repubblica.it ALESSIA GALLIONE
Sembra quasi un paradosso per l'Esposizione dedicata all'alimentazione, ma l'ultima grana da risolvere in casa Expo è proprio legata al cibo: per due volte, la gara lanciata per trovare chi gestirà i ristoranti e i bar negli spazi comuni delle architetture di servizio è andata deserta. Un business, sulla carta: quei futuri tavoli e banconi (oltre agli spazi con i sapori del mondo dei Paesi e a quelli di Eataly) dovrebbero sfornare il 25 per cento dei pasti dei venti milioni di visitatori attesi. Ma non così tanto, evidentemente, da spingere una società del settore a fare l'ultimo passo: impossibile trovare una quadratura economica con i potenziali concorrenti che dovrebbero pagare royalties e temono di non rientrare in sei mesi dell'investimento.
A questo punto, Expo vorrebbe passare a una sorta di trattativa diretta con chi si è fatto avanti inizialmente. Una procedura su cui Raffaele Cantone, adesso, sarà chiamato a dare un parere preventivo. Anche se il fronte più critico rimane quello del padiglione italiano. È passato più di un mese da quando gli uomini di Cantone hanno aperto il dossier. Ma, ancora oggi, continua a essere l'Albero della vita l'opera più a rischio di Expo. Ancora troppi dubbi, ancora troppi chiarimenti che non sono arrivati. Tanto che quello che dovrebbe essere il simbolo del padiglione italiano, un'installazione alta 35 metri in grado di 'accendersi' e prendere vita con spettacoli di luci e suoni, rimane congelata. Tutto rimandato.
Con la squadra di Diana Bracco che sta già pensando a una versione semplificata e che, tra 10-15 giorni, dovrà presentarsi per un altro esame. "Ci sono una serie di problemi legati alla tipologia dell'appalto. Non hanno presentato una proposta contrattuale definitiva. C'è solo una lettera di intenti che prevede anche l'idea di una semplificazione", ha spiegato il presidente dell'Anticorruzione. Troppo generico, quel documento. Cantone si limita a parlare di molte "questioni aperte". Ma lo scoglio più grande continuerebbe a essere il ruolo di Marco Balich. L'organizzatore di cerimonie di apertura di grandi eventi si è inventato l'Albero ed è diventato il consulente artistico del padiglione. Impossibile, però, pensare che possa seguire - ed essere pagato da uno sponsor - anche la progettazione. Serve una gara.
Per il capitolo dei lavori, invece, venerdì ci sarà un incontro chiave. Il cantiere per realizzare altre strutture lungo il cardo, il viale più corto di Expo, non è ancora partito. L'Unione europea che realizzerà lì il proprio padiglione ha lanciato un allarme. Ma i tecnici di Diana Bracco sono sicuri di farcela e proporranno una strategia: anche l'Ue dovrà lavorare su più turni per completare gli allestimenti. Ci sono anche altre questioni che Cantone sta affrontando. A cominciare dai 'chiarimenti' chiesti sulla convenzione che Expo ha firmato con Ferrovie dello Stato per far sedere Italferr nella 'torre di controllo' del cantiere.
"Vogliamo capire bene - ha spiegato il magistrato - come si chiudono tutti gli altri rapporti". Italferr dovrebbe in pratica sostituire per molti compiti Infrastrutture Lombarde. Ed è proprio il rapporto con la società della Regione che va risolto, superando le proteste dei vertici di Infrastrutture. Infine il ruolo di Fiera spa. L'autorità anticorruzione aveva già frenato le ambizioni di Expo: nessuna corsia di emergenza ulteriore per gli affidamenti dei padiglioni tematici. Adesso sul tavolo c'è un altro aspetto, però, quello legato ai servizi. E ancora una volta Cantone ha ribadito: "Non dovranno esserci affidamenti diretti.
Per le attività, Fiera spa potrà svolgere solo una funzione di supporto". Qual è il punto? Expo vorrebbe che Fiera - che per mestiere si occupa di tutte le operazioni legate agli stand - affiancasse
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