Oggi ci troviamo di fronte ad un abilissimo Pifferaio e ad una
deflazione dalla quale solo Draghi potrà salvarci. Il venerdì del 29
agosto, che avrebbe dovuto essere per il governo una marcia trionfale, è
stato invece un venerdì nero.
Repubblica.it EUGENIO SCALFARI
Il mondo è sconvolto, non riesce a trovare
un asse intorno al quale si possa organizzare una convivenza
accettabile. L'Europa è sconvolta per le stesse ragioni; in un mondo
multipolare ogni area continentale deve avere i propri punti di
riferimento che contribuiscono all'equilibrio generale, ma in Europa
quei punti di riferimento mancano, ogni nazione fa da sé e per sé e la
multipolarità diventa a questo punto ragione di conflitto e di guerre.
Può
sembrare assai strano a dirsi, ma l'Europa fotografata ieri, 30 agosto
2014, sembra il Paese dove l'equilibrio c'è o almeno è maggiore che
altrove. Prevale il renzismo che, allo stato dei fatti, non ha
alternative. Una società senza alternative è al tempo stesso fragile e
robusta; fragile nella essenza, robusta nell'apparenza. La durata di
questa situazione sarà l'elemento decisivo: una durata lunga rafforza
l'apparenza fino a trasformarla in sostanza. Renzi lo sa e da questa sua
consapevolezza è nato il programma dei mille giorni che finiscono più o
meno alla metà del 2017. Solo allora si vedrà se gli annunci sui quali
il renzismo è nato circa un anno fa daranno i loro frutti.
Attenzione
però: il cambiamento affidato al maturare di quei frutti può essere di
buona o di cattiva qualità dal punto di vista della democrazia. Può
spodestare il popolo sovrano e sostituirlo con un sovrano individuale
assistito da una corte o un'oligarchia. Sono due schemi molto diversi
che hanno costellato l'intera storia del nostro Paese, dall'Unità fino
ad oggi.
La destra storica che fondò e amministrò nei primi
sedici anni lo Stato italiano, fu un'oligarchia. Giolitti fu a mezza
strada tra l'oligarchia e la corte. La Democrazia cristiana, soprattutto
a partire dagli anni Sessanta, fu una serie di emirati in competizione
tra loro ma uniti per mantenere il potere nelle mani della
confraternita.
Mussolini fu una dittatura personale, non ci fu né
corte né oligarchia, faceva tutto da solo e da solo fu punito insieme
alla povera Claretta Petacci.
Una corte l'ebbe a suo modo Bettino
Craxi. Voleva creare l'alternativa alla Dc; ma non riuscendovi cambiò
l'antropologia del suo partito e ne fece una banda, cioè una corte
retribuita.
Gli italiani, nella loro ampia maggioranza, si
rifugiano nell'indifferenza, gli piace avere un sovrano purché gli lasci
piena libertà privata. Da questo punto di vista il loro ideale è stato
Silvio Berlusconi, un sovrano che meglio di tutti i suoi predecessori ha
rappresentato le tendenze profonde del Paese, confiscando nelle sue
mani il potere politico, tutelando i propri interessi aziendali,
rispettando gli interessi dei suoi governati, dando libero sfogo ai suoi
privati piaceri, coltivando il proprio narciso come a tutti piacerebbe
quando si fanno vincere dal proprio io senza porvi alcuna limitazione.
Questo è stato il berlusconismo. E Renzi?
Non
è come lui anche se per alcuni aspetti le somiglianze sono notevoli.
Solo che Berlusconi ha governato quando la crisi economica mondiale non
era ancora esplosa, perciò dell'Europa poteva infischiarsene.
Berlusconi
però non è ancora uscito di scena. Non è più il protagonista ma un
comprimario, questo sì e Renzi lo sa. In realtà lo sanno tutti, dal Capo
dello Stato ai vari partiti e movimenti che operano nella politica,
alla classe dirigente economica, ai "media", alle parti sociali. Questa
situazione mette Renzi in una tenaglia: Berlusconi da una parte,
l'Europa dall'altra. Con in più un terzo elemento non trascurabile: i
cittadini consapevoli che vorrebbero ripristinare la democrazia
restituendo al popolo quella sovranità che gli viene riconosciuta in
apparenza ma gli è stata confiscata nella sostanza.
Questa è la fotografia del 30 agosto, mentre era riunito il Consiglio europeo.
* * *
Ha
scritto venerdì sul nostro giornale Federico Fubini: "Viviamo un tempo
di deflazione del denaro e inflazione di parola. Impossibile tenere il
conto di quante volte al giorno la classe politica parla di "fiducia" e
di "riforme". Il governo Renzi rischia di trovare la sua sindrome nella
serie di annunci ai quali non seguono i fatti". Segue un lungo elenco
che tra ieri e oggi si è fortemente arricchito. Il provvedimento
concernente la scuola, la sua modernizzazione e l'assunzione di
centomila precari entro il 2015, cui altri ne seguiranno, è stato rinviato a data da destinarsi per mancanza di copertura e dispute sull'assegnazione delle cattedre.
La giustizia penale
è stata trasferita da decretazione d'urgenza a legge-delega che
funzionerà quando e come funzionerà. Nel frattempo Alfano ha ottenuto
l'accettazione di due principi che la destra ha sempre sostenuto sulle
intercettazioni e sulla giurisdizione.
La giustizia civile è
stata sottoposta a una cura dimagrante per smaltire rapidamente (così si
spera) 5 milioni di processi arretrati, affidando all'avvocatura un
anno di tempo per una conciliazione con la controparte di fronte ad un
giudice che assiste le parti e convalida il loro accordo. Funzionerà?
Gli avvocati hanno forti dubbi e la loro collaborazione non sarà
entusiastica. Del resto ogni anno nuovi processi vengono aperti per una
cifra molto prossima allo stock da smaltire, sicché il numero delle liti
in corso non sarà affatto diminuito.
Infine per quanto riguarda
la giustizia penale c'è la norma (annunciata ma non ancora approvata)
che se l'esito del processo sarà il medesimo nei primi due gradi di
giudizio, il ricorso in Cassazione sarà abolito.
C'era poi l'annuncio di un vasto programma di lavori,
cantieri di opere, nuovi investimenti spesso a livello comunale ma non
escluse alcune grandi opere (tra le quali la linea ferroviaria ad alta
velocità Bari-Napoli, già programmata e avviata da Fabrizio Barca quando
era ministro della Coesione territoriale nel governo Monti).
Questi
programmi sono stati preparati dai due precedenti governi Monti e Letta
e i fondi di copertura in gran parte già contabilizzati nelle relative
leggi di stabilità. Gli ostacoli alla loro realizzazione sono in gran
parte causati dal patto di stabilità imposto ai Comuni. Quello è stato
uno dei tanti buchi neri che solo con fatica si sta risolvendo. Le
coperture ci sono ma il contrasto Stato-Comuni è solo parzialmente
risolto. Ciò avveniva con Monti e Letta ma è stato ancora un ostacolo
per Renzi. Insomma niente di nuovo sotto il sole, anzi sotto la nebbia
della deflazione che sta impoverendo il Paese.
Il venerdì del 29
agosto, che avrebbe dovuto essere per il governo una sorta di marcia
trionfale dell'Aida, è stato invece un venerdì nero perché mentre Renzi
cercava di nascondere la necessaria ritirata verso il programma dei
mille giorni molto favorito dal ministro dell'Economia, Pier Carlo
Padoan, che rinvia l'attuazione degli annunci al 2017, l'Istat forniva
le cifre di una stagnazione estremamente preoccupante dell'economia
italiana in tutti i suoi vari "fondamentali": il Pil, la domanda, i consumi, il dissesto delle aziende, il bilancio strutturale, l'ammontare del debito. Una deflazione selvaggia
che ha toccato una cifra identica a quella egualmente elevata del 1959,
ma con una differenza fondamentale rispetto ad allora: nel '59 si stava
preparando quello che fu chiamato "il miracolo italiano" e che cominciò
nel 1960 e durò fino all'inizio degli anni Settanta. Si realizzò la
piena occupazione, le imprese lanciarono nuovi prodotti, a cominciare
dall'auto Fiat "Seicento"; il reddito e la domanda complessiva in pochi
mesi fecero un salto verso l'alto che durò almeno dieci anni. Il pilota?
Il governatore della Banca d'Italia, Guido Carli.
Mi permettano i
lettori di ricordare che nacque allora la mia amicizia con Carli, che
durò poi per tutta la vita e si estese poco dopo a quella con Carlo
Ciampi. È per dire che quegli anni io li ho vissuti e sono quindi in
grado di distinguerli da quelli di oggi.
* * *
Tralascio
ulteriori osservazioni sul venerdì nero dell'altro ieri, salvo una: la
norma che abolisce ogni intervento della Cassazione nel caso in cui
l'esito dei processi nei due precedenti gradi di giudizio sia conforme.
Questo obiettivo (naturalmente annunciato ma non ancora raggiunto) è
motivato dalla necessità di abbreviare la durata dei processi e di
smaltire le ampie giacenze processuali ancora pendenti presso la Suprema
Corte.
Io penso che si tratti di un obiettivo del tutto
sbagliato; somiglia terribilmente all'abolizione del Senato come
effettiva Camera legislativa; la filosofia è la stessa: diminuire e
indebolire lo Stato di diritto, cioè il preliminare indispensabile
d'ogni democrazia che non sia una favola per bambini il cui protagonista
è il Pifferaio di Hamelin.
Nel caso del terzo grado di giudizio
spettante alla Cassazione il codice di procedura stabilisce che la
Cassazione non si occupa dei fatti accertati nei primi due gradi di
giurisdizione. Nel caso di sentenze conformi nei primi due gradi, i
fatti sono accertati senza più ombra di dubbio e le modalità
dell'illecito o del reato coincidono.
La Cassazione si occupa di
altro e cioè della legalità delle precedenti sentenze. La Corte
d'Appello può aver applicato malamente la procedura ai fatti accertati.
Abolendo l'intervento della Suprema Corte si diminuisce, anzi si
abolisce il controllo di legalità. È mai possibile un provvedimento di
questo genere? Una lesione così palese dello Stato di diritto?
Sicuramente
ci sarà un magistrato - se il provvedimento sarà approvato - che
solleverà il caso dinanzi alla Corte costituzionale. Personalmente mi
aspetto che lo stesso Presidente della Repubblica eccepisca la lesione
che così si arreca allo Stato di diritto. Ho fatto un parallelo sulla
riforma del Senato che lo declassa dal potere legislativo. Sono tutte
démarches che indeboliscono fortemente lo Stato di diritto e come tali
dovrebbero essere respinte.
* * *
Concludo con poche considerazioni sugli appuntamenti europei del nostro Pifferaio. Ieri si sono discusse le nomine e la Mogherini è stata nominata Alta autorità europea degli Esteri e della Difesa.
Ho già scritto più volte che questa nomina non ha alcun contenuto di
sostanza. Lo avrebbe - e sarebbe anzi positivo - se ci fosse
preliminarmente una cessione di sovranità degli Stati nazionali all'Ue,
della politica estera e di quella della difesa. Senza quelle cessioni
Mogherini può esercitarsi nell'emettere pareri e via col vento.
Mi
domando perché, sapendo perfettamente tutto questo, Renzi abbia puntato
su quella carica e non su altre ben più consistenti: gli affari
economici, la concorrenza, l'eurozona, la gestione del bilancio
comunitario, l'assistenza dell'Unione alle zone economicamente depresse e
tante altre mansioni che la Commissione esercita.
La risposta è
semplice: dopo aver ottenuto la carica suddetta, il nostro Pifferaio la
sventolerà come una bandiera di successo mentre è soltanto un segno di
debolezza.
Molti anni fa scrissi sull'Espresso un
articolo su Gianni Agnelli del quale ero buon amico e tornai ad esserlo
dopo un anno di gelo che seguì a quanto avevo scritto su di lui e al
titolo che suonava così: "L'Avvocato di panna montata" un po' lo era, il
suo narciso non conosceva limiti. Le sue ricchezze, le sue aziende, il
suo charme, la sua notorietà nazionale e internazionale glielo
consentivano.
Oggi ci troviamo di fronte ad un abilissimo Pifferaio e ad
una deflazione dalla quale solo Draghi potrà salvarci. La frase per
definire il crollo della domanda, usata nei circoli finanziari è: il
cavallo non beve, ed è appunto quanto sta accadendo.
Perciò non
vi stupirete se quest'articolo, accoppiando due immagini fortemente
connesse con la realtà che scorre sotto i nostri occhi, è titolato: "Il
cavallo è assetato, ma non beve panna montata". Spero che sia chiaro il
suo significato.
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domenica 31 agosto 2014
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