giovedì 28 agosto 2014

Riformatorio Italia. Riforma giustizia, maggioranza divisa: la legge non dev’essere uguale per tutti.

A due giorni dal consiglio dei ministri che dovrebbe approvare il testo, il ministro Orlando ammette le "differenze di approccio" tra Pd e Ncd. I nodi sono sempre quelli cari soprattutto ai colletti bianchi: prescrizione e intercettazioni. Forza Italia: "Tra Erode e Ponzio Pilato". Berlusconi vigila. M5S sull'Aventino. E la guerra dei vent'anni continua.
Riforma giustizia, maggioranza divisa: la legge non dev’essere uguale per tuttiLa legge non dev’essere uguale per tutti. Si possono toccare le pensioni e le tasse, si possono ammainare le bandiere ideologiche sull’immigrazione e sulla politica estera, ma guai a toccare certi temi sulla giustizia penale: prescrizione, intercettazioni, durata dei processi, responsabilità dei giudici, falso in bilancio. Qui sì che il gioco si fa duro. Mancano due giorni a al consiglio dei ministri del 29 agosto nel quale Matteo Renzi aveva promesso di presentare la riforma complessiva della giustizia, ma l’incontro di oggi al ministero guidato da Andrea Orlando non ha sbloccato due nodi fondamentali: “Su prescrizione e intercettazioni ci sono opinioni e approcci diversi, il Pd ha fatto le sue proposte e Ncd ha fatto le sue sottolineature, sarà il Cdm a trovare la sintesi”, ha spiegato al termine il deputato Pd Walter Verini, della commissione Giustizia. Sul fronte opposto, la conferma del senatore e avvocato Ncd Nico d’Ascola. Che annovera tra i temi che “meritano una riflessione ulteriore” appunto “l’istituto della prescrizione e alcune limitazioni relative alle impugnazioni”, mentre di intercettazioni “se ne parlerà più dettagliatamente” dopo il confronto chiesto da Renzi con i direttori dei giornali.
Poi arriva la bordata del Mattinale di Forza Italia, che grida a una riforma “tra Erode e Ponzio Pilato”. E sempre lì si torna: “Si allunga la tortura dei processi senza fine, con la dilatazione della prescrizione. Si lascia perdere sulle intercettazioni e la loro pubblicazione, che invece di informare deformano e tagliano la testa alla reputazione della gente, che non c’entra o è innocente fino a prova contraria”. Silvio Berlusconi tace, ma ad Arcore valuta minuziosamente le bozze della riforma con Denis Verdini, Gianni Letta e l’avvocato-parlamentare Niccolò Ghedini. La sua preoccupazione? Trovarci qualche “scherzo” sui soliti temi, sempre quelli: responsabilità civile delle toghe, intercettazioni, falso in bilancio e prescrizione. Forza Italia non è in maggioranza, ufficialmente la giustizia non rientra nel “patto del Nazareno”, ma queste cose che l’ex Cavaliere non può permettere vengano toccate in direzioni indesiderate.

Fra i due contendenti, il Movimento 5 Stelle sceglie l’Aventino tra le polemiche, dopo aver incontrato il ministro Orlando tre volte negli ultimi mesi: la decisione di non farlo più “è frutto di un dibattito interno al M5S (compresi, naturalmente, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio)” si legge in una nota. “I giornali dovrebbero concentrarsi sull’indecente patto con cui Renzi ha consegnato la giustizia nelle mani di Berlusconi invece di preoccuparsi di come maturano le decisioni del M5S!”.
Orlando prende atto della frattura della maggioranza: “Sono emerse differenze di approccio anche sulle priorità di cui riferirò al Consiglio dei Ministri, mantenendo però l’obiettivo di portare in quella sede tutto il lavoro elaborato”. L’accordo è stato invece raggiunto, a quanto filtra da via Arenula, sulla responsabilità civile delle toghe, che arriverà nel cdm di venerdì sotto forma di ddl delega. In caso di malagiustizia il cittadino farà ricorso allo Stato che potrà rivalersi sul magistrato fino al 50% dello stipendio. Per il resto, è possibile che nel testo che uscirà dal cdm i punti ancora controversi saranno “sorvolati”. Oppure saranno inserite in extremis soluzione pasticciate inventate ad hoc – senza alcun legame con gli ordinamenti di altri Stati democratici e “di diritto” – dalla vocazione gattopardesca. Oggi Repubblica rilancia l’indiscrezione secondo la quale l’intervento sulla prescrizione – il lasso di tempo in cui un reato decade e non è più perseguibile – sarà così concepito: lo scorrere del tempo si fermerebbe in caso di condanna in primo grado, poi ci sarebbero due anni di tempo per fare il processo d’appello, poi la clessidra riprenderebbe a scorrere. Resterebbe intatta la legge ex Cirielli, che con il meccanismo di un sostanzioso accorciamento dei tempi di prescrizione per i non recidivi, di fatto si traduce in impunità per molti reati dei colletti bianchi (che per la maggior parte arrivano incensurati ai processi), compresi i corrotti, questione per cui l’Unione europea ci ha richiamato ufficialmente più volte. D’altro canto – anticipa ancora Repubblica – saranno limitati i casi in cui si potrà ricorere in appello, tanto per i pm quanto per gli imputati. Altro tema controverso, la “stretta” sulle intercettazioni, cavallo di battaglia del centrodestra ormai da parecchi anni. L’idea di renderle pubbliche negli atti giudiziari (e di conseguenza sui mezzi d’informazione) solo per riassunto non piace neppure agli organismi di rappresentanza degli avvocati.
E’ la Guerra dei vent’anni della giustizia italiana, combattuta da Mani pulite in poi a colpi di leggi ad personam e interventi spot che – come lamentano periodicamente tanto i magistrati quanto gli avvocati – hanno contribuito a creare un sistema penale caotico e inefficiente. E, soprattutto, quasi “di classe“, dato che sono i criminali economici e politici i maggiori beneficiari di questo patchwork giuridico (oltre alla Ciriellli, basta pensare alla depenalizzazione del falso in bilancio, o ai tentativi poi falliti di introdurre l’immunità della alte cariche, il cosiddetto Lodo Alfano). Con il centrodestra perennemente alla carica, e non solo per le esigenze personali dell’imputato Berlusconi, e un centrosinistra spesso diviso tra resistenza e accomodamento al ribasso. Una guerra proseguita persino nell’era delle larghe intese: anche il governo Monti, con la guardasigilli Paola Severino, sperimentò il muro di cemento eretto dall’allora Pdl sull’inasprimento delle pene per i corrottti e sull’allungamento dei tempi di prescrizione. Il risuiltato che ne uscì, nel 2012, fu una nuova legge anticorruzione giudicata dagli esperti del settore un’arma spuntata. Con Renzi le intese sono diventate piccole, con l’Ncd al governo e Forza Italia all’opposizione. Ma quando si tocca la giustizia penale, l’ex centrodestra si ricompatta: marcia diviso e colpisce unito.

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