martedì 26 agosto 2014

Fisco, accertamenti a perdere

Testata: Italia Oggi

Metà del non riscosso colpa delle imprese apri e chiudi

Di Cristina Bartelli

Accertamenti fiscali a perdere a causa delle imprese apri e chiudi. Quasi la metà dei crediti fiscali non riscossi sarebbe provocato infatti da questo tipo di frodi fiscali. È quanto emerge da alcune analisi effettuate dalla Corte dei conti. Tra il 2006 e il 2010 il valore complessivo degli addebiti contestati dall'Agenzia delle entrate è stato pari a 202 mld: di questi, 98 mld, quasi la metà, è rimasto non riscosso a causa delle imprese apri e chiudi, realtà societarie costruite allo scopo di evadere il fisco attraverso operazioni fittizie.
La conferma che si tratta di un'emergenza arriva anche dal nuovo direttore dell'Agenzia delle entrate, tanto che nella circolare 25/2014 Rossella Orlandi ha indicato più di una strada ai suoi verificatori: dare la precedenza agli accertamenti «freschi» per ottimizzare le procedure di recupero del dovuto da parte dello stato e creare delle task force a livello provinciale dedicate all'attività di recupero.
La mole di contestazioni dell'Agenzia delle entrate destinata a rimanere nei cassetti dei contribuenti, mai pagata e mai impugnata passata a Equitalia, è ormai arrivata all'astronomica cifra di 474 miliardi. Di questi il 25% riguarda crediti di imprese fallite, crediti cioè di cui si sa già che sono diventati fumo. A fornire il dato è stato lo scorso 7 agosto, in commissione finanze alla camera, il sottosegretario all'economia Enrico Zanetti
Affidata a Equitalia, questa montagna di miliardi è riportata ogni anno in bilancio come carico da riscuotere. Ma come accade per le società di recupero crediti, con il passare del tempo il credito insoluto si deteriora perché diventa sempre più difficile ottenere l'adempimento.

A conferma dell'esistenza del fenomeno nel 2013, sempre dalla Corte dei conti arriva una implicita conferma. I giudici contabili analizzano, infatti, gli accertamenti che hanno utilizzato come spia l'elenco clienti e fornitori. In questo caso, infatti, dai controlli attivati era emerso che su 8,2 mld contestati risultava «incagliato» cioè non recuperato, circa il 90% del dovuto.
Come uscire da questa impasse? Una strada, per il numero uno di via Cristoforo Colombo, sarebbe quella di allungare i termini di prescrizione. Il ragionamento che fa Orlandi è in buona sostanza il seguente: i tempi dei reati fiscali sono stretti e questo induce a lavorare sulle annualità più risalenti per le quali dopo un certo tempo non sarà possibile il recupero. Ma lavorare sul passato comporta dei rischi quale quello di chiedere soldi ad aziende che sono fallite o sparite nel nulla.
Strategia dell'Agenzia
Negli indirizzi operativi diramati agli uffici con la circolare 25/2014, le Entrate chiedono ai propri uomini di selezionare le forme più insidiose di frodi ed evasioni rilevanti abbandonando i rilievi di carattere formale. Nel concentrarsi sui comportamenti di maggiore pericolosità, si invitano gli uffici a guardare con priorità agli accertamenti sull'anno di imposta 2012. Obiettivo è quello preparare gli accertamenti con accuratezza e poi colpire senza avere sul collo il fiato dei termini prescrizionali. Per quel che riguarda l'attività di riscossione, l'Agenzia ribadisce che essa rappresenta una priorità strategica, tanto da organizzare all'interno di ciascuna direzione provinciale una attività di intelligence finalizzata a individuare l'esistenza di crediti esigibili o per i quali sussista il pericolo per la riscossione, segnalando conseguentemente il tutto ad Equitalia. Allo stesso modo si sollecitano gli uffici a contrastare il fenomeno dell'evasione da riscossione e garantire la tempestiva insinuazione dei crediti vantati nei confronti di soggetti interessati da procedure concorsuali.

Nessun commento:

Posta un commento