Io, il 29 agosto del 2004, ero un “normale” medico dell’Istituto Tumori di Napoli. Cominciavo a farmi domande su perché il cancro aumentasse tanto nella mia Regione e soprattutto cominciavo a notare troppi giovani che, in modo del tutto innaturale, si ricoveravano presso il nostro Istituto.
di Antonio Marfella Medico dell'ambiente
Non avevo alcuna idea del fatto che una società complessa e apparentemente bene organizzata come lo Stato italiano avesse scelto di concedere alla industria tanta libertà di evasione fiscale e di smaltimento illegale e alla camorra di fare tranquillamente la parte di “legali” società di servizi per eseguire tale compito nella mia Terra, a partire all’incirca dalla data della mia laurea in Medicina, cioè dal 1980.
Ho sempre amato la mia Terra e la mia Storia, ma il mio professore di liceo, il Prof Lepre, autentico antesignano di Luciano De Crescenzo, convinse sia me che la mia famiglia che, seppure io fossi nato per fare il filosofo o lo storico, era meglio che seguissi qualche altro tipo di indirizzo di studio, per esempio Medicina, per evitare di trovarmi privo di un lavoro dignitosamente remunerato.
Mai avrei potuto neanche immaginare che, contemporaneamente alla mia Laurea, partiva in Italia e nella mia Regione quel sistema industriale/camorristico che consentiva, al di fuori di qualunque regola, di rimpinzare di rifiuti tossici e di roghi tossici la mia Terra, avvelenare la mia Acqua, inquinare la mia Aria più che in Pianura padana e distorcere il corretto uso del Fuoco per costruire impianti di maxi incenerimento tossici, ma indispensabili per nascondere un sistema industriale e civile cosi distorto e malato, usando la copertura della mala gestione pubblica dei rifiuti urbani!
Mai avrei pensato poi di studiare tanto ma ottenere un solo unico, terribile risultato: ridurre di due anni secchi la vita media di tutti i sei milioni di cittadini campani! Per chi, come me, comprende il significato tecnico di un dato così aspecifico e sintetico, è l’equivalente di un disastro ambientale ancora più grande di Chernobyl o Fukushima, con l’aggravante che si nega ancora addirittura che ci sia stato.
Ancora oggi non si è minimamente intervenuti sulle cause strutturali e industriali di uno Stato complice e colluso con la malavita nella mala gestione innanzitutto dei rifiuti industriali. Anzi, si cerca di continuare a mantenere intatte e succulente le radici del più grande disastro ambientale negato non solo della Storia di Italia, ma certamente di tutta la plurimillenaria Storia della mia Terra.
“Stiamo costruendo un’altra storia”, troneggia l’enorme manifesto pubblicitario (6 x 6 metri) del gestore dell’impianto di incenerimento di Acerra, che rende a questo gestore (che non ha cacciato un euro per costruirlo, rispetto agli oltre 400 milioni di euro a carico della Campania) oltre 200mila euro al giorno, avendo un carico di costi non superiore a 20mila.
Certamente il gestore del maxi inceneritore può permettersi questi enormi manifesti, insulto alla memoria del 29 agosto del 2004, quando il popolo di Acerra fu umiliato e massacrato in nome dello Stato.
Lo Stato aveva bisogno di un maxi impianto di incenerimento non già per smaltire quella poca e misera quota di rifiuto urbano che producono i “poveri” campani (oggi 434 kg a testa/anno rispetto ai 625 kg a testa/anno dei ricchi emiliani), ma soprattutto di un impianto tanto sovradimensionato per rendere impossibile un adeguato controllo delle oltre 2000 tonnellate al giorno incenerite.
Si attribuì alla inciviltà di un popolo antichissimo, la Verità di sovrapporre rifiuti urbani indifferenziati a rifiuti speciali prodotti in regime di evasione fiscale, creando finte “emergenze rifiuti urbani” per garantire la “libera” attività imprenditoriale campana e nazionale, e mantenere bassi i costi di produzione industriale garantendo uno sviluppo anomalo e senza controllo.
Come tutti i cittadini campani, senza sapere e capire nulla, il 29 agosto del 2004 io vidi massacrare dalla Polizia un popolo umiliato davanti a tutto il mondo in quanto si disse affetto da “sindrome Nimby”.
Nessuno confessava che quell’impianto, previsto per bruciare quanto 7 inceneritori medi europei, era necessario non solo per garantire lauti incentivi CIP 6 ai gestori del nord, ma per incenerire tutto, ivi incluso il rifiuto speciale cosiddetto “assimilabile” all’urbano, e specialmente quello prodotto in regime di evasione fiscale, che oggi ha raggiunto e superato la quota di produzione di tutto il rifiuto urbano sia in Italia che in Campania.
La città di Suessola – Calabricito – Acerra, più antica di Roma di ben 700 anni, più ricca di Roma sino al termine della Repubblica Romana, è stata prima svuotata dei suoi reperti archeologici e dei ricchi arredi tombali dei guerrieri sanniti massacrati dal console Marco Corvo al termine della seconda guerra sannitica davanti alle mura di Suessola-Acerra, poi quelle tombe sono state riempite da centinaia di fusti tossici di scorie di fonderie di industrie del nord da una ditta locale di trattamento di rifiuti speciali.
Ancora oggi, agosto 2014, questa ditta ha avuto la faccia tosta (legittima) di chiedere autorizzazione VIA per “trattare” ancora circa 400mila tonnellate l’anno di rifiuti tossici e ceneri da inceneritore in questo territorio. Il Vescovo di Acerra Monsignor Rinaldi all’epoca dichiarò : “Dio ricicla, il Diavolo brucia!”. Fu umiliato, offeso e ridotto al silenzio in nome dello Stato! Il Vescovo di oggi Monsignor Di Donna ha contestato la roboante pubblicità del ricco gestore di Stato e del nord. Grazie infinite, Monsignor Rinaldi e Di Donna. Dopo dieci anni di umiliazioni, Acerra ha cominciato a recuperare la sua plurimillenaria Storia, il suo Territorio, la sua Dignità. Ancora non la Salute dei suoi cittadini. Ma non ci fermerà più nessuna bugia di Stato!
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