contropiano
in politica internazionale, come in quella interna, si
estremizzano le paure per le possibili conseguenze di un evento proprio
per evitare che accada. Gioco vecchio come il mondo, il fear project,
ma una cosa è se lo fa Salvini, tutta un’altra se lo fanno i capitali
multinazionali. I quali stavolta hanno parlato in forma quasi ufficiale
per bocca di Wolfgang Schaeuble, potente ministro delle finanze tedesco.
Un’intervista a Der Spiegel, a due settimane dal referendum
inglese che dovrà decidere sulla permanenza nell’Unione Europea – sia
pure nella forma assai blanda spuntata pochi mesi fa da Cameron – per
dire qualcosa di tremendamente vero e pericoloso: ce si sarà Brexir, la
Ue non sarà più la stessa. E non, come sperano gli europeisti doc,
ricorrendo a “più integrazione”, ma con un periodo di caos in cui i più
forti – e Schaeuble è sicuro di essere alla testa del paese più forte –
imporranno nuove e più stringent regole sugli incati che vorranno
restarci. “In is in, out is out”.
Nelle stesse ore il finanziere ultraspeculativo George Soros – che RaiNews presentava
stamattina come un “economista” (come dire che un macellaio è un
veterinario…) – scommetteva su un risultato tranquillizzante: “Sono
fiducioso che più ci avviciniamo al voto, più il fronte del sì alla Ue
si rafforzerà. Non concordo sempre con i mercati, ma questa volta sì”.
I mercati, ieri, sono crollati fragorosamente ma in modo controllato.
A Milano il Ftse Mib ha ceduto il 3,62% a 17.120 punti. In Europa giù
Madrid (-3,18%), Francoforte (-2,52%), Parigi (-2,24%) e Londra
(-1,86%). Più modeste le perdite Usa (Dow Jones -0,67, S&p – 0,92%).
Un rumoroso avvertimento sceneggiato a beneficio dell’elettorato
inglese, perché rifletta bene prima di entrare nei seggi e decida di
imporre un perentorio alt a ogni ipotesi di Brexit. Mercati e Schaeuble,
insomma, si sono dati da fare per spostare il trend nei sondaggi
inglesi, che dànno un consistente vantaggio agli euroscettici (in alcuni
casi fino al 10% di scarto), facendo intravedere parte del baratro in
cui finirebbe l’economia britannica in caso contrario. In is in, out is out. E in fondo, la democrazia è un sistema che può essere tranquillamente bypassato, se non serve più agli obiettivi….
Ma il luciferino ministro tedesco ha voluto esagerare, delineando
linee irrecuperabili di frattura, dipingendo l’Olanda come pronta a
seguirne l’esempio (e in effetti gli orange hanno a suo tempo
affossato la cosiddetta Costituzione europea, votando “no” al
referendum, esattamente come i francesi) e altri paesi che sarebbero
tentati di farlo. Anche in questo caso, è interessante sottolineare la
sintonia di Soros: “Se la Gran Bretagna se ne va, potrebbe essere
l’inizio di un esodo generale e la disintegrazione dell’Unione
diventerebbe praticamente inevitabile”.
Ma ogni paura ha qualche fondamento. Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha provato a ripetere in altra salsa il suo famoso whatever it takes
che salvà l’euro dalla più seria crisi esplosa dalla sua creazione.
“Siamo pronti a tutto”, ancora una volta, pur sapendo – e lo sanno anche
i mercati – che la Bce ha un solo strumento in mano: l’emissione a
dismisura di moneta, cosa che sta già ora creando qualche problema imprevisto.
L’agenzia di stampa specializzata. Bloomberg, ha commissionato
una ricerca di scenario sulle possibili conseguenze per le borse
mondiali, ottenendo una risposta agghiacciante: -24%, un quarto della
capitalizzazione. Che andrebbe a colpire soprattutto quelle aziende che
da anni si indebitano (in dollari o euro o yen, a seconda del tasso di
interesse più vicino a zero) per riacquistare azioni proprie sul mercato
per ottenere senza sforzo una quotazione più alta e bonus stratosferici
per i chief of officer.
In realtà, come spiega a Bloomberg il capo dei ricercatori di Axioma, «Il presupposto è che non ci sarà alcuna Brexit – se succede, nessuno è ancora davvero mentalmente preparato».
Se non lo sono le menti, figuriamoci gli strumenti operativi… Gli
scossoni borsistici di ieri, insomma, saranno anche stati “prove
tecniche di terremoto”. Ma la faglia su cui si esercitano non sembra
delle più solide, allo scadere del nono anno di crisi sistemica…
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