Metà del non riscosso colpa delle imprese apri e chiudi
Di Cristina Bartelli
Accertamenti fiscali a perdere a causa delle imprese apri e chiudi. Quasi la
metà dei crediti fiscali non riscossi sarebbe provocato infatti da questo tipo
di frodi fiscali. È quanto emerge da alcune analisi effettuate dalla Corte dei
conti. Tra il 2006 e il 2010 il valore complessivo degli addebiti contestati
dall'Agenzia delle entrate è stato pari a 202 mld: di questi, 98 mld, quasi la
metà, è rimasto non riscosso a causa delle imprese apri e chiudi, realtà
societarie costruite allo scopo di evadere il fisco attraverso operazioni
fittizie.
La conferma che si tratta di un'emergenza arriva anche dal nuovo direttore
dell'Agenzia delle entrate, tanto che nella circolare 25/2014 Rossella Orlandi
ha indicato più di una strada ai suoi verificatori: dare la precedenza agli
accertamenti «freschi» per ottimizzare le procedure di recupero del dovuto da
parte dello stato e creare delle task force a livello provinciale dedicate
all'attività di recupero.
La mole di contestazioni dell'Agenzia delle entrate destinata a rimanere nei
cassetti dei contribuenti, mai pagata e mai impugnata passata a Equitalia, è
ormai arrivata all'astronomica cifra di 474 miliardi. Di questi il 25% riguarda
crediti di imprese fallite, crediti cioè di cui si sa già che sono diventati
fumo. A fornire il dato è stato lo scorso 7 agosto, in commissione finanze alla
camera, il sottosegretario all'economia Enrico Zanetti
Affidata a Equitalia, questa montagna di miliardi è riportata ogni anno in
bilancio come carico da riscuotere. Ma come accade per le società di recupero
crediti, con il passare del tempo il credito insoluto si deteriora perché
diventa sempre più difficile ottenere l'adempimento.
A conferma dell'esistenza del fenomeno nel 2013, sempre dalla Corte dei conti
arriva una implicita conferma. I giudici contabili analizzano, infatti, gli
accertamenti che hanno utilizzato come spia l'elenco clienti e fornitori. In
questo caso, infatti, dai controlli attivati era emerso che su 8,2 mld
contestati risultava «incagliato» cioè non recuperato, circa il 90% del
dovuto.
Come uscire da questa impasse? Una strada, per il numero uno di via
Cristoforo Colombo, sarebbe quella di allungare i termini di prescrizione. Il
ragionamento che fa Orlandi è in buona sostanza il seguente: i tempi dei reati
fiscali sono stretti e questo induce a lavorare sulle annualità più risalenti
per le quali dopo un certo tempo non sarà possibile il recupero. Ma lavorare sul
passato comporta dei rischi quale quello di chiedere soldi ad aziende che sono
fallite o sparite nel nulla.
Strategia dell'Agenzia
Negli indirizzi operativi diramati agli uffici con la circolare 25/2014, le
Entrate chiedono ai propri uomini di selezionare le forme più insidiose di frodi
ed evasioni rilevanti abbandonando i rilievi di carattere formale. Nel
concentrarsi sui comportamenti di maggiore pericolosità, si invitano gli uffici
a guardare con priorità agli accertamenti sull'anno di imposta 2012. Obiettivo è
quello preparare gli accertamenti con accuratezza e poi colpire senza avere sul
collo il fiato dei termini prescrizionali. Per quel che riguarda l'attività di
riscossione, l'Agenzia ribadisce che essa rappresenta una priorità strategica,
tanto da organizzare all'interno di ciascuna direzione provinciale una attività
di intelligence finalizzata a individuare l'esistenza di crediti esigibili o per
i quali sussista il pericolo per la riscossione, segnalando conseguentemente il
tutto ad Equitalia. Allo stesso modo si sollecitano gli uffici a contrastare il
fenomeno dell'evasione da riscossione e garantire la tempestiva insinuazione dei
crediti vantati nei confronti di soggetti interessati da procedure
concorsuali. |
Nessun commento:
Posta un commento