“Quando la controparte chiama, il dovere di un sindacalista
è di andare”. Maurizio Landini ha sempre risposto in questo modo
quando qualcuno – e non pochi suoi metalmeccanici Fiom – hanno
criticato la scelta di incontrare Renzi.
il manifesto
Massimo Franchi
E così quando martedì il
presidente del Consiglio gli ha telefonato ha interrotto la sua
breve vacanza nelle Marche per prendere il treno il giorno dopo
e mercoledì scendere a Roma. A palazzo Chigi il segretario
generale della Fiom era già andato altre volte ed è arrivato dopo che
il presidente del Consiglio aveva chiesto al viceministro allo
Sviluppo Claudio De Vincenti di illustrargli lo stato delle tante
vertenze industriali aperte. Con Landini ha discusso di queste: da
Termini Imerese a Ilva, da Lucchini (ieri un operaio di Piombino ha
iniziato lo sciopero della fame per denunciare lo spegnimento
anche della cokeria) a Irisbus e tutto il settore trasporti, da
Alcoa a Eni, da Alcatel a Ast di Terni, vicende che ricadono nel
disastrato settore di competenza della Fiom. Di tutte sono
convocati i tavoli al ministero di via Molise dalla prossima
settimana, senza che alcuna sia in via di soluzione.
Renzi ha ascoltato il parere e le indicazioni di Landini, fedele al giudizio espresso pubblicamente più volte che “quando lo sento parlare imparo sempre qualcosa”. D’altra parte la soluzione della vertenza Electrolux — l’unica risolta finora dal governo — era arrivata seguendo un ormai vecchio cavallo di battaglia della Fiom: finanziare i contratti di solidarietà (con soli 15 milioni, però), da preferire alla cassa integrazione perché distribuiscono il lavoro su più persone garantendo anche un livello salariale più alto.
Da parte sua Landini aveva accolto i primi passi del governo Renzi con giudizi lusinghieri: “Ottanta euro al mese non li abbiamo mai ottenuti con un rinnovo contrattuale”, ma negli ultimi mesi aveva iniziato a criticare pesantemente l’operato del governo difendendo la Cgil sul tema della trasparenza dei bilanci, tirati in ballo da Renzi stesso. Critiche che però il premier ha messo nel conto, cercando comunque di mantenere un rapporto diretto — seppur dialettico — con il leader Fiom.
L’incontro di mercoledì però muta il quadro della situazione. Landini ha mandato una sorta di ultimatum a Renzi: se nelle prime settimane di settembre queste crisi – a partire da Termini Imerese che il premier ha visitato “mettendoci la faccia” davanti al migliaio di lavoratori dello stabilimento i cui cancelli sono chiusi da tre anni – non verranno risolte, la Fiom è pronta alla mobilitazione. Landini aveva già annunciato la volontà di scioperare a ottobre, mobilitando i metalmeccanici proprio per dar forza alle proposte della Fiom: investimenti pubblici per rilanciare il settore industriale in primis.
Naturalmente l’incontro di mercoledì ha fatto molto rumore. Innanzi tutto per la solita volontà di Renzi di voler scavalcare e non considerare Susanna Camusso — la segretaria della Cgil in questi giorni si trova comunque in delegazione in Giappone — mirando ad acuire la contrapposizione fra lei e Landini. Ma la palma di più arrabbiato di tutti per la “special relationship” tra Renzi e Landini va certamente a Raffaele Bonanni. Ieri il segretario della Cisl ha usato parole al vetriolo per i due: “A me interessa una discussione vera con il governo, se non c’è una discussione vera è bene che Renzi discuta con Landini”.
Molto critico anche Giorgio Cremaschi, storico leader della sinistra Fiom ora in pensione, che ha criticato Landini “che ignora le ripetute affermazioni di Renzi a favore dei vincoli europei di austerità, prima causa assoluta della recessione”.
Che ci sia molto di strumentale in questo rapporto è lampante. Renzi “usa” Landini per coprirsi a sinistra e in chiave anti Cgil-Cisl-Uil, cercando di farlo percepire come il rottamatore del sindacato. D’altra parte Landini ha tutto l’interesse a mantenere un rapporto diretto con il presidente del consiglio nel tentativo di portare a casa quella legge sulla rappresentanza sindacale che sorpasserebbe l’accordo interconfederale in materia, osteggiato dalla Fiom e che alla sua prima prova — la vertenza Alitalia — ha subito mostrato molti problemi di applicazione portando a una divisione fra sindacati invece che alla promessa unitarietà vincolante.
Le prossime settimane saranno dunque decisive: o Renzi deciderà veramente di seguire la linea Landini, svoltando in fatto di politica industriale, oppure anche Landini entrerà a far parte dei “gufi” dell’autunno caldo che Renzi — a parole — dice di non temere.
Renzi ha ascoltato il parere e le indicazioni di Landini, fedele al giudizio espresso pubblicamente più volte che “quando lo sento parlare imparo sempre qualcosa”. D’altra parte la soluzione della vertenza Electrolux — l’unica risolta finora dal governo — era arrivata seguendo un ormai vecchio cavallo di battaglia della Fiom: finanziare i contratti di solidarietà (con soli 15 milioni, però), da preferire alla cassa integrazione perché distribuiscono il lavoro su più persone garantendo anche un livello salariale più alto.
Da parte sua Landini aveva accolto i primi passi del governo Renzi con giudizi lusinghieri: “Ottanta euro al mese non li abbiamo mai ottenuti con un rinnovo contrattuale”, ma negli ultimi mesi aveva iniziato a criticare pesantemente l’operato del governo difendendo la Cgil sul tema della trasparenza dei bilanci, tirati in ballo da Renzi stesso. Critiche che però il premier ha messo nel conto, cercando comunque di mantenere un rapporto diretto — seppur dialettico — con il leader Fiom.
L’incontro di mercoledì però muta il quadro della situazione. Landini ha mandato una sorta di ultimatum a Renzi: se nelle prime settimane di settembre queste crisi – a partire da Termini Imerese che il premier ha visitato “mettendoci la faccia” davanti al migliaio di lavoratori dello stabilimento i cui cancelli sono chiusi da tre anni – non verranno risolte, la Fiom è pronta alla mobilitazione. Landini aveva già annunciato la volontà di scioperare a ottobre, mobilitando i metalmeccanici proprio per dar forza alle proposte della Fiom: investimenti pubblici per rilanciare il settore industriale in primis.
Naturalmente l’incontro di mercoledì ha fatto molto rumore. Innanzi tutto per la solita volontà di Renzi di voler scavalcare e non considerare Susanna Camusso — la segretaria della Cgil in questi giorni si trova comunque in delegazione in Giappone — mirando ad acuire la contrapposizione fra lei e Landini. Ma la palma di più arrabbiato di tutti per la “special relationship” tra Renzi e Landini va certamente a Raffaele Bonanni. Ieri il segretario della Cisl ha usato parole al vetriolo per i due: “A me interessa una discussione vera con il governo, se non c’è una discussione vera è bene che Renzi discuta con Landini”.
Molto critico anche Giorgio Cremaschi, storico leader della sinistra Fiom ora in pensione, che ha criticato Landini “che ignora le ripetute affermazioni di Renzi a favore dei vincoli europei di austerità, prima causa assoluta della recessione”.
Che ci sia molto di strumentale in questo rapporto è lampante. Renzi “usa” Landini per coprirsi a sinistra e in chiave anti Cgil-Cisl-Uil, cercando di farlo percepire come il rottamatore del sindacato. D’altra parte Landini ha tutto l’interesse a mantenere un rapporto diretto con il presidente del consiglio nel tentativo di portare a casa quella legge sulla rappresentanza sindacale che sorpasserebbe l’accordo interconfederale in materia, osteggiato dalla Fiom e che alla sua prima prova — la vertenza Alitalia — ha subito mostrato molti problemi di applicazione portando a una divisione fra sindacati invece che alla promessa unitarietà vincolante.
Le prossime settimane saranno dunque decisive: o Renzi deciderà veramente di seguire la linea Landini, svoltando in fatto di politica industriale, oppure anche Landini entrerà a far parte dei “gufi” dell’autunno caldo che Renzi — a parole — dice di non temere.
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