martedì 4 aprile 2023

Petrolio, lo schiaffo di Opec+ agli Usa

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I Paesi produttori di petrolio Opec+ riducono massicciamente la produzione: ulteriori 1,16 milioni di barili al giorno a partire dal mese di maggio 2023 e fino a fine anno. Parallelamente, la Russia ha deciso di proseguire fino a fine anno il suo taglio di (altri) 500 mila barili al giorno. Inizialmente prevedeva di mantenerlo solo fino a giugno, in risposta al tetto di prezzo pari a 60 dollari al barile che l’Occidente cerca di imporre urbi et orbi per il petrolio russo. La notizia è arrivata ieri, domenica 2 aprile 2023, e costituisce uno schiaffo agli Stati Uniti.

IL TAGLIO ALLA PRODUZIONE DI PETROLIO

Ora l’Europa, che è povera di risorse naturali, può attaccarsi alla canna del gas (vuota). Un taglio così consistente infatti si somma a quelli precedenti, si situa sullo sfondo del tramonto di dollaro e petrodollaro e fa parte della guerra ibrida fra l’Occidente e la Russia: una guerra che riguarda anche l’economia, non solo i campi di battaglia in Ucraina.

L’Occidente pensava di piegare la Russia con le sanzioni economiche, delle quali l’Europa porta il peso maggiore. Ma numerosi Paesi non occidentali hanno trovato più conveniente schierarsi a fianco della Russia dal punto di vista economico e commerciale.

Infatti, grazie alla riduzione della produzione, la Russia troverà ancor più facile vendere il suo petrolio ad un prezzo superiore al tetto. Di conseguenza gli Stati Uniti considerano “sconsigliabile” questo taglio. Ma, che  loro piaccia o no, il taglio ci sarà.

Ora il prezzo del petrolio aumenterà: sta già aumentando.

GLI SCENARI

A rimorchio, verosimilmente aumenterà ancora il prezzo dell’energia: di tutta l’energia, che è necessaria per ogni attività umana. Se accadrà, ci saranno ovvie ripercussioni su prezzi, inflazione, economia. L’Occidente è già in difficoltà: la crisi delle banche, l’inflazione che colpisce in modo particolare l’Europa. Prevedibilmente, sarà ancor più in difficoltà.

I grandi media presentano  i tagli alla produzione come un tentativo di tenere alto il prezzo del petrolio, e dunque i profitti. È una parte della realtà. Un particolare mette in luce l’altra parte, cioè che i produttori di petrolio ora se ne fregano dei desideri e degli interessi dell’Occidente. Si tratta del fatto che fra i grandi tagliatori c’è l’Arabia Saudita, l’ex benzinaio dello Zio Sam. Diminuirà la sua produzione di 500 mila barili al giorno, cioè esattamente quanto la Russia.

All’inizio della guerra in Ucraina, gli Stati Uniti avevano invano pregato l’Arabia Saudita di aumentare la produzione di petrolio. L’obiettivo era quello di far abbassare il prezzo e di controbilanciare il tentativo di tagliar fuori la Russia dal mercato occidentale.

Lungi dall’eseguire e sorda alle minacce, l’Arabia Saudita aveva già allora diminuito la produzione. E ora prosegue insieme ad altri sulla medesima strada.

LA DOMANDA MONDIALE DI PETROLIO

La domanda mondiale di petrolio è pari a circa 100 milioni di barili al giorno. La riduzione della produzione decisa dai Paesi dell’Opec+ è quindi pari all’1,1% circa. Si sale a circa l’1,6% se si considera la conferma russa dei 500 mila barili tagliati fino a fine anno.

Può sembrare poco: ma quando domanda ed offerta si disaccoppiano, basta poco per fare aumentare i prezzi. E non solo. Questo taglio si somma ad un altro, che l’Opec+ aveva deciso a novembre 2022. Si trattava, allora, di due milioni di barili al giorno, pari a circa il 2% della domanda mondiale. Con il successivo primo luglio e con la prosecuzione del taglio russo inizialmente annunciato solo fino a giugno, sul mercato ci sarà il 3,6% in meno di petrolio rispetto alle aspettative.

A questo punto, chi ha e avrà bisogno di petrolio non potrà non essere fortemente tentato di comprare petrolio russo ad un prezzo superiore al tetto di 60 dollari al barile imposto dall’Occidente. Il Giappone lo fa già a qualche tempo: è notizia di oggi. Prima ha ottenuto il benestare statunitense, è vero. Ma è anche vero che la compattezza del fronte occidentale si è spezzata e che il  vero ballo del petrolio inizia solo ora.

GIULIA BURGAZZI

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