno deciso di dare la spallata al
marziano che, da poco più di tre mesi, in assoluta solitudine, ha
sfidato il moloch chiamando le cose con il loro nome. Un ingegnere per
bene, Marco Rettighieri,
nominato direttore generale dell'Azienda nel febbraio scorso e dipinto
dalla narrativa aziendale come un padrone delle ferriere ostile alle
"maestranze", un "liquidatore fallimentare". Nel passato di Rettighieri
ci sono le Ferrovie (è stato direttore generale della Tav Torino-Lione e
quindi responsabile del progetto della stazione Tiburtina a Roma) e la
direzione generale dell'Expo. Nel presente, un'azienda che racconta
così: "In Atac ho trovato il malaffare. Perché Atac è sempre stato il
bancomat delle forze politiche e sindacali di questa città. Quando sono
arrivato ho aperto i cassetti e quello che ho trovato l'ho portato alla
Procura della Repubblica. Non me lo perdonano".
In quattro mesi, Rettighieri ha rimosso quattro dirigenti di vertice. Ha scoperto che sull'azienda pesano 111 mila ore di
distacchi sindacali non giustificate (solo la Cisl ne conta oltre 6
mila), con un danno di 5 milioni di euro l'anno. Ottenendo come risposta
dal segretario dell'Ugl Fabio Milloch (tra i sindacalisti messi in mora
e con la busta paga sospesa, dal momento che la sua di sigla sindacale
ha 1.861 ore di distacchi non giustificati) uno sciopero la sera della partita Italia-Belgio.
Rettighieri ha fatto di peggio. Ha messo il naso nel potentissimo
"dopolavoro aziendale" che, in forza di un accordo sindacale del 1974,
rinnovato nel 1978 e quindi nel 2010, ha da 42 anni la gestione, senza
gara, delle mense aziendali (5 milioni di euro l'anno), oltre a uno
stabilimento balneare in concessione ad Ostia e un centro
di soggiorno di proprietà a Roccaraso. "In quel dopolavoro, tanto per
dirne una, uno degli ultimi assunti è stato il cugino di un sindacalista
della Cisl che è nel collegio dei sindaci", osserva Rettighieri. "E in
quel dopolavoro - prosegue - tanto per dirne un'altra, fino al mio
arrivo non era possibile avere il riscontro cartolare di quanti pasti
venivano effettivamente serviti ogni giorno".
Negli ultimi cinque anni, Atac ha bruciato 4 miliardi e mezzo di euro arrivati da Comune e Regione, ma nessuno sa come siano davvero stati spesi. È un fatto che dopo l'arrivo di Rettighieri e la decisione di mettere le telecamere a circuito chiuso in tutti i depositi di mezzi, il numero di furti di materiale è precipitato, consentendo di cominciare a riassorbire una voce di costo che ha sin qui pesato per circa 10 milioni di euro l'anno, perché a tanto ammontava il saccheggio. Così come è un fatto che, dal febbraio scorso ad oggi, improvvisamente il consumo di gomme che venivano sostituite sui mezzi si è ridotto di due terzi. Da 1.500 pneumatici a quadrimestre a 500. "Ho provato a fare qualche domanda sulle ragioni per cui ci fosse questa moria di pneumatici - dice Rettighieri - Nessuno mi ha saputo rispondere. Così come nessuno riusciva a spiegarmi per quale diavolo di ragione le ruote dei convogli della Metro A si usuravano inspiegabilmente più di quelli della Metro B. Da ingegnere, ho controllato i binari e ho scoperto che quelli della linea A richiedono delle rettifiche. Un controllo banale, l'Abc per chiunque lavori sul ferro. Ma non in Atac".
Del resto, in azienda anche
l'assenteismo è un mistero glorioso. Sulla carta, tutti presenti. In
concreto, molti con il doppio lavoro. "Le racconto una storia per farle
capire - dice ancora Rettighieri - Da quando sono arrivato ho due
abitudini. Sono il primo direttore generale che va al lavoro con la
propria macchina e sono il primo direttore generale che, in incognito,
gira per depositi, uffici, mezzi. Bene, mi sono presentato a uno dei più
grandi depositi che abbiamo in città. Vedo che la sbarra è alzata, cosa
già di per sé non corretta, e noto una macchina di servizio con quattro
dipendenti a bordo che esce. Vado alla porta carraia e chiedo
all'addetto chi fossero quelli che erano usciti e quali fossero le
ragioni di servizio. Mi viene risposto che chi è alla porta non è tenuto
a fare domande".
Nessuno sa se e per quanto tempo ancora Rettighieri resisterà. Chi al contrario scommette su cosa accadrà è il senatore piemontese del Pd Stefano Esposito, per tre mesi assessore ai trasporti nella fase terminale della giunta Marino, primo kamikaze di Atac prima dell'arrivo del nuovo direttore generale. Oggi dice: "Quando e se la Procura di Roma aprirà la botola di Atac, Buzzi, Carminati e Mafia capitale sembreranno dei dilettanti. È stata ed è il forziere della politica. Tutta. Nessuna esclusa. Vecchia e nuova".
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